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Lucio d’la Veneria, la modernità dell’interpretazione in cucina nel rispetto della tradizione gastronomica

12 Marzo 2018 by Paolo Alciati

Lucio d’la Veneria, la modernità dell’interpretazione in cucina nel rispetto della tradizione gastronomicaHa accompagnato i momenti più piacevoli di intere generazioni…in 60 anni di ottimi piatti, per pranzi e cene, ne sono stai preparati un’infinità nella cucina di Lucio d’la Veneria, un ristorante davvero speciale nella città della famosa Reggia Sabauda, sulla direttrice per il Parco Regionale della Mandria. Il curioso nome ha una doppia versione: una maschera carnevalesca che rappresenta la parte di ingenuo e credulone, ma anche il figlio di un brigante locale che si vendicherà della morte della madre uccidendo in un incendio il responsabile, il Conte Romualdo.

Cucina di territorio, quella di “Lucio”, autentica e di tradizione in quanto da sempre in mano alla stessa famiglia, sin dal 1957, e ora sono alla terza generazione. Luca, il cuoco, e la sorella Monica, in sala, sono i depositari della sapienza culinaria della famiglia Baietto e Federico.

Monica, ha il garbo innato della buona accoglienza, affabile e sorridente ha grande attenzione per l’ospite, che cura come una persona cara, Luca ha la sicurezza dell’esperienza maturata negli anni con grande applicazione e impegnativi percorsi di formazione, fino al “Centre de Formation Alain Ducasse”, uno dei mostri sacri della ristorazione mondiale di altissimo livello, pluristellato – sono 21 le stelle conquistate nel corso degli anni nei suoi ristoranti sparsi nel mondo – dove lo hanno formato trasmettendogli la filosofia del Maestro francese, lo hanno preparato sviluppandone le abilità e il talento, impostando i suoi comportamenti culinari con una forma mentis rivolta all’eccellenza.

E Luca ha portato nella sua cucina quanto ha appreso, la padronanza delle tecniche di cottura professionali, gli insegnamenti meticolosi, il rigore e la cura dei particolari, dalla ricerca delle materie prima di qualità alla naturalità degli ingredienti, dall’arte culinaria all’impiattamento, perché tutto deve essere perfetto. E il cliente soddisfatto.

Anch’io sono stato particolarmente appagato dal percorso del gusto che mi è stato sottoposto insieme ad alcuni colleghi qualche mese fa presso il loro grazioso ristorante: la cucina di Luca è basata sulla tradizione, ma con la pulizia e la freschezza dei sapori che richiede e caratterizza lo stile della cucina attuale. Non più una quantità indescrivibile di ingredienti, cotture prolungate a fiamma viva, intingoli pesanti e difficili da digerire, calorie in sovrannumero.

La bravura di uno “chef”, terminologia esterofila molto in voga al giorno d’oggi, affollati come siamo di “master” o “super” che ci bombardano da ogni dove (ma io preferisco chiamarlo ancora “cuoco”), si misura dalla leggerezza delle proposte – “sgrassare” è la parola d’ordine, pochi ingredienti, i principali, e via quelli secondari – deve essere attento alle intolleranze e capace di reinterpretare piatti tradizionali con criteri moderni adeguandoli ai gusti attuali senza essere schiavo delle mode.

La sua Terrina di bollito ne è un bell’esempio, sia per ricerca estetica sia per modernità dei sapori, senza peraltro sminuire la tradizione, che vede il “Grande Bollito storico risorgimentale piemontese” rigorosamente composto dai famosi sette tagli di carne e da sette ammennicoli, sette salse e sette contorni.

E nei piatti successivi emergono, pur nella semplicità degli ingredienti, la manualità e la concretezza di un cuoco contemporaneo, che non lascia spazio a fronzoli ed esalta con abilità i singoli sapori, ben distinti, senza sovrapposizioni dell’uno sull’altro.

Una segnalazione particolare la meritano il Carnaroli alla Toma di Lanzo, un primo goloso e succulento, e il Pollo alla Marengo, altra pietanza di grande tradizione – per la quale bisogna scomodare addirittura Napoleone e la battaglia di Bosco Marengo – reso godibile grazie ad una cottura meno elaborata, presentato con una tenera rolata di pollo e gamberi accostata ad una coscetta di pollo rosolato e sgrassato, il tutto nappato con un poco di salsa ristretta di pomodoro e, come di prammatica, con un uovo all’occhio di bue su una margherita di pane integrale abbrustolito a fare compagnia. Un piatto poco elaborato, con tre ingredienti, ma di bell’impatto visivo e grande soddisfazione al palato.

Il momento delle coccole finali è affidato al bunet, alla panna cotta e alla mousse al cioccolato, tre dolci fondamentali della tradizione piemontese. E qui il sorriso ha riempito i nostri volti.

Lucio d’la Veneria

Via Stefanat 19 – Venaria (TO)

Tel. 011.495805

www.luciodlavenaria.org

Paolo Alciati

Filed Under: Tuttofood

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