Le interviste a Terredora e Claudio Quarta Vignaiolo
A Tufo, in provincia di Avellino, tra la vecchia stazione della linea ferroviaria e la valle dello storico fiume Sabato, una delle tante fabbriche abbandonate è muta testimone delle miniere di zolfo, che tra Tufo e Altavilla, dalla metà dell’800, hanno impegnato circa 1500 minatori, uomini e anche donne, fino agli anni ’60, quando sono state definitivamente chiuse.
“Oro giallo” e ricordi di “fatica e sudore” ancora vivi nella memoria degli anziani, che ha sfamato intere generazioni e trasformato l’economia di queste terre in un polo industriale importantissimo per tutto il Mezzogiorno, grazie alle miniere di ieri ed al vino di oggi che prospera su quella terra gialla e solforosa, il Greco di Tufo, Doc dal 1970 e DOCG dal 2003, non solo un vino dalla storia gloriosa, prediletto per finezza, eleganza di colori e profumi fin dall’antichità, ma vero e proprio patrimonio comune di cultura, economia, turismo e parte integrante dell’identità italiana.
Tra i tornanti ed i saliscendi delle stradine che s’inerpicano fra gli otto comuni della DOCG, Altavilla Irpina, Chianche, Tufo, Montefusco, Prata di Principato Ultra, Petruro Irpino, Santa Paolina e Torrioni, il paesaggio regala panorami inattesi. Qui, abbracciati da ulivi e boschi naturali, filari ordinati di Greco di Tufo hanno ridisegnato, nel tempo, i profili delle colline di questa terra d’Irpinia, in molti tratti, con pendenze che non consentono alcun tipo di meccanizzazione. Anche uno scatto fotografico può regalare l’emozione di scoprire, tra i solchi, piccoli sassi gialli e bianchi, gesso cristallizzato, insieme ad un forte odore di zolfo che il naso, poi, ritrova nel calice dorato di Greco di Tufo docg, insieme ad un mix elegante di fiori e frutta gialla, sorso pieno, struttura armoniosa, finale dalle tipiche note ammandorlate.
Su questo prezioso territorio, ancora poco sviluppato, ma dal potenziale qualitativo straordinario, incombe l’ombra del Biodigestore di rifiuti che sarà costruito nel Comune di Chianche, uno dei paesini della DOCG, come individuato dalla Regione Campania e statuito dal Tar di Salerno, che ha rigettato la preliminare richiesta di sospensione di cui ai ricorsi presentati dai Comuni di Altavilla Irpinia, Tufo e Santa Paolina, per l’annullamento del decreto dirigenziale n. 105/2019 della Regione Campania.
Oggi, venerdi 28 Agosto, ad Avellino, in Piazza Libertà, è esplosa la protesta dei viticoltori con una marcia, organizzata dal Comitato “Nessuno tocchi l’Irpinia”, contro la realizzazione dell’impianto di trattamento dei rifiuti nel comune di Chianche e la localizzazione dei biodigestori nei territori di pregio agricolo e naturalistico della provincia, per sensibilizzare le istituzioni sulla scelta dei possibili luoghi dove realizzare queste infrastrutture, magari “ in aree industriali idonee, attrezzate e ben collegate».
Sul punto, ho intervistato gli attori di alcune delle principali cantine storiche del territorio. ”Un’attività di quel tipo su un territorio vocato onestamente sembra una contraddizione in termini, soprattutto se poi si pensa di legare a questi luoghi anche delle attività turistiche che presuppongono territori ameni, belli –ha precisato Daniela MASTROBERARDINO, titolare con il fratello, enologo, Paolo, dell’azienda TERREDORA a Montefusco (AV), fra i migliori produttori di vini italiani, dal 1978 protagonista indiscussa del rinascimento vitivinicolo della Campania, grazie alla costante opera di moderne innovazioni nella coltivazione. ”E’ una questione, a mio parere, assolutamente fuori discussione e, spero, presto archiviata”.

“Il Biodigestore, “potrebbe”, in sé, rivelarsi un falso problema ed avere un basso impatto ambientale se gestito bene, e diventare anche una nuova risorsa per il territorio- precisa il dott. Paolo MASTROBERARDINO, con ampia riserva. “Attenzione, ho detto potrebbe! Infatti, se è inteso non come centro per il trattamento dell’umido, ma come smembratore e attività di recupero e trattamento dei rifiuti in genere, può diventare anche una bomba ecologica”.
Opinione condivisa anche da Alessandra QUARTA, seconda generazione di CLAUDIO QUARTA VIGNAIOLO (LE) e della consorziata SanPaolo azienda agraria srl nel Comune di Torrioni (AV), tra le aziende territoriali più apprezzate, con vigneti di Greco a Montefusco (AV).

“Non si comprendono le ragioni che hanno portato all’individuazione da parte delle Istituzioni della zona “Chianche” per l’insediamento del “biodigestore”, non solo perché scelta contraria alla vocazione di quell’area ma anche perché non rispondente ai requisiti previsti dalla legge. Parliamo dell’areale d Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Greco di Tufo”, appunto, e ciò da solo fa emergere quanto tale decisione sia totalmente irragionevole. Un’irragionevolezza che ci impone di vigilare e proseguire nella battaglia. Una battaglia che consideriamo più che giusta e che ci vede partecipi non solo come produttori ma come territorio in generale, come comunità. Crediamo fortemente che l’areale D.O.C.G del “Greco di Tufo” sia una zona da tutelare e valorizzare per ragioni non solo economiche e produttive, ma anche storiche, culturali e paesaggistiche e che la battaglia in sua difesa sia un nostro dovere e di tutti i territori a vocazione agricola di pregio della provincia e di tutta Italia”.
Corre obbligo ricordare che, solo pochi mesi fa, proprio la Pro Loco di Chianche (AV) aveva promosso il progetto “Strada dei Vigneti del Greco di Tufo DOCG” a cura del dott. Teobaldo ACONE, Ambasciatore Ass. Naz. Città del Vino e della scrivente Giornalista, sostenuto dall’ Ass. Naz. CITTÀ DEL VINO e col Patrocinio proprio dalla Regione Campania nonché dalla Provincia di Avellino, Camera di Commercio, EPT Avellino, Comune di Chianche, UNPLI e PMI International, per la valorizzazione, promozione e comunicazione del Greco di Tufo DOCG attraverso una filiera enoturistica in cui best practices, rete di attori, Statuto del paesaggio, percorsi, possano essere capisaldi per la destinazione enoturistica ed il rilancio dell’Irpinia nel panorama dei territori eccellenti internazionali, in linea col Testo Unico 238/16 che ha riconosciuto vino, vite e territori vinicoli “patrimonio culturale nazionale da tutelare e valorizzare negli aspetti di sostenibilità sociale, economica, produttiva, ambientale e culturale”.

L’area individuata per la costruzione del biodigestore si trova a circa cinquanta metri dal fiume Sabato che scorre tra le splendide colline di Greco di Tufo. Il grave impatto ambientale che si profila e l’inevitabile conseguente perdita di valore dell’uva costituirebbero un cocktail micidiale di distruzione per il territorio, i viticoltori e l’economia complessiva, non soltanto locale ma di tutto il patrimonio ampelografico storico italiano. “Il binomio “Vino e Territorio” è fondamentale per ogni politica di promozione della vitivinicoltura italiana nel panorama mondiale del Made in Italy –precisò poco tempa fa il compianto Dott. Paolo BENVENUTI, Direttore Ass. Naz. Città del Vino. “I vini d’eccellenza sono legati all’azienda ed al suo territorio, ma è soltanto quel territorio a caratterizzare quel vino e a determinarne la reputazione complessiva capace di farne un fattore di successo e di sviluppo economico“.
Carmen Guerriero