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Liberare il Prigioniero, come? Degustandolo

28 Maggio 2014 by Redazione Tdg

Come un piccolo e prezioso smeraldo, la verde Valle d’Aosta, incastonata tra Francia, Svizzera e Piemonte è la più piccola delle regioni italiane ma generosa di grandi preziosità: vitigni internazionali, extraregionali e coltivazioni autoctone, tipiche dell’arco alpino. La terra valdostana è senza eguali, le viti s’innalzano ad altezze proibitive, la fillossera è una sconosciuta e i vigneti a gradoni sono i più alti d’Europa. Petit rouge, vien de nus, neyret, prëmetta, mayolet, neblou, fumin, petite arvine, cornalin e prié blanc danno vita a vini irripetibili, unici al mondo. C’è un vino che più di tutti gli altri si erge a vessillo di questa peculiarità, un vino fuori dagli schemi, prigioniero della sua unicità: Le Prisonnier di Maison Anselmet.
Un vino senza eguali, un vino con un passato a garanzia del suo futuro.
 
La Storia del Prigioniero
Questa è la storia di una vigna prigioniera, imprigionata dalla natura tra due grandi formazioni rocciose e imprigionata dall’uomo con i suoi disciplinari.
Questa vigna dal lungo passato, si parla di due secoli fa, è costituita da sette terrazze situate a 800 m s.l.m., ed è protetta quasi in un abbraccio da due angeli custodi, le formazioni rocciose, che le assicurano una doppia escursione termica. Al mattino la vigna è avvolta dalle basse temperature che durante il giorno risalgono e quando poi alla sera la temperatura tende a calare nuovamente, il calore della roccia trattenuto durante il giorno mitiga questa condizione e nella notte il calore viene rilasciato in modo significativo. Questa doppia escursione regala all’uva un bilanciamento tra acidità e zuccheri di raro equilibrio.
Il risultato è Le Prisonnier, un vino nato un po’ per caso!
Essendo situata in piena zona di produzione del VdA Torrette Dop, il destino di questa vigna era abbastanza segnato, ma gli Anselmet hanno riscontrato che la percentuale di uva Petit Rouge non era sufficiente per rispettare le proporzioni di uvaggio necessarie per rientrare nel disciplinare di produzione del VdA Torrette Dop.
Si è fatta quindi strada l’intenzione di espiantare un numero notevole di vitigni per poter rientrare nei criteri della Doc.
Il caso o la fortuna hanno voluto che l’espianto fosse rimandato e visto che l’uva c’era tanto valeva vendemmiare. Non per caso o per fortuna, ma grazie ad un’approfondita ricerca, Giorgio Anselmet decide di sperimentare adottando un metodo di vinificazione risalente a documentazioni del 1800 che definivano, il vino prodotto da questa vigna, come il migliore di tutta la penisola.
L’intuizione di Giorgio si rivelò vincente.
La passione del Vigneron per la sua terra, per le sue vigne, per i suoi vini lo avevano portato alla nascita di Le Prisonnier determinando un risultato talmente sorprendente e inaspettato che la vigna venne lasciata dolcemente imprigionata tra le rocce, ma libera dai disciplinari, libera di dare un vino unico.
Le Prisonnier, una vigna imprigionata, un vino libero!

Filed Under: Tuttodrink Tagged With: Vini rossi

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