Cucina portoricana: la migliore cucina dei Caraibi
La cucina portoricana attuale è un compendio che vede per prima l’influenza degli indigeni Taínos. Provenivano dal Sud America e popolavano la maggior parte dell’isola.
I Taínos vivevano in piccoli villaggi organizzati in tribù, e guidati da un Cacique, un capo.
Erano una popolazione pacifica, con una conoscenza limitata delle tecniche agricole, vivevano grazie ai raccolti tropicali come potevano essere l’ananas, la manioca, le patate dolci. Il tutto era completato con l’assunzione di pesce. A questa influenza, alla fine del XV secolo, si sommò quella spagnola.
Oggi la gastronomia vive un momento di prestigio grazie alla proliferazione di ristoranti diffusi anche in Europa e a cuochi di notevole importanza. Questa si differenzia da quella degli altri paesi caraibici per la forte influenza spagnola che ha subito l’isola per quattrocento anni.
Non dimentichiamo inoltre che Porto Rico, tra tutti i paesi dei Caraibi, viene considerato quello con la cucina migliore.
Parte di questo successo attuale è dovuto anche all’esperienza che quei cuochi hanno acquisito all’estero, apprendendo nuove tecniche senza per questo abbandonare la tradizione e la qualità impiegata dei prodotti locali.
Le origini della cucina creola
La cucina creola fu il risultato del processo di amalgamazione delle etnie taìno, spagnola e africana, che ha visto unirsi le materie prime locali utilizzate dagli indigeni con gli ingredienti e le tecniche culinarie importate dai conquistatori ispanici. Alla stessa maniera, il passaggio di governo da quello spagnolo a quello statunitense, a partire dal 1898, ha avuto un ruolo fondamentale per la gastronomia dell’isola. Grazie alla pubblicazione di El cocinero Puertorriqueño, si afferma che a metà del XIX secolo l’influenza predominante sull’isola era quella spagnola. Per questo motivo ci soffermeremo ed approfondiremo questo aspetto.
Durante i primi anni della Conquista alcuni dei prodotti locali furono inizialmente respinti dagli spagnoli. A causa di certi fattori, come i ripetuti periodi di carestia, l’incorporazione di uomini indigeni utilizzati per innumerevoli servizi domestici e la presenza di un sincretismo culturale favorirono l’introduzione definitiva di nuove tecniche e prodotti nel regime alimentare delle popolazioni indigene sudamericane.
E’ opportuno ricordare che i conquistatori importarono alcuni ingredienti fondamentali dall’Europa: cipolla, aglio, legumi come lenticchie e ceci, e frutta come l’uva. Non è di minor importanza l’introduzione del grano nel Nuovo Mondo, il quale andò a sostituire l’utilizzo di mais nella preparazione del pane. Il pane, prevalentemente basso e a forma di tortilla cotta alla brace, era un prodotto largamente consumato da tutta la popolazione, sia per il clima favorevole e mite che incrementava la proliferazione delle coltivazioni di grano, sia per il costo minimo nella preparazione. Il grano insieme al mais era in grado di soddisfare il fabbisogno quotidiano della popolazione e quindi la domanda di cereali che la popolazione dell’epoca richiedeva quando purtroppo non giungeva loro il riso.
La carne era considerata un prodotto estremamente raro, la cui fornitura ed il suo regolare utilizzo avvenne solamente negli ultimi decenni del XVI secolo. Furono sempre gli stessi spagnoli che diffusero in America il consumo di carne di animali d’allevamento come il maiale, la mucca e la gallina.
Alcuni storici affermano addirittura che agli spagnoli non piacesse mangiare carne cruda e quella essiccata al sole per esempio era considerata tale, perciò avrebbero escogitato diverse opzioni culinarie per approfittare di questa materia prima dall’alto valore nutrizionale, in modo da fronteggiare i periodi di scarsità della stessa durante i primi anni della Conquista.
Un’alternativa fu introdurre la tecnica culinaria dell’arrostire entrambi i lati dei pezzi di carne secca per poi immergerli in acqua fredda, facendo così rimanere la carne morbida ma allo stesso tempo croccante, friggendola poi nell’olio o nel burro.
I tagli di carne che erano selezionati durante il periodo coloniale erano tre:
- il lombo
- il controfiletto
- la parte che è ricavata dalla seconda alla settima vertebra del collo.
Il resto era destinato alla produzione di carne disidratata o messa sotto sale per favorire la durata dell’alimento. Solo nelle famiglie più ricche si preparavano specialità come le costole e i prosciutti, grandi quantità di sale e condimenti erano preparati ed utilizzati come conservanti. Inoltre, in tutte le case dell’epoca si allevavano i polli, che garantivano la fornitura continua di carne e uova. Questi ultimi avevano un consumo estensivo, sia bollito che fritto, oltre agli stufati o alle tortillas.
Il grasso del bovino divenne sempre più fondamentale, tanto da essere riconosciuto come un elemento caratteristico della cucina creola, il quale, associato alla cipolla, ai peperoncini rossi e verdi e alle spezie come la paprica, il cumino e il peperoncino ecc., diede vita al soffritto tipico che costituisce la base, il sapore e l’aroma che contraddistingue i piatti locali.
Un altro ingrediente peculiare era l’olio di madia, che era molto utilizzato dagli indigeni per arricchire i loro piatti più semplici, ma con il tempo e soprattutto a causa dell’alto impiego di grasso animale come prodotto amalgamante, la sua utilizzazione venne meno. Questo tipo di olio non fu l’unico ad essere meno adoperato, infatti anche quello di oliva subì le stesse restrizioni, al punto da essere impiegato unicamente per le insalate.
Per quanto riguarda i dolci invece, nel XVII secolo lo zucchero non era ancora considerato un alimento importante, quindi si usava per lo più il miele di api e quello di palma come dolcificante, dato che i primi dolci da “pasticceria” erano considerati prodotti per banchetti e per occasioni dunque più importanti.
Gli chef odierni portoricani si trovano di fronte ad una sfida: mantenere viva la loro cucina tradizionale sebbene ci sia un notevole influsso da parte degli Stati Uniti a causa della creazione di diversi Fast Food. Nonostante le forti influenze subite nel corso dei secoli, i cuochi più prestigiosi dell’isola recuperano ricette tradizionali portandole ad alti livelli, rendendole adeguate ai gusti contemporanei degli abitanti di Porto Rico e non solo, senza tralasciare però il loro sapore originale e grazie a questo fondamentale lavoro di ricerca, la “Perla del Caribe” è ancora oggi uno dei maggiori esponenti dei paesi influenzati fortemente dalla tradizione spagnola.
I prodotti della gastronomia portoricana
Ci sembra logico allora trattare, seppur brevemente, di questi prodotti locali o, meglio, autoctoni che fanno parte della tradizione gastronomica portoricana, che non sono stati dimenticati con il passare degli anni, nonostante le diverse influenze estere che il paese ha subito in tutti i settori.
Parliamo della yuca, in italiano manioca, arbusto coltivato nelle foreste tropicali, che ha una forma simile a quella della carota e da essa si ricava una farina molto simile alla fecola.
Questa veniva consumata già all’epoca dei Taínos che l’arrostivano per consumarla, oppure le batatas, che è erroneo considerare tuberi come le patate comuni, perché sono in realtà delle radici tuberizzate dal sapore dolciastro.
Il mais è un elemento importante per l’alimentazione dei portoricani, ma non possiamo non citare anche la yautía e il maní, verdure tipiche che nascono anche su terreni poco favorevoli. Certamente nell’alimentazione locale e tradizionale non mancano mai il riso, i fagioli, il platano, la carne di maiale ed i prodotti di mare.
I piatti tipici di Porto Rico
I piatti tipici che si servono oggigiorno nei ristoranti dell’isola includono molto spesso il tipico mofango, un macinato di platano verde ripieno con cotenna di maiale fritto o con pollo, mentre invece per la versione di mare può essere ripieno di gamberetti o di polpa di granchio ed aglio.
Il tutto si serve come piatto principale accompagnato da un contorno oppure come zuppa, ovviamente aggiungendo del brodo a quanto elencato precedentemente.
E’ bene precisare che banana e platano, all’apparenza molto simili, sono in realtà molto diversi tra di loro. Se la prima è comune sulle nostre tavole tanto da non essere nemmeno più considerata un frutto esotico, il secondo è abbastanza sconosciuto e quando lo si trova al mercato o in qualche negozio lo si scambia per una banana più piccola e non ancora matura.
Altri piatti tipici sono: l’asapao de pollo, una zuppa di pollo alla quale si aggiunge del riso e del tipico soffritto portoricano a base di cipolla, aglio, pomodoro, peperoncino ed erbetta, mentre l’arroz mamposteao, è a base di riso, condito con un soffritto di prosciutto, peperoni, cipolla, aglio e fagioli.
Che dire, il vostro viaggio nella famosa Isla del Encanto potrebbe iniziare proprio dopo aver degustato qualche piatto della sua particolare gastronomia!
Video sulla cucina e gastronomia di Porto Rico (in lingua spagnola)
Rosa Quaglietti