È sempre difficile rendere su carta le emozioni che si provano, perché sono sensazioni intime, personali e non facilmente condivisibili con altri
Lo so, sovente si dice che una situazione, un momento, una lettura, un piatto o un film o tante altre cose sono state emozionanti, ma in realtà si sta descrivendo uno stato d’animo che è assolutamente soggettivo, che chi ci sente o ci legge non può viverlo nello stesso modo in cui l’ha vissuto chi lo descrive.
Spero, quindi, di riuscire a trasmettere meglio possibile il sentimento che ho provato nel rivedere un luogo che ho molto frequentato nella primissima parte della mia lunga vita di assiduo habitué di ristoranti…poter ritornare al ristorante Flipot a Torre Pellice (TO) mi ha fatto provare un’emozione indescrivibile.
Nonostante il locale si presentasse diverso da com’era quasi cinquant’anni fa quando iniziai a frequentarlo, il fatto stesso di rivedere quella stradina, il passaggio che all’epoca percorrevo per arrivare alla sala, poter toccare con rispetto le massicce pareti di una stanza ora arredata con bei mobili d’epoca ma che una volta conteneva i tavoli sui quali si pranzava, camminare sull’antico pavimento in legno a spina di pesce e risentire lo scricchiolio delle antiche assi mi ha davvero commosso.
Come in un film ho rivissuto quei momenti in cui da ventenne frequentavo il ristorante e, seduto a uno di quei tavoli mentre divoravo con la fame tipica di quell’età gli ottimi piatti che mi venivano presentati, sentivo provenire dalla cucina il tipico rumore del frustino metallico che sbatteva le uova: con l’aquolina in bocca già pregustavo il “sanbajun”, lo zabajone caldo che mi preparava un giovane cuoco molto molto bravo. Quel giovane era Valter Eynard che nel 1981, insieme alla futura moglie, rilevò il ristorante valorizzando la cucina povera delle valli valdesi di cui Torre Pellice è il capoluogo, e portandolo a meritarsi ben due stelle Michelin nel 2007 grazie al recupero di piatti della tradizione valdese come la “supa barbetta” – profumata minestra di verza con grissini, burro d’alpeggio, toma e spezie – o la minestra di ortiche, o anche l’arrosto cotto nel fieno maggengo.
Emozione pura!
Sotto la loro gestione il ristorante resse fino a fine 2011, lo chiusero, poi lo riaprirono per breve tempo per poi chiuderlo definitivamente, con il cordoglio di tutti i gastronomi.
Tutto questo fino al 2016, anno in cui la D.ssa Patrizia Colombo riacquistò il locale dei suoi avi per far rivivere la vocazione di famiglia. E qui c’è un’altra bella storia da raccontare. Sì, perché i nonni di Patrizia Colombo erano i vecchi proprietari dei muri e il gestore di questo raffinato ristorante aperto nel 1882 si chiamava Filippo Gay, per tutti Flipot. Il ristorante era il migliore della zona, i cibi già all’epoca erano raffinati tanto che attiravano una clientela di buon lignaggio, dagli ufficiali della vicina Scuola di Cavalleria di Pinerolo ai principi di Casa Savoia e la media borghesia di allora.
“Tutte le volte che ci passavo davanti – racconta Patrizia Colombo – mi dicevo che non era possibile lasciarlo in quello stato di abbandono, chiuso da oltre dieci anni, perché questo era il biglietto da visita di Torre Pellice ed ho deciso, dato che era stato messo all’asta, di riacquistarlo perché erano stati venduti gli alberghi di famiglia e questo era l’unico ricordo ancora esistente. Abbiamo lavorato due anni e mezzo e ho voluto riportarlo alla destinazione per cui era nato, albergo e ristorante, anzi, una “casa” in cui puoi venire a pranzare perché io da sempre ho vissuto nei nostri alberghi, sono cresciuta in un albergo e per me una delle parole che amo è accogliere, mi piace l’idea dell’accoglienza”.
Due anni e mezzo per terminare il lavori di ristrutturazione e nel 2018 riapre il ristorante al pubblico, poi – nel 2020 – anche la cantina, ricavata dalle originali mura della Maison. La nuova avventura di Flipot, a quel punto, era riavviata.
Sono quindi davvero grato a Patrizia Colombo che circa tre mesi fa ci ha invitato a gustare la cucina di “Maison Flipot”, questo il nuovo nome della storica locanda con ristorante in cui da tempo ho lasciato un pezzo di cuore.
La laurea in farmacologia della D.ssa Colombo si è rivelata molto importante per l’impostazione della bella coreografia vegetale di tutto il giardino. Infatti fiori e piante fioriscono o si coprono di foglie tutto l’anno, senza soluzione di continuità lasciando sempre fiorita e verde una parte del giardino!

La sala da pranzo, con i tavoli ben distanziati tra loro, affaccia sul curatissimo giardino interno e i fiori e le grandi piante contribuiscono a dare un tocco rilassante…nulla di meglio per predisporci ad una piacevole esperienza gourmet.

Il pranzo inizia con una trota di Villar Pellice, paesino poco distante da Torre, che viene marinata per un giorno intero in zucchero e sale e scorze di arancia e limone, poi lavata, asciugata e affumicata con legna aromatizzata all’arancia; nel piatto è accompagnata con gel di camomilla e un estratto di mela verde e le sue uova. Alternativa local al salmone che ben valorizza un pesce gustoso ma sovente dimenticato.

Tutto vegetale il piatto successivo: “Il cavolfiore e i cavoletti”, un cavolfiore arrosto nappato con crema di cavolfiori al caffè con insalatina di cavoli, cavoletti e cavolo rosso in agrodolce con mandorle e ribes. Un piatto interessante e colorato, con acidità, sapidità e quel poco di dolcezza che completa i sapori.

“Lumache, pancetta e grappa” è l’ultimo antipasto. Croccanti lumache di Cherasco stufate con brunoise di verdure, pane alle erbette, pancetta croccante di maialino nero, spuma di patate e grappa. Considerato quest’ultimo ingrediente ci aspettavamo un piatto piuttosto alcolico, invece è una proposta delicata anche se ricca, con sapori che si amalgamano piacevolmente, quasi rispettosi l’uno dell’altro senza nessuna predominanza.

Il Riso Acquarello invecchiato 7 anni è protagonista nel risotto con crema di zucca, crema di caprino e Crudo di Cuneo essiccato. Anche qui si alternano dolcezza, acidità e sapidità. Davvero un gran piatto!

Originale e simpatica la presentazione dei Ravioli di Mustardela, crema Parmantier e porri croccanti in tempura: un rettangolo “gigans” di pasta ripena, un multi-raviolo composto da sei quadrati farciti con questo salume povero preparato con le parti meno nobili del suino, testa, lingua, gola e cotenna – perché del maiale non si butta via niente – nappato con la crema di patate e completato con porri fritti e un profumato trito di erbe essicate.

Golosa è la finanziera, definita “povera” dallo chef ma che, con polpettine di salsiccia e cervella fritta, proprio povera non è. Il gusto è davvero ricco a cui si aggiunge il piacere finale nel fare la scarpetta – oramai è sdoganata anche dagli chef stellati – con un burroso pane sfogliato semidolce.
Ai piatti sono stati abbinati ottimi vini prodotti con vitigni autoctoni del Pinerolese e della Val Pellice.
Per preparare al dolce finale e rinfrescare il palato, una pallina di sorbetto al limone e Timo Serpillo – o timo selvatico – raccolto in altura che presenta una bella nota aromatica fresca e limonata.
Una birra scura barricata, invecchiata in botti di Marsala, è l’inusuale abbinamento ai dolci: una Torta Valdese rivisitata, anche questa “povera” – preparata con un cuore di pere cotte al profumo di chiodi di garofano, mousse alla cannella e una frolla a chiudere – e una sfera di cioccolato fondente con al suo interno una mousse di cioccolato e una coulisse di cachi seguiti dalle coccole finali per chiudere in dolcezza un ottimo pranzo, realizzato con classe e accompagnato dal bel garbo della padrona di casa.
Al di là del sentimento personale per questo locale, colpiscono sia la cura e il rispetto con i quali sono stati ristrutturati il ristorante e la locanda, arredati con gusto e con piccoli particolari d’antan che arricchiscono la percezione di ambiente familiare – che fanno vivere davvero la senzazione di una casa, calda e accogliente – e l’ottima cucina del bravo chef Luca Tosello, con ingredienti perlopiù locali, che guarda al passato con la riscoperta e la valorizzazione di antiche e tradizionali ricette ma giustamente alleggerite e rese piacevolmente attuali.
Maison Flipot
- C.so Antonio Gramsci, 17 – Torre Pellice (TO)
- Tel. 392 8485993
- www.maisonflipot.com
Paolo Alciati & Enza D’Amato