1980, 1990, 2000, 2010 e 2020: nei giorni del Benvenuto Brunello (a Montalcino fino al 18 novembre) Col d’Orcia celebra le tappe fondamentali che hanno costruito il successo di un intero territorio
Con la firma del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, il 1° luglio 1980 il Brunello di Montalcino è stato il primo vino italiano ad ottenere la DOCG. Buona parte del merito va al grande lavoro del Consorzio di Tutela del Brunello di Montalcino, allora guidato dal direttore di Col d’Orcia, Enzo Tiezzi, che chiuse un cerchio aperto ben otto anni prima. La notizia, all’epoca, trovò una vasta eco mediatica, che si tradusse nel primo boom di vendite nella storia del vino ilcinese, e sull’onda del successo commerciale del suo vino di punta, Montalcino conobbe la popolarità che, nei decenni successivi, la renderanno una tappa fissa per milioni di turisti, da ogni angolo d’Italia e del mondo.
“Quello del Brunello è un successo partito da lontano, costruito anno dopo anno: nel 1974 furono commercializzate appena 75.000 bottiglie di Brunello, nel 1980 si superavano già le 400.000, di cui qualche decina di migliaia sui mercati esteri. Il riconoscimento della DOCG è stato un momento di svolta importante, il riconoscimento definitivo della qualità del Brunello di Montalcino, ma anche del suo valore storico, economico e sociale”, commenta il Conte Francesco Marone Cinzano, che a Col d’Orcia – nei giorni del Benvenuto Brunello che svela in anteprima l’annata 2020 – ha celebrato le prime 40 annate del Brunello DOCG attraverso cinque vendemmie iconiche: 1980, 1990, 2000, 2010 e 2020.
Cinque momenti fondamentali che hanno scandito la storia recente del Brunello, a partire dalla prima vendemmia certificata DOCG, la 1980, che Col d’Orcia celebrò all’epoca con un’etichetta speciale e le prime magnum di Riserva prodotte in azienda, che ancora oggi arricchiscono la straordinaria library di vecchie annate conservate in cantina. Un modo per preservare la memoria di un passaggio di grande importanza per Montalcino, consci che “chi ignora il proprio ieri, non può avere un domani”.
A dieci anni di distanza dal riconoscimento della DOCG, il Brunello mette in archivio una delle annate migliori di sempre: la 1990. Al momento del suo arrivo sul mercato, nel 1995, l’annata 1990 viene accolta con entusiasmo dalla critica internazionale, che la celebra come una delle migliori espressioni di sempre della viticoltura italiana. Per dare la misura di tale successo, basti pensare che nella Top 100 di “Wine Spectator”, quell’anno, trovarono posto ben 7 etichette di Brunello di Montalcino.
Con un atro salto in avanti sulla linea temporale, arriviamo alla prima vendemmia del Terzo Millennio, quella del 2000, con cui anche Montalcino impara a fare i conti con il Cambiamento Climatico. È un’annata segnata da un’estate molto calda, e poi dalla pioggia di fine agosto. Il Consorzio del Brunello, all’epoca, la definì “buona, ma non eccezionale”: a “tre stelle”, secondo il rating in uso fino a qualche anno fa. Pur non venendo annoverata tra le annate da collezione e da lungo invecchiamento, rappresenta il paradigma di ciò che i viticoltori de territorio avrebbero affrontato negli anni successivi.
La vendemmia 2010, invece, ha per Col d’Orcia un significato particolare: non è solo una grande annata, figlia di un andamento climatico pressoché ottimale, ma è soprattutto la vendemmia che segna l’inizio del processo di conversione per ottenere la certificazione biologica. Un traguardo che l’azienda taglierà tre anni più tardi, nel 2013, diventando, con i suoi 540 ettari complessivi, una grande oasi di biodiversità e sostenibilità nel territorio del Brunello.
Arriviamo così al Brunello di Montalcino 2020, sul mercato da gennaio del prossimo anno, ma già un’annata che porta con sé un enorme potere simbolico. È la vendemmia della resilienza, della vite come baluardo di resistenza nei mesi cupi della pandemia e dei lockdown. La 2020 è speranza, come racconta bene la Fenice riportata sulla mattonella firmata da Federica Pellegrini, ma anche qualità e potenziale evolutivo, tanto da meritare le ultime 5 stelle assegnate dal Consorzio del Brunello.
Col d’Orcia
Col D’Orcia è una storica azienda vitivinicola di 540 ettari biologici di cui 149 vitati sita nel Comune di Montalcino. Di proprietà della Famiglia Marone Cinzano dal 1973, ha contribuito sin dagli anni ‘80 all’ottenimento della DOCG per il Brunello e a quello della DOC per il Rosso di Montalcino. Dal 1992 la guida è affidata al Conte Francesco Marone Cinzano che, ricevuto il testimone dal padre Alberto, ha contribuito all’incremento degli ettari vitati della tenuta, fino agli attuali 149 di cui 106 di Sangiovese Brunello, 7,5 di Sangiovese Sant’Antimo, 9 di Cabernet, 6 di Merlot, 4 di Pinot Grigio, 3 di Chardonnay e altrettanti di Moscadello, 2,5 di Syrah e 1 ettaro dedicato a vitigni vari a bacca rossa.
L’azienda produce 15 etichette certificate biologiche (Poggio al Vento Brunello di Montalcino Riserva Docg, Col d’Orcia Brunello di Montalcino Docg, Col d’Orcia Brunello di Montalcino Docg Nastagio, Olmaia Cabernet IGT Toscana, IGT Toscana Nearco, IGT Toscana, Banditella Rosso di Montalcino, Rosso di Montalcino Doc, Gineprone Chianti Docg, Spezieri Igt Toscana, Ghiaie Bianche Chardonnay IGT Toscana, Pinot Grigio IGT Toscana, Pascena Moscadello di Montalcino DOCG Vendemmia Tardiva, Grappa di Brunello Poggio al vento, Grappa di Cabernet Olmaia, Grappa di Moscadello Pascena).
Col d’Orcia possiede inoltre circa 5.500 piante di ulivo, alcune delle quali vantano oltre 400 anni, distribuite sulla collina che da Sant’Angelo in Colle degrada verso il fiume Orcia con una altitudine di 200/350 mt slm. Le varietà sono: Frantoio, circa il 70%, Leccino e Moraiolo.
Redazione Centrale TdG