Nove anni in Francia e cinque in Svizzera sono fortemente indicativi del respiro internazionale che lo chef Giuseppe D’Errico, al suo secondo anno in Italia, ha portato nella cucina del ristorante La Madernassa

Casertano d’origine, frequenta la scuola di cucina più importante d’Italia, l’ALMA, diretta da Gualtiero Marchesi, si forma come sous-chef presso uno dei guru dell’alta cucina mondiale, il tristellato Michel Troisgros chef proprietario della prestigiosa Maison Troigros a Roanne, nella Francia centrale, prosegue la sua esperienza come Executive Chef al Ristorante Ornellaia di Zurigo – avamposto svizzero della famosa cantina di Bolgheri – conquistando la stella nel 2018 dopo soli 10 mesi dalla sua apertura e nel 2021 viene chiamato da Ivan Delpiano, co-fondatore e proprietario della Madernassa, come executive-chef nel ristorante orfano di chef Mammoliti a perpetuare il percorso di alta cucina che fin qui aveva contraddistinto questo piccolo paradiso della ristorazione.
E Giuseppe D’Errico, insieme al fratello Francesco, non ha affatto deluso le aspettative, anzi…ha portato una visione di una cucina sempre in evoluzione, perfettamente allineata sia all’incedere delle stagioni sia al territorio, pur con qualche divagazione marinara della sua terra d’origine, perché le radici sono importanti e diventano simbiotiche col vissuto contemporaneo.
Ecco quindi che prendono corpo le “creazioni”, come le ha chiamate lo chef nell’intrigante menù dal significativo titolo “Dai Gusto alla Vita”: delicatezza assoluta negli amuse-bouche, piccole perle che segnano già l’impronta stilistica di D’Errico, dal cracker croccante con burro e acciughe del Cantabrico in carpaccio di Fassona al foie gras, mela verde e zucchero croccante all’anice stellato, dall’insalata di gallinacci in acqua di crescione, bolle alla nocciola e crostini di pane allo sgombro cotto a vapore adagiato su gelatina al Campari, o una splendida crema di cipolle che accompagna un’insalata sempre di cipolle nelle sue diverse variazioni o ancora tacos croccanti con lumache, mais, purée di mais, coriandolo e peperoncino per chiudere con un intenso cono di alga nori farcito ricci di mare, panna affumicata, wasabi e bottarga.

Nella prima “creazione” – Mare Nostrum – il mare è protagonista: cozze e vongole abbinate ai calamaretti e ai canolicchi amalgamati al midollo di manzo leggermente affumicato, chips di tapioca e erbe aromatiche e gustose come la salicornia, la portulaca, la foglia d’ostrica, il plancton e il finocchietto di mare. Questo stupendo piatto, che viene completato con una salsa al beurre blanc con estratto di salicornia a esaltare tutti gli ingredienti, racchiude un concerto di sapori e sensazioni incredibili: fumé, acidità, sapidità spiccata, note di piante aromatiche in una proposta dal grande equilibrio gusto-olfattivo elevato dalla salsa dai sentori iodati e salmastri che riportano ad una passeggiata settembrina sulla battigia, accarezzati dal vento che profuma di alghe e salsedine.
La seconda “creazione” – da Bra a Napoli – racchiude il rapporto d’amore tra la terra d’origine di D’Errico e quella adottiva, in cui la salsiccia cruda di Bra è l’ingrediente del territorio e la cima di rapa scottata, con la sua foglia cotta a vapore ‘à la minute’, la purée di cime di rapa e finocchietto, la salsa di ‘nduja, la gelatina al bergamotto e la ricotta affumicata sono il tuffo nei sapori classici meridionali, prodotti semplici e quotidiani per un piatto complesso e intenso, ottimamente abbinato a un gran Moscato dal bravo sommelier di sala. L’amaricante della cima di rapa, ortaggio protagonista assoluto del piatto, la gradevolezza della salsiccia e la piccantezza della ‘nduja vengono mitigati dal vino, in equilibrio tra acidità e dolcezza, e il risultato è un palato pulito, asciutto e una persistenza gustativa davvero intensa. Un piatto che ribalta le priorità, per dirla con parole di D’Errico “…la proteina al servizio del vegetale”.

Se questo piatto possiamo a ragione definirlo una scultura vegetale, la portata successiva riporta immediatamente ad un quadro del grande Alberto Burri, il pittore dell’informale materico, dello studio del nero non come ‘non colore’, ma come buio che esalta la luce.
E qui, a ricordare proprio un suo famosissimo quadro – Rosso Plastica – ci viene presentato il ‘Grande Rosso’, un risotto ai profumi mediterranei, origano, limone, yuzu con una cialda rotonda di crema di olive nere disidratate lavorata come una pasta e sovrapposta a un’altra cialda di pomodoro al burro; entrambe vengono fiammeggiate al cannello, proprio come Burri faceva con le sue plastiche.

Inutile dire che è un piatto straordinario, con il pomodoro che, in abbinata al citrico del risotto, dona una formidabile sferzata di agrumata acidità mentre l’ingresso in bocca della crema di olive immerge in sentori mediterranei assoluti, riporta ad una cucina di fanciullesca memoria, fatta di sapori semplici ma intensi, a sensazioni che riconducono il pensiero ad assolate giornate estive perfette per oziare all’ombra di ulivi secolari col frinire delle cicale a tener compagnia.
Dai sapori mediterranei lo chef D’Errico ci conduce nuovamente nel nord Italia con un tenero capriolo avvolto nello speck insieme alla melanzana affumicata, gustosa e con una texture morbidissima e scorza d’arancia, completato con la salsa Sim – Sim (che dà il nome al piatto) a base di pasta sesamo tostata abbinata a sapori orientali, saké dolce, miso bianco, zenzero e aglio.

La carne, in un territorio come il cuneese che ha nell’allevamento della razza Fassona un fiore all’occhiello, ha la sua importanza e lo chef le offre la giusta ribalta, ma altrettanto importante per D’Errico è il vegetale per il quale, spiega, “…ci vuole una complessità di lavoro e di sensibilità per farlo diventare protagonista, importante, bello da vedere. Pensiamo alla semplice foglia di broccolo del piatto ‘da Bra a Napoli’…devi selezionare, devi pensare a come poter esaltare quel prodotto agli occhi del cliente, dargli un valore aggiunto e non un ‘minus’. Io penso a valorizzare il mondo vegetale in tutte le sue forme, in tutte le sue declinazioni e alle stagioni, è stimolante, bisogna lavorarlo con rispetto, non si può denaturalizzare creando tante lavorazioni e la nostra abilità entra in campo per presentarlo in modo gourmet, ma sempre rispettando la stagionalità e la freschezza assoluta. Oltretutto – prosegue lo chef – mentre un tempo non si andava troppo frequentemente al ristorante, oggi le cose sono cambiate e non posso sovraccaricare il mio cliente di proteine, che già assume praticamente tutti i giorni con la frequentazione di tanti ristoranti, ed ecco che la parte vegetale assume un ruolo importante per l’equilibrio nutrizionale”.
Segnalo con piacere la sostituzione dei bicchieri dell’acqua e dei tovaglioli prima del dessert, un ulteriore riguardo che migliora un servizio già eccellente.
Con ‘Collisioni’ ci si avvia al percorso finale e gli ingredienti del pre-dessert sono solo apparentemente in contrasto tra loro, ma il risultato è sorprendente: zucca in agrodolce con ganache al pistacchio, gelatina di cassis, sorbetto allo scalogno nero fermentato e marinata di fragole all’aceto di Sherry Pedro Ximenez e olio all’erba cipollina. Sentori speziati che si alternano ad acidità spiccata, note verdi e tostate, un caleidoscopio di sapori. Strepitoso! Ottimo anche l’abbinamento con un caffè in estrazione.

‘Alchimia’ è un piatto giocato sui sapori classici del territorio, le pere e le nocciole: una crepe di farina di nocciole farcita con le pere cotte, un cremoso e croccante di nocciola, sorbetto alla pera, coulis di rosmarino e gelatina di Yuzu, succo di pera Madernassa e olio di rosmarino.

La piccola pasticceria, vere e proprie coccole finali, dalla torta classica alla nocciola al cri-cri torinese passato nell’amaranto tostato, dal semolino fritto al limone alla tartelletta croccante con ganasche alla vaniglia e gelatina di zucca e anice, conclude un percorso di alta cucina che ha coinvolto palato, vista e olfatto in un tourbillon di sensazioni a volte spiazzanti, ma sicuramente sorprendenti e appaganti.

Lo chef ha nella leggerezza il leitmotiv della cucina e la assembla con grande tecnica per offrire una straordinaria esperienza gustativa in cui gli ingredienti sono lavorati il meno possibile, le salse – retaggio del suo grande vissuto in Francia – sono sgrassate e rese essenziali nei profumi e negli spiccati sapori e i pani e le focacce vengono lavorati con metodo diretto, con lievito madre e maturazione degli impasti tra le 48 e le 72 ore per ottenere un prodotto leggerissimo, soffice e croccante allo stesso tempo.
In una carta dei vini ricca e di grande valore, sia per la proposta degli champagne sia per prestigiosi produttori d’oltralpe, voglio sottolineare la grande attenzione ai piemontesi, Barolo, Barbaresco e Barbera su tutti e anche un occhio di riguardo al Roero, mai valorizzato abbastanza; lodevole la bella proposta di vini dolci e passiti. Molto interessante l’assortimento dei grandi formati. Last but not least la carta dei caffè con ben 8 raffinate tipologie.

Infine, un plauso alla frase finale riportata sull’ultima pagina del menù con un riconoscimento all’ottima brigata di cucina e al personale di sala, attento, educato e impeccabile nel servizio al tavolo: “Giuseppe, Francesco, Imma, Giorgia, Niccolò, Giovanni, Jessica, Andrea, Francesco, Marta, Beppe, Logann, Vince, Elisabetta, Nicola, Chiara, Gabriele, Louis Paul, Nicolas, Alex, Roberto e Kostel vi hanno accompagnato in questa esperienza”.
Complimenti a loro e alla Direzione per la sensibilità!
La Madernassa
- Località Lora 2 – 12050 Guarene (Cn)
- Tel. 0173 611716
- www.lamadernassa.it
Paolo Alciati & Enza D’Amato