La Sardegna, la seconda isola più grande del Mar Mediterraneo, ha moltissimi motivi per essere visitata. C’è il mare e ci sono le sue coste meravigliose, certo, ma c’è anche molto altro.
Una varietà paesaggistica raramente riscontrabile altrove, ad esempio, e un entroterra tutto da scoprire, per 365 giorni l’anno, tra grotte, gole, verdi foreste, pianure lussureggianti, campi di fiori dai colori vivaci e altopiani su cui cavalcano liberi i cavalli selvaggi.
Ma la Sardegna è anche un’isola ricca di sapori, dove il cibo è racconto di un territorio e di un retaggio millenario, come spiega Giovanni Chessa, Assessore al Turismo, Artigianato e Commercio della Regione Sardegna. “La nostra regione è stata per molto tempo una delle meno famose rispetto alle sue “colleghe italiane” ma grazie alla semplicità delle preparazioni ed all’altissima qualità delle sue materie prime ha recuperato molte posizioni”, dice. “C’è grande fermento a livello locale, molti giovani chef partono dalla tradizione per giungere a delle elaborazioni davvero interessanti. Il conferimento di nuove stelle Michelin e dei riconoscimenti di altre guide negli ultimi anni ne è la riprova”. Tanti ristoranti tipici di cucina locale, dunque, ma anche locali gourmet che reinterpretano le materie prime del territorio.
A celebrarle, un interessante calendario di iniziative enogastronomiche. “Saboris Antigus”, ad esempio, una manifestazione culturale destinata alla promozione di due regioni storiche della Sardegna centro- meridionale.
O “Le Isole del Gusto”, una rassegna gastronomica, a Cagliari e Oristano, che valorizza l’offerta enogastronomica locale, in collaborazione con professionisti e imprenditori della ristorazione che assicurano una produzione agroalimentare di eccellenza. “Davvero non saprei come scegliere uno solo di questi appuntamenti”, prosegue l’assessore Chessa. “Si va dalla sagra del porchetto, a quella della pratzida, dalla sagra della lumaca a quella del culurgione, dalla sagra della panada a quella della carne di capra. Ogni paese, anche quelli più piccoli, ha una sagra legata ad un prodotto alimentare o a una pietanza, senza togliere che anche le feste religiose sono accompagnate da importanti libagioni”. E poi ci sono i piccoli segreti ancora da scoprire: “penso a su succu che si fa a Gergei e in maniera un po’ diversa a Busachi, una sorta di pasticcio di capelli d’angelo cotti nel brodo e rifiniti sol formaggio in forno, alla burrida, gattuccio di mare condito con le noci che non manca sulle tavole natalizie dei cagliaritani. O ad una salsiccia di fegatelli che si fa ad Ardauli, un paesino sul lago Omodeo. O ancora alle lorighittas, una pasta che ha la forma di un orecchino, si fa a Morgongiori e si mangia condita da un sugo di gallina. O Is cattallufas, pizzichi di pasta che gli uomini di Sardara preparavano nei campi. Per finire col Filindeu, un fidelino fatto partendo da una palla di pasta, un po’ come gli spaghetti cinesi. Si mangia nel brodo di pecora ed è un piatto che originariamente di consumava solo a Lula, vicino Nuoro, in occasione della festa di Sant’Antonio. È una preparazione molto difficile e solo poche persone la sanno eseguire. Sono piatti sconosciuti dalle storie affascinanti”.
Infine c’è anche il vino, valorizzato da diverse iniziative a supporto della produzione vitivinicola. “Una delle più interessanti è la manifestazione “Benvenuto Vermentino” ad Olbia, una settimana tutta dedicata al più famoso dei vini galluresi”, spiega l’Assessore. “Un altro vino di rango, antico quanto i sardi (i vinaccioli di questo uvaggio sono stati trovati in un nuraghe e risalgono a circa 1200 anni a.c.), è la Vernaccia, prodotta in provincia di Oristano, una volta solo vino legato alla socialità oggi utilizzato dai giovani chef per accompagnare robusti arrosti o stuzzicanti antipasti. L’usanza vuole che ad ogni figlia femmina che nasce venga assegnata una botte di vernaccia che si apre il giorno del suo matrimonio”.
Difficile scegliere tra tutto questo, perfino per chi vive sull’isola. Ma alla fine, anche l’assessore ha un piatto tradizionale del cuore. “Il mio piatto preferito sono i culurgiones, i ravioli di patate e menta che si fanno in Ogliastra che ovviamente si devono consumare conditi con un buon pecorino, altro prodotto di cui vado ghiotto. Infine c’è un pane che anche io ho scoperto da poco ma del quale oramai non posso fare a meno, si chiama Zicchi, viene prodotto solo a Bonorva, vicino a Sassari ed è una sorta di pane carasau molto spesso che ridotto a pezzetti si cuoce come la pasta: nella ricetta bonorvese si cuoce nel brodo di pecora e si condisce con un sugo di pomodoro molto robusto. Io ne faccio una versione più light e lo condisco con un sugo di pesce. Fantastico!”.
Redazione Centrale TdG