Passione, conoscenza e la voglia di scommettere sul proprio territorio in un momento in cui i rubinetti dei finanziamenti si chiudono e trovare qualcuno disposto a investire per la ricerca su un prodotto di nicchia è quasi una chimera.
Una bella storia di vino e futuro arriva dal territorio di Gambellara, a cavallo tra le province di Vicenza e Verona, dove si produce uno dei tre vin santi nazionali.
Una vera e propria chicca enologica del Veneto, la cui produzione si è fortemente ridotta negli ultimi anni, tanto da portare nel 2004 il Consorzio Tutela Vini Gambellara, insieme ad altri partner territoriali, ad avviare un progetto triennale di miglioramento e riscoperta del prodotto.
I positivi risultati raggiunti hanno portato a un rilancio della ricerca negli anni a seguire.
Insieme al Dipartimento di Viticultura ed Enologia e il Dipartimento di Microbiologia dell’Università di Verona, è stato scoperto di recente il lievito indigeno – mai catalogato prima e legato indissolubilmente al territorio di Gambellara – in grado di rendere unico il Vin Santo di Gambellara (Zygosaccharomyces gambellarensis)
Sono stati isolati, inoltre, cinque ceppi di lieviti autoctoni capaci di ottimizzare la fermentazione e contrastare l’acido acetico che può conferire al vino odori e sapori negativi.
Da qui sono partite produzioni sperimentali di Vin Santo di Gambellara attraverso microvinificazioni che arrivano oggi per la prima volta sul mercato, ma proprio sul più bello l’intero progetto rischia di essere compromesso dalla mancanza dei fondi necessari a continuare il progetto di ricerca.
Lasciare perdere tutto? Niente affato: quattro giovani vigneron (Nicola Menti, Luca Framarin, Michele Zonin e Vincenzo Vignato) hanno deciso di rimboccarsi le maniche, accettando di diventare, oltre a viticoltori e studiosi, anche ambasciatori del progetto insieme ai loro colleghi del Consorzio di Tutela.
D. redazione Turismo del gusto
Fonte Ufficio Stampa
Credit Photo Ufficio Stampa