Il 10 luglio 2017 ha festeggiato ben 9 lustri questo storico tempio della cucina del triveneto ai piedi della collina torinese, che in tutti questi anni ha saziato migliaia di affezionati gourmet e VIP, provenienti non solo dalla capitale sabauda, con tanti gustosi piatti tipici come il baccalà, mantecato o alla vicentina, le sarde in saór, l’anguilla in tecia, gli osei scapai o la pastissada de caval o come il famosissimo e ricchissimo buffet degli antipasti sui quali ci si poteva “tuffare” solamente dopo il suono di una campanella che segnalava, in modo simpatico e originale per quei tempi, l’inizio della “Grande Bouffe”.
Se pensiamo alla sua collocazione temporale, a questo ristorante va riconosciuto anche un grande merito non solo gastronomico ma anche socio-culturale perché quarantacinque anni fa non erano molte le possibilità di approccio a cucine di altre regioni e Il Ciacolon era già all’avanguardia non solo nell’offerta dei piatti, con particolarità come il Liptauer, tipico formaggio triestino, zona di origine della mamma di Federica Ottella attuale proprietaria, o la polenta nera, anch’essa triestina, ma anche nella comunicazione, basti pensare all’originale e divertente grande foglio del “gioco dell’oca” rivisitato appositamente per il ristorante con caricature, motti un po’ goliardici e frasi tipiche in dialetto veneto (“…no esiste bocca stracca se no ga sapor de vacca”, scusa perfetta per gustare, quasi a fine pasto, formaggi particolari come il Morlacco del Grappa, il Mezzena o il Pecorino canestrato) che sin dall’inizio era omaggiato ai clienti – io ne posseggo uno che avrà una quarantina d’anni – portando, come si legge sul retro, “…un pezzetto di cuore veneto nella regal Torino”, aprendo le porte di casa, una vera “Ca’ Veneta”, come si usa fare nelle classiche famiglie di cultura e tradizione contadina, perché sin dall’inizio questa era l’intenzione dei proprietari nei confronti dei clienti anzi…degli ospiti: farli sentire “in famiglia”, invitandoli a riunirsi tra amici in un’allegra brigata a “ciacolar con un bon bicer de vin”, coinvolgendoli anche in divertenti e conviviali dopocena, famose le loro “tombolate” che portavano a far tardi, cosa decisamente insolita nella rigorosa e un po’ grigia città operaia per antonomasia.
E dopo 45 anni la proprietà, pur mantenendo la grande sala d’antan dedicata al rito della cena – un’imprescindibile istituzione per Il Ciacolon – apre anche al progetto “food&drink” in linea con le attuali esigenze di una clientela che vuole ancora dedicarsi dei piacevoli momenti a tavola, ma con tempi e ritmi più rapidi.
Prende il via quindi La Ciacola, quella di Mezzogiorno – “il piacere degli Antipasti anche a pranzo” – e la Ciacola della sera – “un calice di vino, un aperitivo e tanti “stuzighezi” per una serata diversa ai piedi della collina” – come recita la presentazione di questa bella iniziativa e con un’impostazione più easy di una parte del loro locale, uno stile shabby chic giocato su toni chiari, rilassanti, una “Hostaria” moderna nelle proposte di cucina ma calda e accogliente come una casa a noi familiare.
Le proposte a pranzo, oltre ai piatti singoli, sono ben tre, si parte dagli “Stuzighezi” – 15 antipasti simpaticamente elencati su un piccolo menù sul quale bisogna “flaggare” (oramai si dice così…) quelli scelti: si va da uno splendido baccalà mantecato ai caldi e croccanti cubetti fritti di polentina di mais e grano saraceno, dai saporiti affettati del triveneto alla gustosa insalata tirolese di patate, da un’insolita e deliziosa purè fredda al limone al classico formàjo, tipico veneto…
Se proprio non potete rinunciare alla pasta o alla carne o al pesce…basta aggiungerli al menù, scegliendo tra due ottime proposte per ciascuna portata, ma sempre piatti rigorosamente tipici del nord-est d’Italia.
Per tutti e tre i menù sono compresi l’acqua e un dolce – lo zabajone è spettacolare – si chiude con la storica “fregolosa”, una leccornia preparata con farina, uova, zucchero mandorle, nocciole e arachidi, un vero e proprio “must”!
I prezzi sono molto contenuti, la qualità – ça va sans dire – è quella di sempre e il servizio è curato con garbo: ho degustato due diversi vini bianchi – ovviamente limitata ma di buona qualità la scelta – e per il secondo vino mi hanno cambiato il bicchiere senza che lo chiedessi…questa è grande attenzione, stiamo parlando di un pranzo da 9,50 euro (vino a parte)!
Se penso al “non servizio” del Fast food e al suo prezzo…
La sera è open e decisamente più slow…si parte dalle 19 e, nel rispetto della tradizione di famiglia, si chiude a notte fonda, a mezzanotte. Libera scelta per trascorrere piacevoli momenti, da un aperitivo – e non “apericena” ci tiene a sottolineare Federica – alla cena vera e propria o per quattro “ciacole” tra amici (…ma anche otto), per iniziare o chiudere la serata, al fresco della verde precollina prospicente Cavoretto, davanti ad un buon bicchiere e agli stuzighezi, arricchiti da ulteriori ghiotti antipasti e sfiziose goloserie varie.
Una doppia appetitosa alternativa, quindi, che integra e arricchisce la lunga storia gastronomica di una delle poche famiglie che, ininterrottamente da due generazioni, con amore e serietà regala ai torinesi pause di pura felicità a tavola, donando la possibilità – in anni di spersonalizzazione e di falsi momenti definiti ipocritamente “social”, in cui non si dialoga più guardandosi in faccia, ma tristemente tramite un telefono – di staccare, fermare l’orologio e riprendere la buona vecchia abitudine di fare “quattro ciacole” in compagnia!
IL CIACOLON e LA CIACOLA
Via XXV Aprile, 11 – Torino
Tel. 011 6610911
Facebook: il Ciacolon
Paolo Alciati