Diversity Ark è un marchio di certificazione creato al fine di preservare la biodiversità dei sistemi agricoli dall’azione snaturante dell’uomo, coniugando le esigenze dei coltivatori con l’imprescindibile rispetto nei confronti dell’ambiente.
La società è nata grazie all’impegno degli agronomi Stefano Amadeo, Stefano Zaninotti e amministrata da Luigi Vignaduzzi, le cui esperienze, seppur diverse, sono accomunate dalla volontà di tutelare la natura attraverso l’impiego di un metodo scientifico chiaro e trasparente, garantendo alle aziende aderenti una burocrazia snella per ottenere questa certificazione.
Il nome del marchio, spiega Amadeo, rappresenta l’Arca sulla quale portare in salvo tutti gli esseri viventi, dalla cui salute dipende anche quella del suolo e, di conseguenza, la nostra.
La produttività agricola è infatti strettamente correlata alla salute del suolo, messa a dura prova da fertilizzanti, pesticidi, plastica e dall’assenza di una copertura erbacea, tutti stress ingigantiti dall’utilizzo improprio di questa matrice vivente, nata per produrre e resa improduttiva dall’intervento dell’uomo.
La certificazione Diversity Ark si ottiene attraverso la valutazione dell’ecosistema agricolo e premia i produttori che hanno a cuore la salute del territorio che coltivano, dimostrando un impiego virtuoso del suolo e dell’ambiente. Il team esegue rigorose analisi che attestano la biodiversità dell’area agricola a più livelli; viene valutata la composizione chimico-fisica e biologica del suolo, indicandone l’indice di fertilità biologica (IBF) e viene descritta la quantità e la varietà degli artropodi presenti nell’agrosistema, ottimi indicatori ambientali. Un’analisi botanica consente inoltre di valutare il rapporto che si instaura tra le piante selvatiche e coltivate, autoctone e aliene, ottenendo informazioni utili per determinare gli equilibri agro-ecologici. Infine, viene osservato un rigido disciplinare che vieta l’uso di sostanze sospette cancerogene e diserbanti e limita l’utilizzo della plastica, consentendo di certificare, in questo modo, l’acquisto di un prodotto sano e coltivato nel rispetto dei più alti standard ambientali da parte del consumatore.
Le considerazioni tratte da questi e molti altri elementi, consente alle aziende più meritevoli di ottenere una certificazione del tutto complementare a quella biologica, che dunque stabilisce la capacità di “produrre insieme alla natura”, ricalcando il motto della società.
Fortunatamente, sono molti i produttori vinicoli che adottano questi stessi principi conservativi e ciò ha portato loro a conoscere Diversity Ark ed il suo team, facendo nascere molte collaborazioni specialmente nel nord Italia e in Istria. La società non poteva scegliere scenario migliore se non quello friulano per raccontare la storia delle aziende vinicole più sostenibili, nella meravigliosa cornice di questa terra unica e storicamente importante per il nostro paese.
Nonostante il Friuli-Venezia Giulia sia una delle regioni più piccole d’Italia, vanta territori tra i maggiormente diversificati che discendono dalle Alpi Carniche, passando per la pianura Padano-Veneta fino al ventoso golfo di Trieste, un vero e proprio paradiso di biodiversità. Da questo intreccio paesaggistico nasce, nell’estremo Est, il Collio, gemello del Brda sloveno, mezzaluna fertile che unisce le montagne al mare regalando caratteristiche uniche al vino, qui coltivato sin dall’epoca Romana.
Il Collio si ritrova infatti in una posizione strategica: è compreso tra i fiumi Judrio e Isonzo, mentre la corona Prealpina lo protegge dai venti freddi, generando così un microclima unico per la coltivazione della vite. I vigneti si estendono per 1500 ettari esposti al sole e rigorosamente al di sopra dei 50 metri s.l.m., poiché solo in queste zone si trova questo suolo unico e distintivo che hanno reso questa regione la prima DOC del Friuli.
Tuttavia, il motivo dell’eccellente qualità dei vini che produce è custodito più in profondità, nel cuore della sua terra. La Ponca infatti, rappresenta il vero segreto del Collio, un’unione vincente di marna ed arenaria capace di drenare l’acqua in eccesso pur conservandone piccole quantità, carattere essenziale durante periodi siccitosi o particolarmente caldi. Il terroir del Collio deve la sapidità dei suoi vini bianchi proprio alla Ponca che spinge le radici della vite a cercare più in profondità il loro nutrimento, arricchendosi dei minerali che piacevolmente si ritrovano nel bicchiere.
Il Collio è dunque un tesoro prezioso del Friuli e i produttori friulani sanno come preservarlo. Per valorizzare l’impegno dei coltivatori, Diversity Ark ha conferito la sua certificazione a numerose aziende friulane, custodite proprio in questa terra di confine ma che di confini non ne conosce affatto. Questa stessa filosofia è ripercorsa da Robert Princic, proprietario dall’azienda agricola Gradis’ciutta, situata a San Floriano del Collio, nei pressi di Gorizia.
Il nome venne scelto da Robert nel 1997 così da rievocare la familiarità ed il sentimento provato per il territorio natale dell’azienda che, come la vite, affonda le sue radici nella tradizione contadina. L’impegno e la passione dell’azienda perdurano da generazioni e hanno consentito di raggiungere una superficie di 50 ettari vitati suddivisi tra Collio e Brda, oltre al centro di ospitalità messo a disposizione per l’accoglienza turistica, frutto della valorizzazione di un magnifico palazzo del ’500 dove un imponente tiglio, simbolo del Borgo, la fa da padrone.
Nel 2018 Gradis’ciutta ha ottenuto la certificazione biologica, attestando la perseveranza dell’azienda nel creare vini di qualità eccellente nel rispetto dei lavoratori, della sostenibilità e della biodiversità. L’approccio, seppur tradizionale, è rafforzato da solidi controlli scientifici, dimostratisi fondamentali per monitorare con costanza ed efficacia le condizioni del vigneto. A rafforzare i principi di sostenibilità dell’azienda, anche la posizione defilata dalle realtà cittadine ricopre un ruolo non da poco ai fini della certificazione. Il borgo, avvolto da ricchi boschi, è infatti immerso nel silenzio e lontano dalle luci che, oltre ad essere caratteristiche ricercate da ogni turista, rappresenta un luogo poco trafficato dove gli animali possono muoversi indisturbati. Oltre a tutelare il benessere degli animali, queste risorse naturali possono anche essere utilizzate per la vigna stessa. I tronchi degli alberi di acacia, ad esempio, possono fungere da pali per vigneto durevoli e resistenti, sostituendo quelli di metallo o di cemento. La vicinanza agli alberi, racconta Robert, permette di allevare alcune api che, oltre a produrre miele, evitano che gli acini danneggiati marciscano, mantenendo in salute il vigneto.
Vicino ai filari si ritrovano inoltre alcuni salici piangenti dai cui rami si possono ricavare ottimi legacci sostitutivi a quelli di plastica che tristemente finiscono nel terreno.
Degno di nota è l’impegno di Robert Princic e Matia Cetrtic nel creare un vino senza frontiere, il Sinefinis, letteralmente “senza confine”, le cui uve riuniscono i vitigni del Brda sloveno e del Collio italiano.
Nella poco distante Scriò, sulla cima del Collio, si trova Tenuta Stella, azienda il cui nome deriva dalla soffieria fondata negli anni ’40 da Sergio Stevanato, noto imprenditore padovano.
Nel 2009 la passione per i vini lo ha condotto ad erigere la Tenuta, oggi gestita da una coppia di esperti. L’enologa Erika Barbieri e l’agronomo Alberto Faggiani coltivano vitigni autoctoni che si sviluppano su ripide colline per circa 15 ettari, circondati da altri 40 di bosco. Le alte gradinate dei vigneti ed il contatto con la natura concedono le aree incolte necessarie allo sviluppo della biodiversità, fattori che hanno portato ad ottenere la certificazione Diversity Ark.
Più a ovest, sulle colline di Buttrio, è possibile visitare l’azienda Meroi, fondata nel 1920 da Domenico “Dominin” Meroi, bisnonno dell’attuale proprietario Paolo. Nel rispetto della tradizione e dell’ambiente si coltivano vitigni pregiati come Merlot, Refosco e l’immancabile Ribolla Gialla friulana. Le colture si estendono su di una ventina di ettari verdeggianti, raggiunti anche grazie al recente acquisto del vigneto “Zitelle”, un tempo proprietà dell’omonimo Ordine di Suore di Buttrio. Passeggiando tra le vigne si possono inoltre osservare dei piccoli percorsi discendere verso il bosco, importanti corridoi ecologici che segnalano gli spostamenti degli animali in questi paesaggi naturali.
Scendendo lungo le colline è possibile affacciarsi su una pianura protetta dalle montagne che, seppur lontane, smorzano il vento ed offrono uno sfondo mozzafiato per il territorio della DOC Isonzo.
Distante dai profili arrotondati del Collio sorgono vigneti più appiattiti che si sviluppano su terreni argillosi, ma anche calcarei e ciottolosi, con un colore rossastro dato dal ferro e dal manganese, caratteristiche che conferiscono al vino la mineralità fedele al terroir d’origine. Proprio qui sorge Tenuta Luisa, un’azienda signorile che da quasi un secolo unisce l’eleganza e la tradizione del vino alla tecnologia attraverso un’atmosfera familiare che difficilmente si respira altrove. L’azienda, nata negli anni ’30, è guidata dall’esperienza di due fratelli, Michele e Davide Luisa, i cui vigneti si estendono a perdita d’occhio su oltre 110 ettari sparsi tra le località di Cormôns e Corona. Inoltre, come spiegano gli esperti di Diversity Ark, l’abbondante presenza di lombrichi nel suolo indica l’utilizzo consapevole delle risorse, confermando la sostenibilità dell’agrosistema. Oltre a ciò, Tenuta Luisa offre ai visitatori la possibilità di soggiornare presso l’antica casa di famiglia, trasformata oggi in un elegante Wine Resort. Una meta irrinunciabile per i turisti e gli amanti del vino che attraversano questi luoghi dove la bellezza del territorio incontra la tranquillità ed il benessere.
Marco Mellano