Appius è l’antico nome latino di Appiano, territorio vinicolo altoatesino risalente ai tempi dei Romani e, al giorno d’oggi, una delle migliori zone italiane di produzione di vini bianchi d’eccellenza
Dieci anni, dieci vendemmie, dieci Appius. Questo è il risultato di un grandissimo lavoro di vinificazioni, di degustazioni e di assemblaggi che Hans Terzer, uno dei più grandi enologi al mondo altresì definito dalla rivista VINUM “La leggenda vivente del vino dell’Alto Adige” o anche “Il mago dei bianchi”, ha tradotto in un vino esclusivo dal nome intimamente legato alla sua terra d’origine.
Appius, infatti, è l’antico nome latino di Appiano, territorio vinicolo altoatesino risalente ai tempi dei Romani e, al giorno d’oggi, una delle migliori zone italiane di produzione di vini bianchi d’eccellenza. Un terroir caratterizzato da terreni calcarei, porfirici, morenici ed un microclima influenzato da importanti escursioni termiche, temperature miti e freschi venti notturni che conferiscono ai vini preziosi profumi, inconfondibile mineralità e aromi complessi.
Terzer è il winemaker della Kellerei St. Michael-Eppan, cantina con 114 anni di storia, che ha festeggiato la decima edizione di Appius, annata 2019, una cuvée da sogno creata con selezioni di uvaggi personalmente da lui individuati che hanno raggiunto la massima espressione dei più preziosi vitigni a bacca bianca di quella vendemmia e ottenuta realizzando un assemblaggio di Chardonnay (60%), Pinot grigio (15%), Pinot bianco (13%) e Sauvignon blanc (12%). Un insieme di aromi avvolgenti, profumi inebrianti, dai fruttati a quelli più intensi grazie ad un’annata caratterizzata da un’estate ed un inizio d’autunno climaticamente ideali. Appius è il frutto di un meticoloso lavoro di selezione in vigna, della lavorazione individuale in cantina, di un accurato assemblaggio finale e questa edizione dimostra un profilo lineare, dritto e preciso, votato alla longevità.
La vinificazione inizia con la fermentazione alcolica e malolattica dello Chardonnay e dei due Pinot e con un successivo affinamento in barrique/tonneaux. Si procede all’assemblaggio dopo un anno e un ulteriore affinamento sui lieviti per tre anni in tini di acciaio inox, di cui due sulle fecce fini.
All’esame visivo si presenta limpido con un colore giallo paglierino e profondi riflessi verdognoli; all’olfatto emerge una evidente sapidità, un naso leggermente salmastro e note iodate. Dopo pochi secondi si passa alla frutta tropicale matura, dovuta alla preponderanza di Chardonnay, poi frutta a polpa bianca per la presenza dei due Pinot, bianco e grigio. Piacevoli sono i sentori erbacei e aromatici del Sauvignon, oltre a note floreali agrumate, vegetali e balsamiche.
Infine, il passaggio in legno regala note di vaniglia Bourbon, orzo tostato e tabacco.
Al palato, interessante è l’acidità in perfetto equilibrio con la mineralità e intense sfumature balsamiche, agrumate e leggermente speziate.
Appius 2019 accompagna piatti di pesce decisi come rombo o coda di rospo, ma si abbina perfettamente anche a specialità di funghi e tartufi, carni bianche nobili e selvaggina. Ottima anche la combinazione con formaggi cremosi con crosta e formaggi stagionati.
Il progetto Appius vuole realizzare, anno dopo anno a partire dall’annata 2010, un vino capace di rispecchiare il millesimo e di esprimere la creatività e la sensibilità del suo autore, Hans Terzer per il quale c’era l’intenzione di “…fare di più di Sanct Valentin” (la linea di vini di punta della cantina). Ma quale tipologia di vino fare per realizzare questo obiettivo? Un super Chardonnay, un super Sauvignon o chissà cos’altro? E Terzer spiega il suo ragionamento iniziale “…mi sono detto: io vorrei, in primis, che il vino sia buono ogni anno, che ci sia una costanza qualitativa ogni anno, che rispecchi il nostro territorio ma rispecchi soprattutto anche l’annata. Per cui ho preso la decisione di fare un assemblaggio di quattro vitigni: Chardonnay, Pinot Bianco, Pinot Grigio e Sauvignon. Non ho inserito il Gewurztraminer, un vitigno importante per l’Alto Adige, perché io amo anche la Borgogna e la mia idea era quella di fare un vino che assomigliasse a quelli di quel territorio e non fosse troppo aromatico. Ho vinificato diverse piccole partite – prosegue il winemaker Hans Terzer – e dopo un anno le ho assemblate secondo la visione mia e dei miei collaboratori. Il vino rimane per tre anni sulle fecce prima di imbottigliarlo”.
Anche il design della bottiglia e la sua etichetta vengono reinterpretati in ogni edizione: lo scopo è di concepire una “wine collection” capace di appassionare gli amanti del vino di tutto il mondo. L’etichetta della decima edizione di Appius, ideata da Life Circus, incorona l’importante anniversario, strutturando l’aspetto grafico a partire dall’emblematico numero 10, proposto in un’accattivante alternanza d’oro e platino. L’immagine permette sempre una libera interpretazione, affinché ogni wine lover possa trarne un’intima ispirazione. Come per le altre annate, anche questa edizione di Appius è limitata.
Hans Terzer ha voluto celebrare la decima versione di Appius con una strepitosa verticale di tutte le annate partendo dalla 2010, una delle migliori versioni tra le 10 degustate.
“Il 2010 – spiega ancora Terzer – è stata un’annata un po’ particolare e assomiglia molto al 2023 perché nel luglio di 13 anni fa abbiamo avuto in estate un clima quasi tropicale con temperature che hanno superato i 30 gradi e un autunno piovoso. A causa di ciò, abbiamo fatto una vendemmia abbastanza tardiva raccogliendo le uve verso metà settembre”.
Stupisce il colore dorato brillante ma con ancora qualche riflesso verdognolo che in genere è indice di gioventù. Una caratteristica che accomuna quasi tutte le annate è quella relativa a sentori iodati, leggermente salmastri e a un delicato fumé.
Il passaggio in legno, ancora apprezzabile, ha rilasciato piacevoli note burrose, sentori floreali e di frutta esotica con un agrumato che, unito all’acidità ancora evidente, stimola la voglia di un secondo bicchiere.
La caratteristica che emerge all’analisi olfattiva dell’Appius 2011 è la forte presenza aromatica dovuta all’utilizzo del Sauvignon per ben un terzo a causa della mancanza del Pinot Bianco, poiché quell’anno le uve sono state rovinate da due intense grandinate.
Appius 2012 è molto interessante e presenta note di frutta matura, banana e frutta esotica con buona acidità e sapidità. Il 2013 ha un sorso piuttosto morbido, sapido e chiude con un elegante nota ammandorlata. Grande soddisfazione per l’Appius della vendemmia 2014, all’olfatto presenta sentori di aromatiche, una leggera nota affumicata e una minerale più evidente. In bocca è ampio, agrumato, con un’acidità piacevole e non invadente e una intensa persistenza finale. Ottimo!
Si prosegue con il 2015, di un bel colore dorato brillante, morbido al palato e con una fresca sensazione citrica. L’annata 2016 è stata straordinaria per produzione e condizioni ottimali per la maturazione delle uve e il vino prodotto ne è la diretta espressione: intenso, floreale e fruttato, elegante e con un finale lunghissimo. Grande annata e grande vino!
Al contrario, il 2017 è stata, per dirla con le parole di Terzer “…un’annata da incubo! Il germogliamento precoce è stato falcidiato dall’ondata di gelo che ha colpito l’Europa in aprile rovinando la maggior parte dei grappoli e di conseguenza è stata la vendemmia più scarsa della mia vita”. Il risultato è un vino senza acuti, ma comunque gradevole e di buona mineralità.
“Il 2018, nonostante qualche grandinata che ci ha fatto fare una selezione quasi chicco per chicco, ci ha permesso di ricavare ottime uve, sane che hanno dato un gran bel prodotto”, racconta Hans Terzer terminando la sessione di valutazione organolettica delle prime nove annate.
Tirando le somme da questo interessante incontro di degustazione, emergono in modo importante le annate pari – 2010, 2012, 2014, 2016 e 2018 – mentre le dispari, pur essendo di grande piacevolezza, risultano meno intense. La nostra opinione è che avendo comunque una buona acidità, sinonimo di serbevolezza, abbiano necessità di maggiore permanenza in bottiglia per sfruttare al meglio le caratteristiche dei singoli uvaggi utilizzati per l’assemblaggio.
In ogni caso quest’ultima annata dispari, la 2019, ha tutte le carte in regola per sovvertire questo nostro giudizio. Ci ripromettiamo, fra qualche anno, di valutarne l’evoluzione in una nuova esaltante degustazione.
Paolo Alciati e Enza D’Amato