Non è solo una enoteca, non è un vero ristorante (però Matteo Garitta, il cuoco, è bravo, eccome se è bravo!), ma è un locale davvero speciale. Orma è un luogo torinese dove si ha l’opportunità di bere vini importanti e mangiare piuttosto bene in un contesto conviviale, vivo ed energico.
Aperta in piena pandemia ha saputo, in poco più di due anni, reinventarsi e crescere. Da enoteca con piattini e tapas a locale di riferimento nel quartiere Vanchiglia per il bere bene, con una proposta gastronomica un po’ ristretta, ma qualitativamente paragonabile a quella di un ottimo ristorante.
Orma è figlia di un movimento, creato anni fa da ristoratori ed enotecari del capoluogo piemontese, che prima di tutti hanno fatto la rivoluzione (e rischiato) in ambito enogastronomico, portando concetti nuovi in città. Alle spalle c’è tanta ricerca, sia in cantina sia in cucina, e non per questo si considerano un luogo elitario. Se oggi a Torino abbiamo la possibilità di bere vini non convenzionali in svariati locali, lo dobbiamo anche a loro.
La selezione delle bottiglie è basata esclusivamente su produttori che hanno le capacità di creare vini senza ricorrere alla chimica in vigna, intervenendo il meno possibile in cantina, realizzando vini liberi in grado di esprimere al massimo le potenzialità dell’uva e del proprio terroir.
Spiega Tommaso Mancini, uno dei tre proprietari, insieme a Matteo Garitta e Tobia Orrù: “Abbiamo le idee molto chiare su quali vini ci possano piacere. Solo nel mondo del “non convenzionale” troviamo quelli che ci conquistano. Sono vini tesissimi la cui trama si fonda tutta su note salate, sapide, minerali e acide.
In cucina si prediligono temi di contrasti gustativi, in grado di sollecitare mente e palato, con il supporto di vini che abbiano le caratteristiche di sostenere il gioco. La nostra idea di cucina è espressione della fusione interculturale torinese. Cucina di territorio a Torino per noi è un concetto di difficile identificazione; un incontro di culture iniziato negli anni del boom economico, con le prime emigrazioni in massa dal meridione, proseguito nel tempo da contaminazioni culinarie nord africane ed asiatiche per fare degli esempi.
Da torinesi quali siamo per noi è naturale inquadrare la tradizione piemontese in un contesto multietnico. Siamo professionalmente nati e cresciuti in borgo Vanchiglia. Sappiamo che è un quartiere che ha senz’altro le sue criticità, recentemente è uscito spesso alla ribalta per le sue evidenti problematiche, dovute anche ad un contesto sociale attuale non dei più rosei.
Noi, come altre realtà virtuose “vanchigliesi”, speriamo di essere la prova che esista una luce nuova e un futuro roseo per questo pezzo di città”.
Il ragionamento di Tommaso analizza quindi la città e la popolazione nella sua interezza e il fatto che oramai, con l’integrazione multirazziale, non si può più parlare di cucina solo torinese, anche perché la cucina delle altre regioni italiane, quella cinese e orientale in genere, quella indiana, quella peruviana e tante altre, sono molto diffuse, frequentate e apprezzate e non ha più senso identificare una sola tipologia di cucina come quella tipica locale.
E in effetti, a conferma delle sue parole, il menù presenta piatti insoliti, con influenze di ogni tipo e di ottima fattura: dalla squisita “Piadina araba con prugne secche, feta, menta, miele e noci” alla elegante “Lingua di suocera, patè di fegatini, vermouth e arancia” o al delizioso “Paninetto con pancetta, kimchi e maionese al sesamo” che nel menù rientrano nella lista delle “sciocchezze”, ma che sciocchezze proprio non sono, tanto sono ghiotte.
Sotto la voce “piatti” rientrano delizie trasversali, né primi, né secondi convenzionali, ma commistioni di più cucine, con risultati sorprendenti.
Ecco che il tipico “capunet”, ossia l’involtino piemontese di verza con ripieno di carne, qui viene riempito con miglio e lenticchie e accompagnato ad una salsa di patate dolci e miso; o il classico ceviche di pesce – piatto bandiera della cucina peruviana composto da pesce fresco, ajì limo, peperoncino, lime, cipolla, coriandolo, peperone, brodo di pesce e sale – utilizza il bergamotto come agrume per “cuocere” le carni di ombrina; e al risotto con salsa di midollo vengono aggiunti limone e liquirizia per dare acidità e un briciolo di dolce/amaro che ben puliscono il palato dall’untuosità del midollo.
Non mancano però sia un piatto autunnale che non ha territorio ed è un concentrato di profumi e gusto, “Funghi: Crema di champignon, finferli sotto’olio, cardoncello scottato e spugna di porcino”, sia il classico vitello tonnato, piatto senza età e sempre gradito da tutti.
I prezzi sono particolarmente interessanti e il locale è aperto 7 giorni su 7, solo a cena, con una interessantissima scelta tra oltre 700 referenze di vini naturali tra Francia, Italia e resto del mondo.
Orma Vini
- Via Sant’Ottavio 52D – Torino
- Tel: 011 0567367
- www.facebook.com/OrmaVini
Paolo Alciati e Enza D’Amato