Raccontare di un ristorante iniziando dai vini invece che dalla cucina è forse insolito, ma è fondamentale per comprendere il pensiero che muove i due giovani titolari, freschi sposi, Mara Zambelli e Luca Daniotti, che quotidianamente accolgono i loro clienti all’Osteria del Portone di Melegnano, una osteria tradizionale con un accogliente giardino attrezzato a Lounge bar, il “Garden”, a una ventina di chilometri dal centro di Milano, verso Lodi.
I vini che si degustano in questo amabile e accogliente locale di tradizione – antica locanda con stallazzo sin dal 1722 – sono esclusivamente ‘naturali’, rigorosamente ‘naturali’, e tra questi trovano posto le grandi proposte di produttori che applicano i principi del movimento Triple “A”, ossia che attuano un processo produttivo viticolo ed enologico che non modifichi la struttura originaria dell’uva e di conseguenza non alteri quella del vino.
C’è quindi una precisa scelta da parte di questi due giovani ristoratori, scelta che abbraccia la filosofia integralista della viticoltura d’avanguardia per proporre, a chi si siede ai tavoli della loro “Osteria”, un prodotto autentico così come viene ricavato dalla coltivazione agricola senza utilizzo di pratiche chimiche, né pesticidi in vigna, né interventi correttivi in cantina, come chiarifiche, aggiunte di additivi o di zuccheri: puro succo di uva spremuta e vinificata senza che nulla venga sottratto o addizionato e con fermentazioni ottenute spontaneamente senza aggiunta di lieviti selezionati o altro.
Certamente non tutti sono pronti ad accostarsi ad un vino che non è mai uguale un anno con l’altro e a volte differisce anche da una bottiglia all’altra, ma la crescente voglia di bere in modo pulito, sano e, soprattutto, vero sta aprendo molte menti e, superato il primo momento di diffidenza o di curiosità, l’apprezzamento ai loro piatti abbinati ad un vino prodotto da agricoltura sostenibile, biologica, che fa bene all’ambiente e ovviamente a noi stessi, ne è la naturale conseguenza. Come non essere d’accordo con il pensiero fondante del movimento delle Triple “A” (Agricoltori, Artigiani, Artisti) nato nel 2003: “…i vini Triple “A” sono dissetanti, producono convivialità, sono l’espressione suprema del savoir faire umano e simbolo tangibile delle forze d’amore che, partendo da un gesto agricolo positivo, arrivano a chiudere in una bottiglia il soffio del vento, la luce del sole, il respiro della terra, le migliaia, milioni di sentimenti e gesti che sono avvenuti in quel vigneto”.
Il principale merito di questo importante e complesso percorso di vera e propria cultura enologica in abbinamento alla cucina dell’Osteria è di Mara Zambelli, minuta come uno scricciolo, con un bel sorriso rassicurante e molto professionale nel mettere a disposizione dell’ospite la sua ottima conoscenza sull’argomento oltre ad organizzare con periodica cadenza, con la garbata e attenta supervisione di Antonio Daniotti, il padre dello chef Luca, una serie di appuntamenti-incontro con i produttori per far scoprire, tra aperitivi e cene, “…un metodo più positivo e ‘umano’ di fare agricoltura”.
Questa scelta rigorosa nell’offerta dei vini ben si sposa con le eccellenti proposte della loro cucina, realizzata con una grande selezione qualitativa dei prodotti e dei loro fornitori, come il toscano (d’adozione) Paolo Parisi, amato da tutti gli chef stellati non solo per le famosissime ‘Superuova’ di galline Livornesi nutrite col latte delle sue capre, ma anche per i suoi pregiati salumi, o come i prestigiosi prosciutti crudi della lecchese Marco d’Oggiono riconosciuti sin dal 1999 ‘Prodotto Tradizionale Lombardo’ o le straordinarie carni equine della Macelleria Pellegrini di Milano o, ancora, le farine biodinamiche e di grani speciali come il grano arso per i pani e i grissini preparati rigorosamente nel ristorante utilizzando lievito naturale e lievitazione lenta.
Tutto questo impegno porta i suoi frutti e si traduce in decine di migliaia di clienti gurmand che durante l’anno sostano all’Osteria del Portone per assaporare la loro ottima cucina di ispirazione nazionale – non solo regionale – ma scevra di quegli orpelli che solitamente appesantiscono i piatti della tradizione, piatti che entusiasmano ed emozionano, alleggeriti e rivisitati in versione contemporanea.
Luca Daniotti è un cuoco giovane e di talento, ha manualità e creatività, grande sapienza nell’utilizzo degli ingredienti ed elabora piatti leggeri ma di grande intensità gustativa.
Tra gli antipasti in carta spicca il “Salmone marinato, crauti rossi e caprino con crema di senape e capperi”, in cui l’acidità e la freschezza del caprino contrasta piacevolmente con il sapido salmone e la pungente sferzata della senape ed ottima è pure la “Zuppa alle cinque cipolle con baccalà mantecato e polvere di tè nero fumé” dove la cipolla, dolce e delicata, accompagna un baccalà dalla mantecatura talmente morbida e perfetta che pare preparata da un esperto cuoco veneziano, con l’aggiunta della carezza affumicata del tè Lapsang Souchong ad esaltarne il sapore.
Intriganti anche i “Crostoni di pane al burro e acciughe del Cantabrico” o la “Sarda affumicata, burrata e cime di rapa” ma anche l’elegante unione tra due grandi eccellenze come la “Tartare di cavallo Macelleria Pellegrini con l’uovo di Parisi”.
Accostamento insolito e particolarmente gustoso quello tra il riso Carnaroli ‘autentico’ della
Riserva San Massimo – un’oasi incontaminata nel Parco naturale del Ticino – la verza, lo Stracchino di Montebronzone e la sarda affumicata, un piatto che trova, come soleva dire il grande Luigi Veronelli, un perfetto ‘matrimonio d’amore’ con i vini biodinamici selezionati da Mara per l’abbinamento.
Grandiosi gli “Gnocchi neri al profumo di bosco, funghi Porcini, riduzione di zafferano e salsiccia di Bra a crudo” dove l’utilizzo dell’aglio nero fermentato dona un leggero retrogusto di liquirizia dolce ai gnocchi che, esaltati dai saporiti porcini, creano un accordo armonico con la riduzione di zafferano; la salciccia di Bra cruda, gustata a parte dopo ogni boccone, ridona la giusta sapidità al palato facendo desiderare un nuovo assaggio. Un grande piatto!
Con la Cotoletta alla Milanese al punto rosa e l’Ossobuco di vitello con risotto alla Milanese si omaggia la tradizione meneghina, ma uno dei punti di forza sono i secondi cotti al barbecue, con una selezione di carni di altissima qualità che spaziano dalla costata di puledro alla Scottona Bavarese, dalla Chianina al Black Angus Australiano con frollature non spinte all’eccesso ma che arrivano all’incirca ai 25 giorni; la loro cucina si esprime con piacevolezza anche in un piatto solo in apparenza semplice, la “Coscia d’oca in confit, punch all’arancia, patate Ratte e carote speziate” in cui il punch regala una componente aromatica leggermente amaricante in piacevole contrasto con la dolcezza della carne d’oca resa morbida dalla cottura in confit.
Luca dimostra spiccata creatività anche con il pesce di mare e presenta in carta appetitosi piatti realizzati con gamberi, calamari, polpo, tonno o con il delicato rombo, ma pure una deliziosa “Pescatrice alla ‘Rossini’, crema di zucca affumicata e le sue chips”, in cui emerge la sua voglia di innovare accostando il foie gras alle bianche e morbide carni della rana pescatrice, legando il tutto con la crema di zucca e donando croccantezza con chips dello stesso ortaggio.
Di assoluto interesse anche la sezione dei dolci, con sorbetti artigianali, crostate, mousse, una squisita torta al cioccolato e crema morbida alla zucca, in omaggio a Ernst Knam, ed un goloso cremino al latte, meringa, marroni su coulisse di cachi.
Dolcezze da applausi.
Cucina d’emozione, quindi, rispettosa della naturalità degli ingredienti, senza eccessi, realizzata con passione, stile, accuratezza e indubbie capacità da un giovane cuoco con grandi potenzialità di crescita e del quale sentiremo sicuramente parlare in un prossimo futuro, come pure degna di merito è l’attenzione rivolta con massimo rispetto ai vini ‘naturali’ per la cui conoscenza e valorizzazione è stata creata ‘Enò’, una enoteca sotto i locali dell’Osteria con spazi consacrati a momenti ‘slow’, per degustazioni e conversazioni conviviali in ambienti circondati dalle fotografie di quei vignaioli considerati ribelli o, peggio, eretici ma che si dedicano con sensibilità ed energia a realizzare ciò che hanno nel cuore: restituire importanza alla terra per dare vera dignità al vino, la stessa che Charles Baudelaire ha esaltato nel suo “I fiori del male” descrivendo l’anima del vino che ‘canta’ nelle bottiglie, “…so bene quanta fatica, quanto sudore, quanto sole cocente ci vuole sulla collina che arde, per darmi vita e anima”.
Osteria del Portone
Via Conciliazione, 27, Melegnano (MI)
Tel. 02 983 5366
Paolo Alciati