La squadra…è questo il limite di tanti ristoranti che ambiscono all’eccellenza, e magari in cucina lo meritano, ma che sono penalizzati dallo scarso livello dei collaboratori in sala.
Bene, al ristorante Moma di Roma tutto questo non accade.
Per questo motivo voglio cominciare proprio dall’ottima squadra dei collaboratori di Andrea Pasqualucci, chef di grande futuro e con un garbo raro che traspare nelle sue proposte: una squadra di giovani ragazzi di ottimo livello, coordinati tra loro e non frenetici, educati (altra cosa rara) ed eleganti nei modi, preparati ma non saccenti, attenti ma non invadenti, zelanti…ma senza eccessi. E simpatia che brilla nei loro volti.
Non sempre tutti questi pregi li ho ritrovati in altri ristoranti stellati, dove mi aspetto che tutto funzioni come un orologio mentre a volte, purtroppo, emergono pecche imperdonabili.
Il team del Moma, invece, ha entusiasmo e passione, e svolge egregiamente il difficile compito di collegare chi vuole provare emozioni golose seduto al proprio tavolo e chi le emozioni le vuole provocare con i suoi raffinati piatti.
E i ragazzi – ne cito due tra tutti, il sommelier Federico Silvi e il maître Federico Cucchiarelli – ci riescono benissimo, ti mettono a tuo agio (a volte basta un sorriso, una parola gentile…e siamo alla terza cosa rara!) e in questo modo ti siedi al tavolo ben predisposto a gustare una cucina che lascia il segno, quella del trentatreenne chef Andrea Pasqualucci, stellato dal 2018, con ottime esperienze iniziate da Oliver Glowig all’Aldrovandi e poi a Senigallia, alla Madonnina del Pescatore dal grande Moreno Cedroni, due chef bi-stellati che lo hanno formato e preparato al grande salto che Andrea ha compiuto dopo aver conosciuto i fratelli Gastone e Franco Pierini, proprietari del ristorante Moma – acronimo che fa riferimento al famosissimo museo di New York, il Museum Of Modern Art – che nella loro idea di ristorazione avevano già intrinseca l’intenzione di celebrare “l’arte gastronomica”, anche perché un piatto ben eseguito è sicuramente un’opera d’arte.
“Nella mia testa avevo in mente uno spazio semplice, lineare, luminoso – commenta Gastone Pierini – ispirato ai grandi architetti del secolo scorso, su tutti Oscar Niemeyer, il creatore di Brasilia che perseguiva lo spettacolo dell’architettura. E pensando che anche il cibo dovesse essere uno spettacolo abbiamo realizzato una scenografia che gli fosse congeniale: materiali di grande pregio, come il travertino e il legno naturale, avrebbero dato la giusta importanza ad opere di “arte gastronomica”.
Prima ancora che i termini sostenibilità ed eticità divenissero di uso comune, Pasqualucci ne ha fatto il suo credo attraverso la quotidiana applicazione dei principi della cucina “anti-spreco”, come un tempo era chiamata, o “cucina circolare” così come l’ha definita Igles Corelli, di cui ha depositato nome e marchio sin dal 2012: “…circolare perché lo stesso ingrediente viene declinato in diversi modi in base ai diversi metodi di preparazione e cottura che permettono di ottenere diverse consistenze, gusti e aspetti partendo dalla stessa materia prima”.
Il locale sfrutta infatti una doppia anima: quella del bistrot al piano inferiore, dai toni contemporanei e vivaci, che si esprime attraverso un’offerta gastronomica non troppo complessa, eclettica e gustosa a ottimi livelli, e quella stellata del piano superiore, sofisticata, elegante e di ricerca. Una doppia anima che consente di mettere a sistema il ristorante gourmet con il bistrot, facendo in modo che tutto ciò che non serve nel laboratorio del primo, venga utilizzato in quello del secondo in un processo ciclico che si evolve da ingrediente semplice a preparazione complessa e viceversa.
Il fine dining dello chef passa attraverso l’utilizzo di tagli meno nobili, poveri come il quinto quarto e il pesce azzurro, e dalla sua abilità di renderli protagonisti di piatti eccellenti.
La sua è una cucina senza inutili fronzoli, una cucina semplice ma raffinata che conduce chi la gusta al ricordo di piatti dell’infanzia e anche allo stupore della pulizia gustativa, in contrasto con l’opulenza e la grassezza degli stessi piatti di antica memoria.
Less is more, il famoso pensiero dell’architetto tedesco Ludwig Mies van der Rohe, vale anche per la filosofia di cucina di Pasqualucci… ingredienti pochi e riconoscibili, sapori non in contrasto tra loro ma equilibrati e impiattamento godibile e mai astruso, creatività mai fuori misura. Concretezza über alles! Cucina popolare? Sì, ma nel significato più esteso possibile: godibile e comprensibile per tutti, nessun esercizio di stile fine a sé stesso. E in più, etica e sostenibile. Bingo!
Significativa la frase stampata in apertura della loro Carta: “La preziosa semplicità della qualità più autentica è il primo ingrediente della nostra cucina, dove assaporare l’incontro tra tradizione e originalità creativa. Ogni piatto è trionfo di stagionalità e freschezza delle migliori materie prime, provenienti solo da piccoli produttori e lontane dalla grande distribuzione. Questa è la nostra filosofia. Benvenuti al Ristorante Moma”.
Tra i piatti presentati dallo chef Pasqualucci, e ottimamente descritti dal maître Federico Cucchiarelli, emergono – sia nel gusto sia nella pura presentazione estetica – gli amuse bouche, insoliti e originali, che introducono al meglio il suo ”Orto di stagione in giardiniera”: crumble salato e verdurine croccanti, tra le quali una selezione di foglie di cavolo, in un agrodolce non aggressivo, un gioco di colori che ti invita già a gustarlo con gli occhi e i “Rigatoni, rapa rossa, Gorgonzola Riserva e pimpinella”, anche qui il colore gioca un effetto importante e al palato è la pimpinella che dona una nota vegetale fresca e piacevolissima (piccola annotazione: la pasta al dente come la fanno a Roma non la si mangia da nessun’altra parte…maestri!).
Eccellente esempio di cucina circolare è il “Piccione, ciliegie e scalogno in agrodolce” in cui ogni parte del volatile viene esaltata nei vari elementi del piatto: un paté delle sue interiora va a creare la farcia delle ciliegie, le alette e le cosce sono trasformate in golosi arancini fritti, il petto, scottato alla perfezione, viene invece irrorato da una salsa ottenuta con il fondo ricavato dalle ossa.
A completamento di questa gustosa proposta una squisita crème brûlée ottenuta con i suoi fegatini.
Proseguendo nella gestione “circolare” dell’animale, davvero interessante è l’utilizzo delle frattaglie, quel quinto quarto che una volta era considerato cucina povera e oggi è fortunatamente tornato di moda e trova una ottima esecuzione nelle “Animelle croccanti, bagna cauda e salsa alla cacciatora”, cotte nel burro chiarificato, croccanti all’esterno e morbidissime all’interno, vengono abbinate ad una salsa tipica piemontese, la bagna cauda, che qui è alleggerita nel sapore per non sopraffare il gusto delle delicate animelle.
Il burro è protagonista anche della salsa che nappa il pesce, piatto molto ben abbinato dal sommelier Federico Silvi con il bianco biodinamico “Follia” dell’azienda Piana dei Castelli, blend di 5 uvaggi – Grechetto, Malvasia Puntinata, Sauvignon Blanc, Trebbiano Dorato e Riesling – raccolti tutti a maturazioni differenti, alcuni sovramaturi e muffati.
Segue un pre dessert che rinfresca il palato e prepara ad un insolito “Soffice di polenta, chantilly alla vaniglia, salsa all’uva e Cognac”.
Molto apprezzato perché non stucchevole e una golosa “Brioche, zabaione al marsala Marco de Bartoli e visciole”, abbinata al Marsala Oro Superiore Riserva 2004 ovviamente di Marco de Bartoli, un sorso amabile ed elegante che, come si dice, ti riconcilia col mondo! Un plauso alla pastry chef Teresa Climati, anche per le coccole finali.
Cucina non solo raffinata, quindi, ma intelligente, delicata ed educata da parte di un giovane cuoco che ha già un radioso futuro, che non ricerca superflui orpelli e difficili equilibrismi ma piuttosto pochi ingredienti e di altissima qualità, meglio se di filiera corta grazie a piccoli produttori locali selezionati, così da scongiurare l’omologazione, e rispettoso del cliente e di ciò che gli presenta nel piatto.
La buona cucina appaga e al Moma la soddisfazione è assicurata.
MOMA
- Via di San Basilio, 42 – Roma
- Tel. 06 42011798
- www.ristorantemoma.it
Paolo Alciati