I vitigni dell’Alto Adige resistenti alle malattie fungine
Nei giorni del Merano Wine Festival, in cui migliaia di persone arrivano in Alto Adige, l’occasione è ghiotta per visitare cantine e territori di quest’angolo d’Italia capace di sorprendere per il suo mix di tradizioni e innovazione.
Ne sono un perfetto esempio i vitigni Piwi (acronimo del termine tedesco “Pilzwiderstandsfähig”), come vengono chiamate le varietà resistenti alle malattie funginee che proprio qui hanno fatto il loro debutto in Italia più di quindici anni fa, mentre oggi si stanno diffondendo piano piano anche in altre regioni (Friuli, Lombardia, Veneto e non solo).
Incroci in vigna fino alla quarta generazione
Nati da incroci in vigna tra varietà europee (Vitis vinifera) e specie americane e asiatiche, i Piwi sono stati nei paesi di lingua tedesca una risposta per contrastare la fillossera e altre malattie della vite che tra XIX e XX secolo distrussero la maggior parte del vigneto europeo.
L’Istituto Statale Agrario di Friburgo ha condotto ricerche e sperimentazioni per decenni, arrivando a viti capaci di difendersi da sole dalle malattie, senza l’aiuto di chimica.
Incroci di prima, seconda, terza e, oggi, quarta generazione, da cui nascono vini naturali che riuniscono nei profumi e nei sapori i caratteri dei “genitori”, aggiungendo a questi una loro peculiarissima personalità.
Tra i primissimi viticoltori ad aver introdotto i Piwi in Italia è stato Rudolf Niedermayr nella sua tenuta Hof Gandbgerg ad Appiano sulla strada del vino, frazione San Michele, dove oggi si trovano le uve Solaris, Bronner, Souvignier Gris, Muscaris, Cabernet Cantor e Cabernet Cortis, coltivate con grande cura e passione dal figlio Thomas.
Nessun pesticida e anche i trattamenti consentiti in agricoltura biologica sono quasi azzerati: camminando lungo i filari durante i mesi precedenti la vendemmia si può osservare un’esplosione di natura tra erbe, insetti e altri piccoli animali della zona che certificano ognuno a suo modo la purezza di questo spicchio altoatesino.
Nel calice i vini non sono meno originali dei loro nomi: aromi eleganti che spaziano tra note esotiche, floreali e minerali si accompagnano a sapori persistenti e sempre nuovi a mano a mano che i minuti scorrono.
Le fermentazioni spontanee in cantina a partire dai lieviti autoctoni e l’assenza di filtrazioni o chiarifiche restituiscono un vino che parla della terra da cui proviene con la tradizionale eleganza altoatesina e una straordinaria bevibilità.
Sono “vini da scoprire”, per riprendere il nome del libro che sarà presentato venerdì 10 novembre a Roma in cui si raccontano 120 bottiglie di vignaioli di tutta Italia meritevoli di attenzione.
Non solo il T.N. 06 Piwi Weiss (Souvignier gris) di Thomas Niedermayr si trova nel libro, ma è stato scelto tra i cinque vini serviti durante la cena della presentazione ufficiale del volume.
Un’occasione per incontrare Thomas Niedermayr e scoprire i suoi vini da vitigni Piwi riservata a chi non ha in agenda un tour in Alto Adige nei prossimi mesi e che si ripeterà, sempre a Roma, martedì 21 novembre al Rome Life Hotel (via Palermo 10) in occasione del MomoWineDay.
In quest’occasione il viticoltore altoatesino proporrà anche una degustazione in verticale del vino T.N. 04 Bronner per mostrare come è cambiato il vino rispecchiando l’andamento stagionale nelle annate dal 2013 al 2016.