
La “Maccaronara” è uno speciale tipo di pasta di grano duro fatta a mano, simile ad uno spaghettone, ma a sezione quadrangolare, realizzata con un matterello scanalato secondo un’antica usanza dell’alta Irpinia, la cui storia si perde nelle pieghe del tempo. Ancora oggi le sue origini sono contese tra Castelfranci, Castelvetere sul Calore e Montemarano, Comuni irpini a poca distanza l’uno dall’altro.
Più che una tipologia di pasta, la maccaronara è, però, una pagina di storia di queste terre, scritta con la fatica contadina nei campi, in passato seminati tutti a granturco e, poi, delle massaie con la schiena inarcata, già di primo mattino sul tompagno, la spianatoia, per impastare acqua e farina per ricavare un panetto consistente, “tirato” prima col matterello e, poi, tagliato con un secondo particolare matterello scanalato (chiamato appunto maccaronara).

Le striscioline di pasta ricavate venivano subito buttate nell’acqua in ebollizione e condite nei tanti vari semplici modi che la smisurata fantasia domestica suggeriva per utilizzare tutti gli avanzi in dispensa, perché “non si poteva buttare nulla”.

Tradizionalmente, il condimento usuale era con semplice salsa di pomodoro, cui veniva aggiunto un cucchiaio di consevera, la conserva, ovvero l’odierno concentrato di pomodori, ottenuto attraverso un processo di essiccazione dei pomodori freschi tagliati a metà e messi al sole per alcuni giorni su dei graticci, coperti da teli di garza leggera per evitare che mosche o insetti potessero contaminarla.
Una volta asciugati, i pomodori venivano raccolti in una grossa pentola di terracotta e fatti bollire fino ad ottenere un sugo denso e molto scuro, quasi nero che, poi, si esponeva ancora una volta al sole per farlo asciugare completamente dall’umidità, fino a raggiungere la consistenza desiderata. Infine, la pasta si raccoglieva e conservava in recipienti di terracotta smaltata ricoperti da uno strato profumato di olio extra vergine d’oliva.
Ma, come detto, non c’era limite alla fantasia delle parsimoniose massaie che, complice soprattutto i prodotti di stagione, usavano condimenti a base di prodotti di stagione, come ceci, baccalà, parti meno nobili del maiale, funghi porcini e tartufi neri estivi, scorzone, quelli dei boschi del vicino Lago Laceno, a ridosso dei Monti Picentini.
Oggi, la tradizione è ancora vivida, tramandata, di generazione in generazione, attraverso gesti esperti e ricette personali delle massaie di ogni famiglia, come la signora Filomena, madre di Domenico Follo, titolare dell’azienda vitivinicola Vini Fratelli Follo a Castelvetere sul Calore, in provincia di Avellino, tra l’altro anche ottimo cuoco con esperienze lavorative importanti per grosse aziende di settore.

“Solo acqua, farina”- precisa la signora Filomena- “e tanto olio di gomito, perché l’impasto dev’essere consistente. La farina, poi, è fondamentale per la buona riuscita”.
Queste terre, ricche di sole e accarezzate dal vento costante, fino a pochi decenni fa, erano ricoperte di grano biondo che cresceva sano e rigoglioso, assicurando farine nutrienti e ottime. Oggi, malgrado la maggior parte delle coltivazioni sono state espiantate a favore di vigneti, la tradizionale coltura del grano viene portata avanti da giovani professionisti, come David Morsa che, con la sua azienda agricola, coltiva cereali sui 12 ettari di terre di famiglia, poi, moliti presso un mulino con macine in pietra a Gesualdo (AV).

Qualità della farina, esperienza familiare e competenza di Domenico Follo ci consentono di conoscere tre varianti di maccaronara: tradizionale, con salsa di pomodoro, maccaronara tradizionale, sontuosa, con funghi porcini, fondo bruno e salsiccia.


e, l’ultima, equilibrata e piacevolissima, con crema di ceci e baccalà,

risorsa secolare della cucina dell’entroterra campano, piatti dagli antichi profumi e sapori, conditi solo da olio extra vergine di oliva, in cui la semplice saggezza contadina emerge, prepotente e schietta, in tutta la sua straordinaria succulente bontà.

In abbinamento, “Immenso”, Irpinia Aglianico doc, 2018, 13,5 % vol, espressione coerente del territorio, croccante frutta rossa, ricordi di melograno, scie di cannella e di tabacco, secco, fresco, sapido, morbido e con tannini gentili, piacevole bilanciamento all’acidità del pomodoro, succulenza delle salsicce di suino e sapidità del baccalà.
Carmen Guerriero
Credit Photo e Video Carmen Guerriero