È un fiume in piena Carlos Veloso dos Santos, a.d. di Amorim Cork Italia: “Per quanto se ne dica, oggi nessuna chiusura, nemmeno il tappo di sughero, può fregiarsi del termine “bio”, che tanto va di moda. È chiaro che in tanti amano imbellettarsi con il suffisso, al pari di un altro termine abusato assai come “green”, con il solo e unico scopo di confondere la parte più inerme e inconsapevole di questa storia: il cliente”. L’azienda di Conegliano Veneto che Veloso dos Santos dirige, filiale italiana del “Gruppo Amorim”, società leader mondiale nella produzione di tappi in sughero, nel solo 2015 ha venduto 480 milioni di tappi, tutti nati da sofisticati progetti che rappresentano un mix di tecnologia, tutela ambientale ed estrema attenzione alle foreste di sughero. Esattamente da qui, nasce lo sfogo dell’a.d. di Amorim Cork Italia, che guida una protesta intenzionata a battersi perché l’informazione che arriva alla clientela sia giusta, corretta e più che altro sincera.
Per il sughero, è tutta un’altra storia: per cominciare, non c’è nulla che possa sostituire – a cominciare dall’immaginario collettivo – il rituale preciso e rigoroso di un sommelier che stappa una bottiglia di ottimo vino. Anche perché è in quel momento, esattamente da ciò che dona il tappo, che si scopre se il sughero ha fatto il proprio lavoro, impedendo al vino di invecchiare ma al tempo stesso lasciando filtrare con sapienza naturale piccole quantità di ossigeno, sufficienti a consentire lo sviluppo di aromi. E non è finita qui: la decortica, termine che indica l’inizio del ciclo di vita produttiva della pianta da sughero, oltre ad essere uno dei mestieri agricoli fra i meglio pagati al mondo, rispetta regole precise che tengono conto dei tempi imposti dalla natura, aspettando che l’albero abbia almeno 25 anni e un tronco dal diametro di 70 cm. Una lavorazione tradizionale che interessa l’Italia come altri paesi affacciati sul bacino del Mediterraneo, con 2,2 milioni di ettari di foresta da sughero che si estende fino a Spagna e Portogallo, in un’area considerata uno dei 35 santuari della biodiversità del pianeta e in cui non è possibile tagliare un solo ramo, senza precise autorizzazioni. “Per non parlare del Carbon Footprint – riprende Veloso dos Santos – il calcolo numerico delle emissioni di gas che qualsiasi prodotto o attività umana genera, che grazie ad un impatto ambientale ridottissimo, consacra al primo posto il vecchio e caro sughero”.
Sì, perché è proprio il tappo in sughero, ancora oggi sigillo prediletto dai grandi produttori di vino, ad aver accompagnato idealmente il lungo cammino dell’umanità, da quando ha scoperto l’uva e inventato il bicchiere: un’anfora del 1° secolo a.C., ritrovata ad Efeso, in Anatolia, era ancora perfettamente sigillata con un tappo in sughero, capace di conservare per millenni i resti del vino che conteneva. Quando si dice che la storia non è acqua.
Germano Longo