Siamo prossimi a sbarcare su Marte, a sconfiggere malattie e a vivere fino a 150 anni almeno, ma ci sono questioni su cui il genere umano non riesce proprio a trovare rimedio. Una di queste, senza alcun dubbio, riguarda la pizza: quando bisogna dividerla con un gruppo di amici, come si fa a non scontentare nessuno? In pratica: esiste un modo per tagliare una pizza con la certezza che ogni triangolino sia perfettamente uguale agli altri e non crei malumori o peggio ancora, faccia vacillare amicizie decennali?
Certo, avremmo potuto vivere ugualmente senza risposta, perché malgrado l’invidia e la golosità, non risultano casi di discussioni sfociate in delitti efferati per la fetta più grossa, per fortuna. Ma tant’è: qualcuno ha voluto ugualmente approfondire la faccenda e vederci più chiaro. Ad esempio, invece di concentrarsi su altre questioni, due illustri matematici dell’Università di Liverpool, Joel Haddley e Stephen Worsley, hanno scelto di passare alla storia come coloro che hanno reso la divisione della pizza un principio equo. Una teoria che manda in pensione il teorema che nel 2009 diede un istante di notorietà a due loro colleghi americani, Rick Mabry e Paul Deiermann, che dopo 15 anni di studi (e pizze), regalarono al mondo una soluzione talmente cervellotica da far vacillare le loro carriere.
Ma i due matematici inglesi, incuranti del flop, sono andati avanti ugualmente perché la pizza, si legge, è sempre stata una delle loro più grandi passioni, e forse anche perché erano un po’ stanchi di essere due “nerd” a cui spettava sempre il triangolino scondito che nessuno vuole. Fatto sta che i due si sono messi d’impegno, guardando margherite e quattro stagioni con un occhio scientifico.
La loro teoria, illustrata addirittura su 7 pagine piuttosto fitte, ha un nome complicato, “Infinite families of monohedral disk tilings”, ed è finita addirittura sulle colonne del “New Scientist”, una sorta di bibbia di chi fa il loro mestiere, scatenando il plauso della comunità scientifica mondiale, probabilmente afflitta dallo stesso annoso problema.
Il procedimento, va detto, non è così semplice come sembra: servono, nell’ordine, una rotella tagliapizza e, appunto, una pizza con condimenti a scelta, non c’è problema. La perfetta equità di 12 fette richiede che per le prime sei si parta dal centro spostandosi verso il bordo, e l’esatto contrario per le sei successive. Fondamentale è che il taglio non sia netto e verticale ma ricurvo, con un effetto finale molto simile ai “Mandala”, i simboli circolari tanto cari al buddismo e all’induismo che rappresentano la molteplicità dell’universo e costituiti dall’intreccio di numerose figure geometriche.
Prima di arrivare ad un taglio ottimale serve una certa pratica, ammettono Haddley e Worsley, ma il risultato è prossimo alla perfezione, perché il vantaggio del taglio parte da 12 triangolini perfettamente uguali, a loro volta divisibili in altre porzioni sempre più piccole, fino ad arrivare al numero desiderato.
I limiti, ammessi dai due stessi matematici, riguardano i condimenti: se è normale che una pizza risulti più ricca verso il centro e sempre meno spingendosi verso il bordo, lo è un po’ meno per coloro a cui spetterà il triangolino di crosta con vaghe tracce di pomodoro e nessuna del condimento. Tanta fatica per arrivare ad una sola conclusione, perfino un po’ scoraggiante: accontentare tutti è impossibile, matematicamente.
Germano Longo