Per una volta voglio iniziare… dalla fine.
Ragionando in positivo, la fine è contemporaneamente l’inizio di qualcosa che accade successivamente.
La fine di un’era ne apre immediatamente un’altra. La fine di un amore spalanca la speranza di trovarne uno nuovo e migliore. La fine di un gioco porta quasi sempre la voglia di ricominciare.
La fine di una cena, ed è questo l’argomento, mi ha portato a ripensare al percorso folgorante, affascinante ed unico che mi ha coinvolto e travolto fin dal suo inizio, ribaltando le regole, creando nuove sensazioni, negando la consuetudine per sconvolgerla con il piacere.
La “colpa” è di Marco Perez, originale miscellanea tra la pragmaticità altoatesina e la genialità partenopea, executive chef dell’Amistà 33, il ristorante gourmet dell’incredibile Byblos Art Hotel, 5 stelle lusso nei pressi di Verona, dove l’arte contemporanea si respira e ti compenetra in ogni istante vissuto al suo interno.
Perez è un artista. Prestato alla cucina, ma avrebbe lo stesso successo se si applicasse alla scultura, alla musica o a qualsiasi altra forma di espressione creativa.
E in realtà contribuisce in modo geniale a creare i piatti e i bicchieri utilizzati nel ristorante, veri e propri oggetti d’arte che donano sensazioni tattili, visive e cerebrali, contenitori e nello stesso tempo altari delle altre sue opere che stimolano contemporaneamente tutti e 5 i sensi, in un poliedrico intersecarsi tra l’arte di cucina e la colorata seduzione materica.
Ti ammalia, Marco Perez, e all’improvviso ti sconvolge per poi rassicurarti e nuovamente farti vacillare. E’ un gioco “serio” il suo perché il grande talento, la perfetta conoscenza delle tecniche di cucina (è docente al Master della Cucina Italiana, insieme a Massimo Bottura, Nicola Portinari, Heinz Beck, Massimiliano Alajmo e Giancarlo Perbellini) unite alla purezza d’utilizzo delle materie prime creano soavi intervalli temporali con il coinvolgimento attivo di vista, tatto, olfatto, udito e, ovviamente, dell’esaltazione del gusto.
Il biglietto da visita dello chef è presentato su una mela di ceramica, realizzata su suo disegno, sulle cui foglie sono adagiati due amuse-bouche riassunti in “Bruschetta, cannolo e capriolo, mango e caprino” che introducono al Perez-pensiero: natura nel cuore, freschezza nelle materie, purezza nei sapori, regionalità nella cucina, emozione nella mente.
Tutti noi, da piccoli, abbiamo leccato il piatto e l’abbiamo fatto di nascosto dai genitori per evitare un giusto scapaccione…da Perez no! Lui ti obbliga a leccare la “Limonata al pomidoro”, te la presenta su una foglia di ceramica e senza posate. E subito dentro di te si scatenano gli ancestrali limiti morali imposti dalla “buona educazione”, dal galateo, ma è ormai troppo tardi, il bambino che è in noi ha il sopravvento perché lui lo ha liberato. L’iniziale imbarazzo si ribalta in “giocoso divertissement” e poi in piacevolezza perché l’acidità della limonata è intensa, quella del “pomidoro” è più garbata e il peperoncino finale le ammorbidisce entrambe.
Il gioco della rassicurazione prosegue con il “Caffe` di scampi, finocchietto e lime”, con il liquido versato dalla moka come quella di casa nostra, l’amica quotidiana dalla quale abbiamo ricavato migliaia di caffè…ma, per farci vacillare, in luogo del nero liquido dalla cuccuma esce una ambrata bisque che si versa sullo scampo, con l’aromatico finocchietto e il verdissimo lime a creare un tocco di frizzante e profumata energia. Cromatismi di colori, profumi e sapori che si intrecciano con morbidezza.
“Barbabietola e albicocca, pesca, sedano e tapioca” è un intrigante contrasto estivo di verdure e frutta, con la tapioca a far da paciere.
Un attimo dopo eccolo di nuovo intento a ribaltare un caposaldo italiano: l’amatriciana non è forse uno dei condimenti ideali per la tradizionale pasta? …nossignori, lui la abbina alla carne cruda di manzo macinata e posata su una nuda pietra. Primitivo vassoio che riporta a primordiali banchetti.
Con il “Risotto e frutti di mare, aglio, olio e alga” e lo “Spaghettone e carote, riccio di mare e limone” Perez, in questo omaggio alle mediterranee origini, giostra tra l’equilibrio gustativo della pasta e del riso e l’intensità salsoiodica del riccio e dell’alga, vere sferzate di sapidità mitigate dall’agrumato sentore del limone.
In una bianca sfera di creta che svela un meraviglioso cuore smaltato color acquamarina viene presentata la “Anguria e semi di canapa, bietine e anice stellato”, ancora un fresco intermezzo con frutta abbinata a verdura, col tocco speziato dell’anice stellato e l’impiego della canapa come salutistico complemento.
Il percorso di fusione tra sud e nord prosegue con il “Piccione e gambero, lamponi e liquerizia”, delicati contrasti tra l’acidità del frutto e l’amaricante della radice, la dolcezza della carne e la sapida carezza del battuto di gambero.
E subito dopo, il “Coup de théâtre”…una benda sugli occhi per inibire un senso, la vista, e sviluppare quindi la percezione degli altri quattro, per primi il tatto e l’olfatto, per ricordare che il nostro istinto non può far a meno della partecipazione di tutti gli altri “terminali”, dai polpastrelli alle narici, dalla percettività uditiva a quella gustativa, ma corroborate dalla sensibilità cerebrale: “Bosco e muschio, menta e abete rosso”, è un ricordo dannunziano, gioiosa memoria di camminate silvane sotto la pioggia. L’odore della terra bagnata attiva istantaneamente le strutture più antiche nel nostro cervello e inconsciamente richiama ancestrali momenti in cui l’animale-uomo percepiva la fine (ecco un nuovo richiamo al tema iniziale!) della pericolosa stagione secca e l’inizio della lussureggiante stagione delle piogge.
Se nei due piatti precedenti era emerso il lato meridionale, azzurro mare, di Perez, qui esplode quello verde alpino, della sua infanzia altoatesina, una formativa esperienza di vita immersa in una natura amica e a portata di mano.
Respirare la balsamica menta libera le narici, inebria il cervello e stimola il cuore…questo piatto è terapeutico!
E dopo aver esaltato l’olfatto e i colori, tocca a un non colore: il bianco in più consistenze sul tema della mandorla, un piccolo omaggio alla Sicilia, con morbidezza e croccantezza a rincorrersi in un alternanza di caldo e freddo.
In “fine” (sic!) il tema della passeggiata ritorna, ma questa volta è nell’orto: un caleidoscopio di colorate verdure candite e croccanti in una artistica e giocosa presentazione.
Il messaggio di Marco Perez è evidente e deriva da una chiara visione panteistica, la natura è la nostra madre, le materie prime che ci dona devono essere rispettate nelle cotture, nelle consistenze e nell’emozione degli innumerevoli ricordi che scatenano in noi ogni volta che le guardiamo, odoriamo, tocchiamo, ascoltiamo e “in fine” gustiamo e con estrema abilità lui ci coinvolge attivamente in questa fantastica esperienza, prendendoci per mano come un novello Virgilio, per guidarci in un delizioso, naturale e salutare cammino gastronomico in avvolgente armonia con i nostri sensi.
Paolo Alciati
Rendo merito alla brava fotografa Anna Heidi Mainenti. Sono sue quasi tutte le bellissime fotografie del piatti.