Lo scorso anno – era il 1° dicembre – il grande Davide Scabin, che aveva appena assunto il comando come Executive Chef per la ristorazione del Grand Hotel Sitea, storica, lussuosa e fascinosa struttura 5 stelle nel centro di Torino, ci spiegava la sua idea nei confronti della futura impostazione del “Bistrot Carlo e Camillo”, costola importante, ma meno pretenziosa del ristorante stellato Carignano all’interno del Grand Hotel: “Si chiama bistrot e non deve essere un bistrot che cerca di fare un fine dining, perché non ha senso, dato che c’è già il Carignano. Nel bistrot voglio riportare la cucina che scalda il cuore. Stiamo perdendo delle cose che erano la normalità e per fare i fenomeni le abbiamo buttate via sostituendole con schiume, bolle, aria, polveri, cialde… Al bistrot ci devi trovare la finanziera, la trippa, gli gnocchi, le lasagne ‘della domenica’, il bollito… Voglio che diventi proprio il posto dei torinesi”.
A distanza di un anno, a che punto siamo con il percorso che il grande Scabin aveva immaginato?
La nostra opinione è che, analizzando il menù del Bistrot, ci sia stata una leggera modifica dello “Scabin-pensiero” riguardo alle proposte: non più il ristorante dei torinesi, ma il ristorante PER i torinesi e anche per i turisti, nel senso che l’offerta è più variegata, più “nazionale” nel miglior significato possibile, una cucina italiana con le sue specialità regionali. Una cucina declinata nei suoi gusti più identificativi e inequivocabili: piatti che sono grandi classici e specialità regionali meno note si alternano nell’offerta messa a punto da Davide Scabin per la carta del bistrot, un grand tour goloso dell’Italia più vera, quella più amata, quella delle nonne e delle mamme (Ah…come facevano gli gnocchi e le polpette le nostre mamme!)
Spiega Davide Scabin: “Non c’è piatto, preparazione che io abbia realizzato nei miei quarant’anni di attività dove non si riconosca una matrice storicamente connessa alla mia educazione alimentare, piemontese e italiana, ricevuta dalla famiglia, dagli studi e poi dalla mia ricerca professionale. Negli ultimi quindici anni soprattutto ho cominciato a sentire l’urgenza di raccontare questi tratti fondanti per come sono, quasi a operare una sorta di catalogazione di gusti che stiamo rischiando di perdere di vista, e che invece sono il cuore del futuro e dell’evoluzione della nostra cucina. Così sono nati il Blupum a Ivrea, il Mulino a Vino a New York, lo Scabeat a Roma, il QB a Torino e ora il Carlo e Camillo: realtà dove la scena è tutta per la trippa alla romana, le tagliatelle al ragù, il vitello tonnato, le bombette pugliesi…”.
Un menù variegato, colorato e ricchissimo, grazie al quale esplorare la Penisola da Nord a Sud con i suoi sapori e i suoi produttori; una sorta di viaggio che però parte e torna in Piemonte, non solo perché siamo a Torino ma anche – soprattutto – perché il Piemonte è forse l’unica regione italiana a vantare fin dal XIX secolo una triplice tradizione gastronomica: quella dell’aristocrazia, quella del popolo e quella borghese, come dimostra la pubblicazione del 1864 del libretto Cucina Borghese semplice ed economica stilato dal cuoco di Corte Giovanni Vialardi.
Nella Cucina Borghese sono presenti quei piatti di cuisine bourgeoise tipici della quotidianità della classe media e che poi sarebbero diventati oggetto dei primi due libri considerati di “cucina italiana”, il famoso Artusi del 1891, e il meno noto – ma più completo – La nuova cucina delle specialità regionali dell’Agnetti, del 1909. I piatti del Bistrot saranno questo: italiani, ricercati e al tempo stesso popolari, con una selezione di ingredienti di alto livello e con porzioni generose da condividere con gli altri commensali. Ovviamente la “scarpetta” è obbligatoria.
“Il mio obiettivo – prosegue Scabin – è rendere il Carlo e Camillo un luogo che i torinesi possano sentire loro, dove abbiano voglia di tornare per mangiare quel piatto che li ha stupiti o per ritrovare quell’atmosfera che li ha fatti sentire a casa. E che ai viaggiatori di passaggio rimanga nel cuore, come un souvenir goloso della loro visita a Torino”.
E di piatti golosi al bistrot ce ne sono davvero tanti, da antipasti come il “Tour A Palazzo Madama” compendio dei tre classici Vitello tonnato, Insalata russa e Carne cruda (rigorosamente di razza piemontese da Fassona) alla Mozzarella, ma esclusivamente di bufala del famoso caseificio Barlotti di Paestum, amato dai grandi chef, dal ceviche di ricciola alla tartare di tonno rosso.
Per i primi è un “giro d’Italia”, tra spaghettoni alla amatriciana e tonnarelli freschi cacio e pepe (Lazio), trofie al pesto alla genovese (Liguria), orecchiette fresche con cime di rapa e briciole (Puglia), mezze maniche di pasta fresca con pomodoro e basilico (Campania).
Si ritorna in Piemonte con il piccolo carpione piemontese con giardiniera e salvia fritta (e anche qui il ricordo delle mamme torna forte) e le costine di Fassona glassate al forno e, sempre 100% Fassona, il wurstel, perché anche i piemontesi li sanno fare!
Ma le lussuriose pugliesissime bombette della valle d’itria con fave e cicoria fanno venire l’acquolina in bocca e dimenticare la dieta!
Spazio anche ad una interpretazione della storica “milanese” – ma anche qui la carne è la Fassona piemontese – proposta in tre insolite e deliziose versioni: Margherita (carpaccio di pomodoro, mozzarella di bufala e basilico), Prosciutto e funghi (prosciutto cotto “San Giovanni”, funghi cardoncelli trifolati e sugo d’arrosto) e Diavola (filetti di pomodoro, stracciatella di bufala e salame piccante).
Voglia di pizza? Eccola! La pizza alla pala di Sergio Scovazzo, Bakery Chef del panificio “Grano” di Santena, 3 Pani del Gambero Rosso 2023, e fornitore anche di pane e grissini.
Le insalatone sono ricche, complete e gustose, tra le tante segnaliamo l’originale “Anguria e peperone di Carmagnola”.
Una indicazione a parte riguarda due classici regionali del sous-chef brasiliano Gustavo Série: il “Bobó de camarão” – stufato di gamberi in crema di manioca, con riso pilaf, piatto tipico dello Stato di Bahia, la capitale culinaria del Brasile e il “Frango com quiabo” – delizioso stufato di pollo con okra (gombo) – piatto tipico dello Stato del Minas Gerais e di Rio de Janeiro.
Infine i dolci non possono che essere una rassegna golosissima di specialità torinesi e piemontesi con qualche classico italiano come l’immancabile Tiramisù (what else?).
Con queste meravigliose proposte si può dar torto alla scelta di Davide Scabin di un’offerta accuratamente selezionata della cucina nazionale? Noi affermiamo che ancora una volta ha colpito nel segno con ragione assoluta, soprattutto nei confronti di una città che, grazie anche ai grandi eventi di respiro internazionale che si sono svolti negli ultimi anni e sono programmati anche per i prossimi, ha visto moltiplicarsi i turisti sia dall’Italia sia dall’estero.
Perché il cibo cucinato e mangiato è un momento di piacere, certamente, ma anche di scambio e conoscenza, perché proporre cucina italiana non è semplicemente stilare un menù, ma è una assunzione di responsabilità precisa nei confronti del gusto e della cultura che rappresenta, e dalla quale è rappresentato. Per questo dall’imminente 2024 il “Carlo e Camillo” diventerà anche promotore di incontri e racconti, dove ad essere protagonisti saranno personaggi che, nei rispettivi ambiti professionali – produzione, arte, insegnamento, attivismo, ecc… – la responsabilità se la sono assunta a volte dando vita a vere e proprie rivoluzioni.
Nel frattempo, una piccola, golosa e significativa innovazione è già in atto.
Carlo e Camillo Bistrot
- Via Carlo Alberto 35, Torino
- tel +39 011 517 0171
- dal martedì alla domenica a pranzo 12.30-15.00
- dal martedì al sabato a cena 19.30-23.00
Info:
Paolo Alciati & Enza D’Amato