Cenare a quasi 30 metri d’altezza, sul tetto di una struttura di inizio ‘900 che ha fatto la storia dell’automobile – una vera cattedrale industriale – sulla pista con le iconiche curve paraboliche utilizzata per collaudare le prime Fiat degli anni ’20 e ’30 e col giardino pensile più grande d’Europa con oltre 40.000 piante di 300 specie autoctone diverse, può e deve emozionare chiunque.

E ancora oggi, nonostante noi si sia saliti su questo storico tetto decine e decine di volte, ci colpisce sempre l’idea di cosa ha significato per Torino e per l’Italia intera questo luogo.
Segnalato dalla guida Michelin, il ristorante La Pista, collocato nella parte centrale di questo anello lungo 1.000 metri è molto elegante, raffinato con gli ampi tavoli in pregiato marmo ben illuminati dai globi luminosi sospesi e retti da tubolari in ottone, le comode sedute in velluto, colori caldi alle pareti e un larghissimo finestrone che permette la vista di un lungo tratto della vecchia pista di collaudo.

Da pochi mesi Alessandro Scardina si è insediato al comando della brigata di cucina del ristorante, portando la sua esperienza di oltre quindici anni acquisita in ristoranti stellati in giro per il mondo, dal Four Seasons di Londra al Noma di Copenaghen, ma rimanendo fortemente legato alla cucina mediterranea – Alessandro è di origini siciliane – a cui ha aggiunto tocchi fusion e sudamericani.
La sua cucina, influenzata da quella giapponese e peruviana, va ad armonizzarsi con i piatti più classici preparati con materie prime di grande qualità, rigorosamente stagionali, declinando in chiave contemporanea la tradizione più pura.

La proposta culinaria pensata da chef Alessandro Scardina per il ristorante La Pista, gestito da Gerla 1927, prevede tre menù che ben si adattano a tutti i tipi di esigenze e palati. Il primo è Radici, Gli Essenziali, un menù che “gioca in casa” e celebra la tradizione e la cucina piemontese con qualche variazione di prodotto, come il vitello tonnato fatto con il sottofiletto alla brace invece del girello, per un sapore più intenso e gustoso. Immancabili e molto amati dallo chef gli Agnolotti del Plin, rigorosamente con pasta fatta di soli tuorli e il tipico ripieno ai tre arrosti, coniglio, manzo e maiale.
Il secondo menù è Botanic World, cinque portate completamente vegetariane caratterizzate da preparazioni attente e abbinamenti vegetali inaspettati, come kale e mango acerbo, patata e cocco, primo fiore e Kombucha.
Il terzo, è Trust, il menù più coraggioso e stravagante, estero ed estroso, contemporaneo e personale, da scegliere come “atto di fiducia” verso lo chef, sicuro di riuscire a conquistare il commensale con i suoi accostamenti ricercati e inediti.
Ad accompagnare Alessandro Scardina il sous chef Daniele Lo Grasso, il maître e sommelier Davide Sterrantino, molto preparato, che osa anche con vini non ordinari, come macerati e orange wine, biodinamici e triple A, il vice maître di sala Mattia Dagnelli e la bravissima pastry chef Evi Polliotto.
Come in tutte le più belle storie gastronomiche, la cena si apre con gli snacks di benvenuto: biscottini di pasta fillo integrale con Roccaverano, miso di zucca e spolverati con barbabietola. Segue un morbido Bao ripieno di pesce, pesce essiccato e verdurine ed una maionese al pil pil; un tocco di Perù con la “papa amarilla” farcita con peperoncino giallo, mais, lime e caviale, infine il cheddar-fish, un patè di fegato di rana pescatrice, ricreato come un formaggio abbinato al pan brioche home made. Sapori intensi e insoliti abbinati ad un rinfrescante centrifugato di peperone, arancia, pompelmo, fragola e carota, ideale per sgrassare il palato e prepararlo al piatto successivo.

Apprezzabili anche i lievitati, tutti fatti in casa, dal pane ai cinque cereali e lievito madre alla focaccia romana portati in tavola insieme ad una tripla tentazione: burro in tre preparazioni, uno classico e salato tipo quello francese, uno preparato con aglio orsino e limone lactofermentato per finire con il burro alla ‘nduja, leggermente piccante e talmente goloso che dopo la cena, ma solo dopo, viene il rimorso per averlo letteralmente divorato tutto, insieme allo squisito pane caldo e croccante.

A completare gli amuse bouche, un olio siciliano di prima spremitura, intenso e fruttato e un burroso pane sfogliato leggermente salato che precede una tartare di Fassona condita con un garum di ricci di mare, con purea di dragoncello, caramello allo zenzero e croccanti sfere di tempura. Un piatto che ti dà una freschissima sferzata di iodio e ti porta il mare sul palato. Umami, dolcezza e sapidità. Grande idea!

Il piatto che segue ha un ingrediente odiato da tutti i pescatori dell’Adriatico… il granchio blu! E chef Scardina contribuisce alla lotta contro questo alieno invasore dei nostri mari riducendolo in tartare e condendolo con latte montato, rafano e granadilla per dare, insieme al piccante, anche una nota agrodolce. Il crunch è dato dal riso nero soffiato e il piatto è accompagnato da un chawanmushi -il budino salato cotto a vapore tipico della cucina giapponese– fatto con estrazione di granchio blu, garum di crostacei e caramello. Non nego che, oltre all’apprezzamento di questo eccellente piatto, abbiamo provato anche un po’ di sadica soddisfazione nel masticare questo vorace predatore che sta facendo piazza pulita delle buonissime vongole del delta del Po. Occhio per occhio…

E ora il signature dello chef: spaghetto del pastificio Bossolasco di Savigliano (CN) -perché la buona pasta non si fa solo a Gragnano- cotto in estrazione di rapa rossa e aringa affumicata, finito con una fonduta di Parmigiano Reggiano 40 mesi e aringhe sott’olio. Che dire? Finora la barbabietola è sempre stata utilizzata, e bene, soprattutto nei risotti, ma l’idea della cottura per la pasta è non solo coreografica, ma regala un sapore inusuale, davvero piacevole, con la dolce terrosità della rapa rossa e la sapida cremosità della fonduta che vanno a braccetto.
E anche la carne d’agnello, presentata in tre preparazioni, diventa una appetitosa pietanza con alternanza di sapori: la spalla, cotta a bassa temperatura e spennellata con chimichurry -una salsa tipica sudamericana, saporita e leggermente piccante e agliata, perfetta per la carne- un morbido raviolo farcito d’agnello e il lombetto cotto al barbeque e mantenuto rosa al cuore accompagnato da morbide patate cotte nell’acidulo latticello e con un fondo di cottura vegetale.
E per non smentirsi, neanche il dolce è davvero dolce: un tortino di banana e miso rosso e una quenelle di gelato al bacon, in ricordo della colazione che Alessandro Scardina faceva nel suo periodo di lavoro nelle cucine in Inghilterra. Quasi scioccante all’idea, ma il gusto è sublime!
La piccola pasticceria chiude questa esperienza di grande soddisfazione.
Scardina gioca con i contrasti, alterna un po’ il dolce, un po’ il sapido, un po’ l’acido, un po’ il piccante. Non è certo una cucina piatta, la sua: prima ti attira e poi ti inganna presentandoti un cibo che “non è come appare” e, poi ancora, sembra che ti voglia allontanare da un logico percorso -ma è logico solo per te e per quello che tu ti aspetti- per poi incuriosirti nuovamente lasciandoti nel dubbio (goloso) su quale gusto esalterà nel piatto successivo.
È un gioco il suo? Forse, ma lo conduce seriamente e ti porta dalla sua parte, ti coinvolge e questo gli piace… eccome se gli piace!

È cuoco di eccellenza, ma anche umile, che ha scelto di fare un percorso iniziale per apprendere non solo le tecniche di cucina, ma anche di panificazione “…faccio impasti maturati, sperimento le fermentazioni e faccio lievitati che si distinguono. La mia esperienza come cuoco è partita da Le Tre Galline (ndr: uno storico ristorante di cucina piemontese in Torino), poi ho un percorso professionale internazionale di oltre 15 anni tra Inghilterra, Australia, Grecia, Spagna e Scandinavia. E ho imparato a confrontarmi sempre con Daniele, il mio secondo, sui piatti che studio e preparo. Lui mi ha sempre seguito in tutti i miei giri, mi conosce bene. Verifichiamo e commentiamo insieme, io ho bisogno di qualcuno che mi capisca e capisca anche cosa ho in mente di preparare. Ha un palato educato e con lui mi intendo alla perfezione per studiare piatti che facciano stare bene chi entra in questo locale. E mi sembra di esserci riuscito”.
E noi, dopo aver vissuto l’intensa esperienza di queste altalenanti montagne russe del gusto, non possiamo che essere completamente d’accordo con lui.
La Pista
- Via Nizza 262, Torino
- Tel. 011 19173073
- www.ristorantelapista.com
Paolo Alciati & Enza D’Amato