Pare che Clark Gable, padre putativo di tutti i belli e tenebrosi del cinema, fosse un consumatore seriale di Gin Tonic, e lo stesso dicasi per Humphrey Bogart, che amava ripetere “Mai fidarsi di chi non beve”.
Ma non erano i soli, fra le colline di Hollywood, a consumare litri di uno dei distillati alcolici più celebri, nato per puro caso in Olanda alla metà del Seicento dagli esperimenti di un medico che cercava un rimedio contro la febbre che affliggeva le truppe mandate in India. I soldati non guarivano, in tutta sincerità, ma almeno sopportavano la malattia con un umore a volte imbarazzante.
Da allora, il destino del Gin si è legato ad almeno una dozzina di cocktail, fra quelli riconosciuti ufficialmente, tanto da renderlo ancora oggi uno dei liquori più apprezzati di sempre, malgrado una recente ricerca dell’Università di Innsbruck abbia dimostrato che una caratteristica comune fra i bevitori di Gin Tonic sia una certa dose di aggressività, si sospetta dovuta alle piccole quantità di veleno proprie di alcune erbe.
Ricerca che non offusca la popolarità del Gin che anzi, si rilancia addirittura scoprendo che in Irlanda, a Drogheda, contea di Louth, ad una settantina mal contata di km da Dublino, fra scogliere a piombo e campi d’erica a perdita d’occhio, è nata la prima “Gin School”, una scuola in cui sotto la guida di bartender esperti è possibile imparare i migliori abbinamenti, per tornare a casa certi di fare un figurone con gli amici al momento del cocktail.
A organizzarla è la “Listoke Distillery”, distilleria ospitata in un edificio risalente al Duecento, circondata da un giardino popolato da piante e animali, che oltre a realizzare il “1777”, un gin con 43,3% di gradazione alcolica, vero fiore all’occhiello della produzione e frutto di una ricetta segretissima da cui filtra solo la presenza di note di pino e agrumi, ha pensato fosse simpatico assai ospitare frotte di cultori del “ballon”, il tipico bicchiere panciuto da gin.
In pratica, al costo di 95 euro si accede ad un programma che inizia con una bella visita alla distilleria, seguita da cenni di storia del gin e dai tre principali filoni sensoriali su cui si articola il mercato attualmente (speziato, agrumato, floreale), per poi arrivare alla creazione della propria bottiglia, scegliendo secondo gusti e piaceri le erbe da abbinare, dopo qualche nozione basilare di botanica.
Si assaggia, si prova, si assaggia di nuovo, si imbottiglia, si assaggia ancora e addirittura si crea la propria etichetta, unica e irripetibile.
Alla fine si brinda, e chi pensa di riuscire a guidare è libero di tornare a casa. Gli altri possono aspettare senza problemi, fra gufi, papere e ibruprofene in capsule.
Germano Longo