Aveva ragione Voltaire, fine filosofo e pensatore francese, che ragionando su quanto le cose buone finiscano sempre per essere un peccato o un castigo, si chiedeva come mai il gelato non fosse illegale. Meglio così, soprattutto per gli italiani, impenitenti consumatori seriali di gelato che ogni anno mettono fine a circa 12 kg a testa fra vaschette, coni e coppette. D’altra parte, anche in tempi di crisi, un gelato se lo possono permettere tutti: è il sollazzo di gola più democratico e popolare che ci sia, con un aumento delle vendite che lo scorso anno ha raggiunto l’8% in più e promette di migliorare ancora con la bella stagione ai nastri di partenza.
E da nicchia della pasticceria, anche il gelato vive una seconda giovinezza, con raffinati “mastri” pronti a guizzi di fantasia per dare nuovi spunti al “sorbetto da passeggio”, come si diceva un tempo. Fra i tanti, vale citare la parabola di Peppe Flamingo, 33 anni e una laurea in giurisprudenza lasciata nel cassetto per concentrarsi sulla responsabilità di incarnare la terza generazione di una famiglia affollata di “chef glacier”. Peppe oggi è titolare di “Tasta” (www.flamingo1960.com), catena di gelaterie presenti sulla pizza di Modica, Marina di Modica e Marina di Ragusa, ma anche a Milano, Bologna, Marzameni e Miami, nientemeno. Un professionista del gelato che ha trovato la propria strada scegliendo una via personalissima, capace di concentrarsi unicamente su prodotti della Sicilia, la sua isola, scrigno di materie prime da applauso a scena aperta.
Qualche esempio, giusto per mettere su la voglia di gelato, via: la “Liccumia”, ovvero cioccolato di Modica, mandorla di Avola, cannella, vaniglia e scorza di limone. Nient’altro che la rivisitazione di un tipico dolce dei tempi in cui la Trinacria faceva parte del Regno delle Due Sicilie. O ancora la “Mpanatigghia”, per i forestieri appena sbarcati a Messina trattasi di biscotti a forma di semiluna ripieni e impanati, tipici di Modica, che a cioccolato, mandorle tostate, zucchero di canna, vaniglia, limone e cannella aggiungono carne di manzo. Esagerato? Dipende dai punti di vista, se si conta che proprio con la Mpanatigghia, chef Flamingo ha portato a casa il terzo posto allo “Sherbeth Festival 2016”, festival internazionale del gelato artigianale di Palermo. Passiamo oltre con il “Signor Calacauso”, combinazione di arachidi, dulce de leche e cioccolato al latte, per poi passare dal via e fermarsi – è obbligatorio, da regolamento – sul “Cannolo Siciliano”: basta chiudere gli occhi per sentire tutti gli ingredienti del dolce più tipico di tutta la Sicilia, e meglio ancora se usato per imbottire a dovere la tradizionale cialda fritta o la “brioscia col tuppo”, classico panetto dolce e rotondo. Ultimo sforzo – coraggio, è quasi finita – per immaginare il “Tastamisù”: rilettura in rima baciata dell’amatissimo dessert a base di mascarpone fresco, tuorlo d’uovo e pan di Spagna (senza glutine) inzuppato nel caffè.
Ma nulla sarebbe, se ad una fantasia a briglie sciolte, Peppe non avesse scelto di aggiungere qua e là materie prime preziose e prestigiosi “Presidi Slow Food” come la “fragolina di Ribera”, il “limone femminiello”, il “mandarino tardivo di Ciaculli”, l’immancabile “pistacchio di Bronte DOP” ed il “cioccolato di Modica”. Unico strappo alla regola una toccata e fuga al nord, nel “continente”, per conquistare la “nocciola” del Piemonte, protagonista di un gusto di gelato che evita latte e saccarosio in favore di fruttosio e farina di carrube.
Germano Longo