Il locale di Via Santa Giulia 2 è ampio, accogliente, con pareti rustiche dipinte con colori naturali sui toni del beige, giallino e grigio e scaffali neri pieni di bottiglie di vino incassati nei muri

Non è una moda, è una filosofia di vita. Forse è anche il futuro della ristorazione, sicuramente diventerà una protagonista sempre più importante e non più un semplice “accompagnamento”.
Stiamo parlando della cucina vegetale – qualcuno la chiama anche cucina botanica – e in ogni caso non è nostra intenzione racchiuderla nelle due classiche definizioni di cucina vegetariana o vegana.
Non siamo vegetariani, né tantomeno vegani, ma amiamo i vegetali, siamo perciò davvero interessati al genere di cucina che li utilizza e abbiamo quindi accettato con grande piacere il recente invito a gustare l’arte culinaria di Luca Andrè, chef-patron di Soul Kitchen, dal 2013 punto di riferimento assoluto dell’alta cucina vegetale in Torino.
Il locale di Via Santa Giulia 2 è ampio, accogliente, con pareti rustiche dipinte con colori naturali sui toni del beige, giallino e grigio e scaffali neri pieni di bottiglie di vino incassati nei muri.
I tavoli sono ben spaziati tra loro, con tovaglie grigie (finalmente, ci diciamo …vista l’attuale e pessima moda del tavolo “nudo”, o parzialmente coperto con una mini tovaglietta) ed elegantemente illuminati da raffinate lampade-spot a cono nere con interno dorato per amplificare l’illuminazione supportata anche da appliques alle pareti. Nel complesso un locale piacevole e invitante.

Lo chef Luca, che ci accoglie con una vigorosa stretta di mano e un sorriso che illumina la faccia da bravo ragazzo, ha il physique du rôle e gli immancabili tatuaggi di cui sono ricoperti i giovani cuochi al giorno d’oggi e non rispecchia certo lo stereotipo del vegano magrissimo e debole ma piuttosto uno dei protagonisti di “The Game Changers”, il film-documentario che racconta la vita di atleti professionisti che hanno scelto di adottare una dieta completamente a base vegetale.
Lo ascoltiamo con attenzione mentre ci introduce al percorso enogastronomico “Experience 8” che ci attende e ci incuriosisce molto: “È nato come un menù dal taglio estremamente turistico, soprattutto straniero – ci spiega Luca Andrè – vista la nostra clientela principalmente americana e svizzera a cui piace l’idea del vegetale, ma ovviamente abbiamo anche una clientela locale. Per tutti abbiamo costruito un percorso di abbinamento con vini solo piemontesi, molto apprezzato. Gli americani prediligono la singola bottiglia, anche importante come un Barbaresco o un Barolo, d’altronde abbiamo oltre 300 etichette di vini “etici” in carta…”

I “fingers” di benvenuto sono esteticamente bellissimi. Si inizia con quelli caldi, un arancino riso, zafferano e tartufo, un cubo di polenta croccante con cremoso al pepe nero e germoglio di fagiolo verde giapponese Mungo e un cannolo di patata ripieno di un fermentato di frutta secca e fermenti probiotici. Segue una golosa “montanarina”, ma con una salsa de-tonnata, pomodorino confit e germogli di borragine; il formaggio vegetale che assaggiamo successivamente è davvero particolare: creato con farina di ceci a pasta dura simile nella consistenza ad un Parmigiano giovane accompagnato da una composta di ciliege, tabasco e un acidulato di umeboshi, l’aceto giapponese ottenuto dalla fermentazione delle prugne. Per ultimo, la tipica oliva pugliese “Bella di Cerignola”, soda e gustosa con cremoso all’aglio e germoglio di carota e un cubo di mela marinata in Crodino, olio e sale, con crema salata di aglio e capperi e germoglio di pisello verde, un finale fresco che pulisce il palato e ben predispone ai piatti successivi.
L’inizio è ottimo, siamo entusiasti.

Il primo pairing è lo “sbagliato ma buono” (ed è buono davvero!), un cocktail a base di due vermouth totalmente analcolici con sentori primari basati uno sulle spezie e l’altro sulla rosa canina con l’aggiunta di un Gin anch’esso analcolico; l’assemblaggio dona la sensazione di un Negroni, ma senza le “conseguenze” dei 28° alcolici che a stomaco vuoto avrebbero fatto dei danni.

La prima delle portate salate è “Fungos et tubera”, due tipologie di funghi prataioli, uno arrostito sulla griglia dopo una cottura in forno a vapore coperto di erbe e macerato 72 ore al freddo mentre il secondo subisce una fermentazione lattica, sono accompagnati da una spugna al prezzemolo, dei germogli di nasturzio a dare un po’ di piccantezza e tartufo nero sia lamellato sia lavorato ad aria. Gran piatto!

Segue un classicone: “Porro e tartufo”, ma con la novità dei pop-corn come parte croccante. Piatto gustoso, simpatico e originale.
Per queste due portate gli abbinamenti della giovane e preparata sommelier di sala privilegiano degli interessanti vini biodinamici.
Pani e focacce sono home-made con farine di tipo 1, semola, segale e il loro lievito madre.

Con “Il quinto gusto” lo chef apre al mondo dell’umami, presentando un raviolo multiplo ripieno di funghi porcini accompagnato da tre salse, al whisky torbato, ai funghi porcini e all’aglio nero fermentato. La croccantezza è garantita dalla nocciola di Langa; il piatto è completato da una polvere di cipollotto verde. Davvero molto interessante, con il sapore spinto a livelli intensi, tra profumo, acidità e grande persistenza gustativa.

Un altro splendido primo piatto che ci viene proposto è “Chicchi a confronto”, risotto preparato con un grande Carnaroli vercellese mantecato con crema di zucca mantovana arrostita al forno, burro di mandorle, polvere di limone fresco, trito di salvia in accostamento con una parte aromatica, la polvere di caffè, e una sapida, la polvere di miso.
Un Sangiovese della zona del Chianti fiorentino – annata 2016 – è l’ottimo abbinamento proposto: rosa canina, amarena e sentori di caffè e tabacco emergono prendendo per mano gli articolati sapori del risotto.

Per la prossima portata arriva sulla nostra tavola un Barolo di Serralunga d’Alba del 2019, giovane, ma già interessante con il suo bouquet fruttato, intenso, la struttura importante anche se con tannini ancora austeri e da ammorbidire. In genere questi vini si accompagnano a dei piatti di carne importanti, ma in questo ristorante la carne non si mangia…quindi? Quindi lo chef decide di stupirci uscendo dal percorso del menù Experience 8 per presentarci un piatto innovativo, soprattutto per noi che non siamo abituali frequentatori…il “Langarolo”, un brasato con riduzione di Barbera d’Asti, tartufo, nocciola Piemonte IGP accompagnato con un morbido di patate e una spolverata di cacao amaro. L’innovazione è data dal fatto che la carne è 100% veg prodotta da Redefine Meat™ e stampata in 3D con ingredienti vegetali: proteine di piselli, olio di cocco e barbabietola per dare colore e aromaticità. L’aspetto è quello di un cubetto di bollito con le tipiche fibre della carne ben visibili e una bella crosticina data dalla brasatura.
Al primo assaggio sembra proprio di masticare la carne, pur se di consistenza un po’ troppo gommosa, e anche il sapore iniziale lo ricorda, ma rimaniamo un po’ perplessi dal secondo boccone in poi poiché, essendo profani e un po’ condizionati dalle (insane?) abitudini da carnivori, ricerchiamo un gusto che non c’è – e non può esserci – inoltre rimane in bocca un sapore finale leggermente dolciastro, pure se la riduzione di Barbera assolve bene il suo sapido e gustoso compito. Ovviamente questa insolita sensazione la comunichiamo allo chef e lo sommergiamo di domande su una cosa così inusuale, la prima e per noi più importante è: perché un vegano, con scelta di alimentazione plant-based, dovrebbe desiderare questo prodotto?
E chef Andrè – che ha fatto questa scelta etica ben 23 anni fa – spiega che “molti che hanno fatto la mia stessa scelta non hanno rinnegato il prodotto animale in quanto gusto, ma in quanto scelta etica. Quindi i profumi della carne alla brace o del formaggio non li demonizzano, ma li pospongono nei confronti della scelta primaria e nel momento in cui trovano un prodotto che dal punto di vista gustativo, visivo, olfattivo e soprattutto etico li appaga, viene naturale l’idea di non scartarlo a priori ma di provarlo e, nella maggior parte dei casi, viene accettato, piace e scelgono di tornare per mangiarlo nuovamente. Io parto da un’idea di proporre una cucina fatta di vegetali che va oltre una scelta basata su termini che oggi non uso neanche più, come vegano o vegetariano, utilizzati eticamente per distinguersi dagli altri. Io, ripeto, faccio una cucina 100% vegetale che sposa innovazione e tecnica, una cucina che evolve. Oggi siamo al primo step di questa tipologia di prodotti, dato che l’allevamento di grandi quantitativi di bestiame non è più sostenibile. Al momento il costo è elevato, ma nei prossimi anni diminuirà sensibilmente con l’aumentare del consumo”.

Soddisfatte le nostre curiosità, Andrè ci presenta il pre-dessert per pulire il palato dal sapido del “Langarolo” e prepararlo alla portata dolce: quenelle di mela verde e bergamotto, con croccante di mandorle, gel al sedano, scorzetta di limone sciroppata e un germoglio di basilico-limone.
Infine la “Trilogia di Langa”: biscotto alla nocciola, crema pasticcera con pralinato alle nocciole Piemonte IGP, fettine di caco-mela fresco, una meringa vegetale aromatizzata alla carruba, tartufo nero uncinato e una salsina a base di caco, vaniglia e poche gocce di succo d’arancia…fantastico!

L’inconsueto abbinamento – ma in questa splendida serata l’insolito è oramai regola, lo attendiamo e non stupisce più – è con un distillato di foglie di fico, con note erbacee, agrumate, ammandorlate e floreali che evocano antichi liquori artigianali, come i rosoli, gli arquebuse et similia delle nostre nonne.
Immancabili, poi, le piacevoli coccole finali: gelatina al mango con cioccolato fondente, cheesecake all’albicocca su frolla sablé a base frutta secca, un gianduiotto con pasta di miso a dare sapidità e spolveratina di cacao amaro a chiudere una esperienza gastronomica di grande soddisfazione per questa tipologia di cucina mai da noi sufficientemente approfondita (colpa nostra!).
Materie prime d’eccellenza, maniacale attenzione agli ingredienti con una giusta concessione alle contaminazioni orientali senza cedere alle mode del momento, altissima tecnica per piatti mai banali né ornati di orpelli superflui, ma con mente aperta all’innovazione.
Un plauso meritato sia alla brigata di cucina, che ha creato piatti d’effetto, gustosi e ben curati nelle presentazioni, sia ai ragazzi in sala, preparati, educati e molto attenti nell’anticipare con garbo le nostre piccole esigenze momentanee senza essere da noi sollecitati.
Come folgorati sulla via di Damasco, ringraziamo Luca Andrè…da oggi siamo un po’ più vegetariani e un po’ meno carnivori.
SOUL KITCHEN
- Via Santa Giulia, 2 – Torino
- Tel. 011 884700
- www.thesoulkitchen.it
Paolo Alciati & Enza D’Amato