Difficile trovare un preferito…tutti bocconi golosi, ben armonizzati e davvero squisiti!

Quando un cuoco ha lavorato con qualità per qualche anno accanto a un signore che si chiama Mauro Colagreco – chef patron del Mirazur di Mentone, tre stelle Michelin nel 2018 e miglior ristorante al mondo l’anno successivo – ha davanti a sé due percorsi: continuare a lavorare nel ristorante fino a diventare sous chef o, forte dell’esperienza maturata, buttare il cuore oltre l’ostacolo e aprire un proprio ristorante. E questo è esattamente ciò che ha fatto Jacopo Chieppa.

Ma cominciamo dall’inizio: appena diplomato Jacopo si trasferisce a Londra con la sua compagna Melania e per mantenersi lavora come lavapiatti al Degò, raffinato ristorante a Oxford Circus, che in quell’anno ospitava la cena della “The 50 Best Restaurants”.

Come folgorato sulla via di Damasco comincia a interessarsi di quello che nella sua testa inizialmente non era certo il suo mondo ma che l’aveva letteralmente ammaliato; e siccome “nulla accade per caso” – come sostiene James Redfield nel libro “La profezia di Celestino” (e pure noi siamo d’accordo) – nel giugno 2016 Jacopo cena proprio al Mirazur vivendo l’esperienza gastronomica migliore della sua vita. Capisce che quella sarebbe stata l’occasione giusta per proporsi e lo fa in modo simpaticamente sfrontato dicendo al responsabile che non sarebbe andato via dal locale fin che non l’avrebbero accettato per uno stage. Il risultato lo potete immaginare…

Inizia così la nuova vita di Jacopo Chieppa, percorrendo la strada per diventare quello che è attualmente: uno chef con la passione per i lievitati – questa la sua mansione al Mirazur – dove rimane anche dopo lo stage. Colagreco apprezza il suo potenziale, gli fa da mentore, lo promuove a capopartita e lo trasforma in uno chef di sicura fiducia fino ad affidargli l’apertura del suo pop up “The K by Mauro Colagreco” a St Moritz, località in cui successivamente gli viene proposto di seguire l’apertura del “The K by Tim Raue”, pop up gemello di quello di Colagreco firmato dallo chef Tim Raue, due stelle Michelin a Berlino. Jacopo partecipa con dedizione all’apertura e, dopo soli sei mesi di lavoro, arriva per il ristorante la prima stella Michelin.

Torna al Mirazur forte di questa esperienza e diventa responsabile della produzione di laboratorio: tutti i prodotti di panificazione passano da lui e Jacopo continua a crescere nel mondo dei lievitati d’alta gamma. È un periodo di grandi soddisfazioni: dopo tre anni che Jacopo è in quelle cucine, il Mirazur diventa il miglior ristorante del mondo e Mauro Colagreco condivide quel suo enorme successo con tutto il suo staff, Jacopo compreso. Nel frattempo arriva anche la sua prima bambina – Adele – ed è tempo di fare delle scelte.
Mauro Colagreco gli fa la proposta della vita, offrendogli di fare il junior sous-chef, ma Jacopo capisce che quella non sarebbe stata la scelta giusta per lui, per sua moglie e per la sua bambina appena nata.
Così nel 2020 apre Kilo, sul lungomare di Imperia, una pizzeria di successo, grazie a una lievitazione di qualità, ingredienti selezionatissimi e tanta passione e due anni dopo finalmente Jacopo riesce a coronare il suo sogno: aprire il suo ristorante gastronomico – Equilibrio – creato all’interno di un antico mulino ristrutturato lungo le sponde di un torrente a Dolcedo, borgo medioevale nell’entroterra di Imperia. Una nota curiosa…il ristorante è sulla linea di confine del Comune di Dolcedo, infatti il dehor e il parcheggio a fianco sono già nel Comune di Imperia.
Inizia così la terza vita lavorativa di Chieppa che propone una cucina di territorio, creativa e che valorizza la freschezza dei prodotti stagionali; due menù degustazione, il primo – ORIGINI – è più radicato al territorio, mentre il secondo – EGO – è più personale e creativo. Il cuore di entrambi, però, è sempre la “Focaccia del contadino”, una focaccia multicereale à partager, incisa a spicchi ma non tagliata, così da rendere partecipativo il gesto dello spezzare per condividere. Per renderla ancor più golosa la focaccia è servita con burro di Normandia montato all’olio EVO.
Avendo una profonda passione per la Liguria e il suo cibo, ci presentiamo per cena con entusiasmo e un po’ di curiosità. Arrivati a Dolcedo, varchiamo la porta di quello che era l’antico mulino Zanetti, dalla doppia funzione anche di frantoio, molto bello e ristrutturato con rispettosa cura – tanto che al suo interno conserva ancora la ruota e due grandi macine originali dell’epoca – e ci si accomoda in una ampia sala vetrata, con i tavoli ben distanziati e una piacevole vista sul folto bosco e su un antico ponte romano in pietra sul torrente Prina che, illuminato, rende l’atmosfera notturna veramente magica.
Gli amuse-bouche anzi, le tapas, come le chiama lo chef, sono presentate in modo davvero originale come se fossimo ad un picnic, con la classica tovaglietta a quadretti bianca e rossa posizionata sul tavolo e l’immancabile cestino, che in questo caso è una scatola del cucito in legno piena di cose buone per far ricordare quei bei momenti di vita familiare di cui forse si è un po’ persa l’abitudine in questi tempi sicuramente troppo frenetici, quasi a dire “take your time: prenditi – o meglio – riprenditi il tuo tempo”: e noi il tempo “lento” ce lo prendiamo davvero e iniziamo con l’assaggio di un gustoso Cono con spuma di pecorino, cipolla in agrodolce e lime candito, seguito da piccoli gioielli: Emulsione di peperone, panko e ‘nduja – Sfera di scamorza affumicata – Gelée di barbabietola e caprino – Oliva ricostruita, tonno, acciuga e cappero – Cavolo nero, mais e borragine – Cracker di semi di zucca e Castelmagno e una croccante Pelle di pollo essicata con patè di fegatini e spezie asiatiche. Per rinfrescare il palato un piacevole succo di carota, mela e barbabietola.
Difficile trovare un preferito…tutti bocconi golosi, ben armonizzati e davvero squisiti!

E dopo questo delizioso “Déjeuner sur l’herbe” all’italiana, è il momento di gustare un ottimo olio ma che diventa comprimario del fantastico pane fragrante, che ci viene servito tiepido, che profuma meravigliosamente di lievito e che non smetteresti mai di spezzare (per noi il pane si spezza e non si taglia, la croccantezza si deve sentire!) e inzuppare copiosamente nell’oro liquido ligure di un frantoio locale. Ci dobbiamo limitare per non esagerare…ma con grande dispiacere!
Pane, focacce e grissini, questi ultimi impanati nella polenta, sono home made grazie alla grande passione per i lievitati di Jacopo e il risultato è incredibile, tra i migliori in assoluto assaggiati negli ultimi anni!
Il menù apre con Uovo nell’uovo con le uova (quaglia, salmone, mela cotogna e spuma di uovo fritto), segue Cappuccino di mare (cremoso di carciofi d’Albenga, calamari scottati e spuma di bagna caoda) e pan brioche all’alga nori. L’abilità nel preparare i lievitati la testiamo con Se Kilo fosse in Giappone, riferito alla pizzeria di Imperia (Pizza in tre cotture: al vapore – come per i bao; fritta – a richiamare la cucina partenopea e infine passata al barbeque – per dare il profumo del forno a legna). Croccante e soffice allo stesso tempo, da qui si capisce il percorso di studio sui lievitati e il risultato è che la finiamo in un baleno!
Il primo è splendido: Zucca, Feta e salvia (Ravioli di zucca Castagna – o Hokkaido -, latte di soia, salvia e spuma di feta) morbida pasta ripiena con acidità, intensità e delicatezza che si rincorrono e si amalgamano per chiudere con la croccantezza della profumata salvia fritta.
Siamo in Liguria e non può mancare il pesce: Mupa (Pagello Occhione, pregiato pesce di profondità, cotto alla salamandra, asparagi, tuorlo, emulsione di vongole e parmigiano) è ottimo, cottura perfetta e morbidezza al palato.

Il pre-dessert (Cremoso di yogurt, sorbetto al lychees, mandorla tostata e neve di mandorla) ci introduce agli gli insoliti dolci: Umami (Sfoglia, lattuga di mare, diplomatica allo yuzu e caramello al miso) e Pesto? (Cremoso al basilico, olio EVO, gelato al pinolo e Parmigiano 32 mesi) fresco e talmente buono da pensarlo anche come accompagnamento ad un piatto di pesce al vapore.
La chiusura golosa è affidata a una Nutella di pinoli e spugna al basilico e alla piccola pasticceria.

Che dire? Massima soddisfazione per l’ottima cucina del talentuoso Jacopo Chieppa, sicuramente destinato a far parlare di sé nei prossimi anni. La cura nell’impiattamento è meticolosa e il servizio gode della verve di Melania, la giovane moglie di Jacopo, che comunica e trasmette la stessa entusiastica passione di suo marito. La carta dei vini offre ottimi spunti, con buona selezione di produttori del territorio e qualche chicca non tradizionale.
L’aspetto straordinario e sorprendente di questo giovane cuoco – che ha grande determinazione e concretezza oltre al sicuro talento e all’indubbia vocazione per questo duro mestiere – è che ha incominciato questo lavoro solamente da pochi anni: “Io ho iniziato a toccare un piatto sette anni fa” – ci racconta – “ma la mia morbosità, la mia ossessione – perché io sono ossessionato dal cibo – arriva completa e intensa a chi mangia i miei piatti. Il locale è aperto da neanche due anni e, dopo un normale periodo di rodaggio, sono davvero tante le persone che vengono fino al mio ristorante, che non è sulla costa, dove lo possono notare tutti, ma nell’interno e devi venirci apposta. E questo mi dà grande energia. Io sono fissato su un determinato obiettivo e in questo periodo sono orientato sulla chiave del ricordo e questa emozione l’avete vissuta anche voi stasera nel picnic servito nella scatola del cucito, un oggetto di cui rispetto la storia, che vi suscita un ricordo, ma che oggi la vedete con un altro utilizzo”.
E noi concordiamo con chef Chieppa, perché lo stesso mulino – ora ristorante – è portatore di ricordi riguardanti il suo primario utilizzo, ricordi che vanno rispettati ma che nel contempo compongono un continuum col suo lavoro: mulino-farina-lievitati, un fil rouge che collima con il percorso di Jacopo, che gli appartiene e indubbiamente lo identifica.
Equilibrio Ristorante
- Tel. 0183 684 685
- Località Martin 13, Dolcedo (IM)
- https://equilibrioristorante.com
Paolo Alciati & Enza D’Amato