La nostra magnifica Italia può orgogliosamente vantare un patrimonio inestimabile di bellezza, arte, artigianalità, paesaggi, storia, tradizioni locali, sostenibilità ed innovazione, sintesi di cultura enogastronomica straordinaria che la rende ambìta e famosa in tutto il mondo, con un paniere ricchissimo di prodotti eccellenti “Made in Italy” costantemente oggetto di imitazioni e frodi, a tutto danno dell’economia nazionale.
In un momento così particolare, la valorizzazione dell’enogastronomia italiana può rappresentare la chiave di volta per la ripartenza non solo del settore turistico, ma dell’Italia intera.
Lo scorso luglio 2020 è stato avviato un progetto di candidatura della cucina italiana come bene immateriale dell’Unesco su iniziativa di Maddalena Fossati, direttore de La cucina italiana, in collaborazione con le agenzie SpoonGroup e BIA e con il sostegno e il supporto dell’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale del MiBACT e dell’ANCI. Nei giorni scorsi è intervenuta la nomina e l’ufficializzazione del Comitato tecnico scientifico, che sosterrà e redigerà il dossier necessario alla candidatura, composto da undici membri: Roberta Garibaldi – Docente di Tourism Management, Presidente Associazione Italiana Turismo Enogastronomico; Luisa Bocchietto – Architetto, Senator della World Design Organization; Alberto Capatti – Storico dell’alimentazione e della Gastronomia italiana, membro del Comitato direttivo dell’Institut Européen d’Histoire de l’Alimentation; Giovanna Frosini – Docente di Storia della lingua italiana, Accademica della Crusca, Coordinatrice in Linguistica storica, Linguistica educativa e Italianistica; Massimo Montanari – Docente di Storia Medievale e Storia dell’alimentazione all’Università di Bologna; Paolo Petroni – Presidente dell’Accademia Italiana della Cucina; Vincenzo Santorio – Responsabile del Dipartimento di Cultura e Turismo dell’Associazione Italiana dei Comuni Italiani; Luca Serianni – Docente di Storia della lingua italiana dell’Università La Sapienza, coordina il comitato che organizza il Museo della Lingua Italiana di Firenze; Laila Tentoni – Presidentessa di Casa Artusi; Vito Teti, Antropologo e scrittore, direttore del Centro Demo-Antropologico Raffaele Lombardi Satriani dell’Università della Calabria, membro del Comitato Italiano di Antropologia dell’Alimentazione.

“Un onore per me essere nominata membro del comitato scientifico. L’iscrizione nel patrimonio dell’UNESCO, oltre al valore che in sé racchiude, è uno stimolo ed una opportunità per sviluppare nuova progettualità, creare sinergie, promuovere i territori anche in ottica turistica”, il commento entusiastico della Prof.ssa Roberta Garibaldi.
L’Accademia Italiana della Cucina– AIC- di cui mi onoro di far parte, è una storica Istituzione Culturale della Repubblica Italiana fondata nel 1953, a Milano, da Orio Vergani, da un gruppo di qualificati esponenti della cultura, dell’industria e del giornalismo, con lo scopo di tutelare e promuovere, attraverso le sue iniziative e prestigiose pubblicazioni, la conoscenza del patrimonio culturale enogastronomico della cucina italiana, favorendone il miglioramento sia in Italia che all’estero.
La Direzione Generale Educazione, Ricerca e Istituti Culturali del MIBACT riconosce all’AIC i contributi annuali destinati agli Istituti Culturali che nel mondo svolgono attività di cultura e ricerca. Il Comitato tecnico scientifico del progetto Unesco si fregia, dunque, oltre che della presenza del Presidente Paolo Petroni, anche di tre Accademici onorari: Alberto Capatti; Massimo Montanari e Vito Teti.
Le prime candidature risalgono alla fine degli anni Settanta, con il riconoscimento delle miniere di sale di Wieliczka e Bochnia (Polonia), cui, nel 1982, ha seguito quello delle saline francesi di Salins-les-Bains e Arc-et-Senans, nel 1989 la regione vitivinicola portoghese dell’Alto Douro, nel 1996 il paesaggio della cultura vinicola dell’isola di Pico in Portogallo, nel 2002 la regione vitivinicola ungherese del Tokaj e nel 2007 i vigneti terrazzati del Lavaux in Svizzera.
L’ultimo decennio è stato caratterizzato da una crescente crescita di beni inseriti nella lista UNESCO, tant’è che al 2020 sono 29 i beni europei tutelati e legati all’enogastronomia; di questi, 13 sono materiali, tra cui i “Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato” nel patrimonio materiale nel 2014 e le “Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene” nel 2019, che si sono aggiunti ai paesaggi agricoli di Causses e Cévennes (Francia) e di Kujataa (Danimarca) ed ai territori vitivinicoli francesi dello Champagne e della Borgogna.

L’elenco dei 16 immateriali è, invece, assai più ampio e vario, includendo, fra gli altri, la cultura brassicola belga, il caffè turco, il pasto gastronomico dei francesi e le tecniche artigianali di produzione del lime di Morón de la Frontera in Spagna, ed, in Italia, la “Dieta mediterranea”, inserita nel patrimonio immateriale nel 2013, la “Coltivazione della vite ad alberello di Pantelleria” nel 2014 e “L’Arte del pizzaiuolo napoletano” nel 2017.
La Costiera Amalfitana, delle 5 Terre, del Cilento e Vallo di Diano, dei Sacri Monti, della Val d’Orcia, delle Ville e dei Giardini Medicei sono iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale quali paesaggi culturali capaci di testimoniare l’unicità e la positiva interazione tra uomo e ambiente, nel caso specifico, attraverso la viticoltura.

L’Italia vanta anche tre delle sei città insignite del titolo di “Città Creative per la Gastronomia”, iniziativa UNESCO per mettere in rete e promuovere la cooperazione tra località che hanno puntato su creatività e gastronomia per il loro sviluppo urbano sostenibile: Parma nel 2015, Alba nel 2017 e Bergamo nel 2019, per la ricchezza del suo patrimonio gastronomico tradizionale locale, tra cui spiccano i formaggi. In Europa, invece, le altre tre città sono Burgos e Denia in Spagna, Östersund in Svezia e Bergen in Norvegia.
Recentemente, sono state iscritte nella lista del patrimonio immateriale dell’UNESCO anche il “Cous Cous” e lo “Street Food di Singapore”, emblema della cultura hawker del Paese.
Carmen Guerriero