Il mercato mondiale dei rosé, un trend in continua ascesa
Con l’arrivo dell’estate i calici sulle tavole si tingono di rosa, il trend dei rosé, infatti, parla di una crescita incessante, con la Francia a restare in cima al podio per numero di bottiglie prodotte rappresentando il 35% della fascia di mercato. Con una bottiglia su tre stappata ad essere appunto francese. Se guardiamo all’export, invece, è la Spagna a primeggiare per volumi. Dati estrapolati dall’ Observatoire Mondiale du Rosé che, analizzando i principali 45 mercati nel mondo conferma produzioni ma soprattutto consumi in crescita negli ultimi dieci anni con proiezioni da qui al 2033che vedono un CAGR del 5.5%. Un fenomeno che l’Italia non sta ferma a guardare senza contribuire al suo sviluppo. Il Belpaese rappresenta infatti il 9% della produzione mondiale (pari a 23 milioni di ettolitri) e il 5% dei consumi.
I rosati italiani non vengono tutti assorbiti dal mercato interno principalmente per due motivi: il Belpaese, se da un lato è un importante player in termini di importazioni di rosé stranieri, dall’altra produce vini che conquistano i mercati internazionali diventando oggetto di esportazioni. A conferma del successo dei rosé nel mondo, e in Italia, c’ è un dato aggregato che prende in considerazione un periodo di tempo più lungo (4 anni) e i fattori endogeni, prettamente di natura economica, che influenzano i costi e i prezzi di acquisto dei vini. Ci riferiamo al periodo che va dal 2020 ad oggi, in cui si analizza come i prodotti della categoria dei rosé sono gli unici ad aver tenuto la propria posizione nonostante la pandemia e la contrazione dei consumi del vino che si registra soprattutto nell’ultimo semestre.
Cosa scegliere allora pescando dalla vasta offerta oramai anche italiana? Una soluzione ci arriva dal prestigioso catalogo costruito nel tempo dalla famiglia Sagna. La quarta generazione, Leonardo e Carlo Alberto, suggeriscono di tre etichette che ci fanno viaggiare da nord a sud Italia.
Partendo dal piccolo gioello quale è la Valle d’Aosta, Maison Anselmet realizza un merlot in purezza da una vigna impiantata nel 1999 a Champagnole, nel comune di Villeneuve a 710 metri slm su suoli marnosi e sabbiosi. Vino prodotto da grappoli interi, vinificati in acciaio da lieviti indigeni. Azienda a gestione familiare e ben radicata nel territorio valdostano, le prime tracce di un Anselmet risalgono al 1585. Dal 1978 è grazie a Renato Anselmet che prende avvio l’attività, oggi è il figlio Giorgio a gestire oltre 30 ettari di vigneti tra St. Pierre a Chambave, disposti da 600 a 900 metri slm. Il vino si esalta per il suo colore cipolla e sensazioni di bacche rosse concentrate, (ribes e mirtilli rossi) innervate da una filigrana giocata su sbuffi floreali e balsamici. Il sorso è potente, corredato nel centro bocca da una tensione caratterizzata da una vena minerale appagante e coinvolgente. Un perfetto equilibrio tra densità materica e freschezza, che racchiude in sé la succosità del Merlot, la finezza delle sabbie e l’acidità derivante dalle grandi pendenze di montagna.
Restando al nord, ma spostandoci in Friuli-Venezia Giulia, Ronchi di Cialla propone il Rosedicialla prodotto dalla famiglia Rapuzzi a Cialla, vasta collina circondata dai boschi a Prepotto, che da il nome all’azienda. Fondata nel 1970 oggi sono Pierpaolo ed Ivan Rapuzzi, entrambi agrari, a condurre i 26 ettari di vigna in cui si coltivano esclusivamente e volutamente solo varietà̀ autoctone quali: il verduzzo friulano, il picolit, la ribolla gialla, il refosco dal peduncolo rosso e lo schioppettino. Quest’ultimo, oggetto di recupero e di valorizzazione e motivo di orgoglio dell’azienda.
Il rosato è però a base 100% Refosco dal Peduncolo Rosso proveniente dalla parcella chiamata Cernetig che ospita piante di 40 anni di età. Produzione contenuta perché la vigna è grande come un campo da calcio ed è esposta a sud-ovest a 200 – 230 metri slm. Il vino è prodotto da una macerazione sulle bucce per 4/5 ore, una pressatura molto soffice e una fermentazione del mosto fiore in vasca d’acciaio a temperatura controllata. Affina su feccia per 4 mesi con bâtonnage 3 volte alla settimana.
Nel bicchiere il vino si presenta di color rosa cipria brillante. Al naso richiama freschi e fruttati sentori di piccoli frutti rossi su un fondo finemente speziato. Al palato è fresco e persistente completato da note agrumate e minerali.
A sud, in Sicilia, l’azienda Palmento Costanzo è nata dopo il progetto di restauro di un antico palmento ottocentesco nel 2010, da parte di Mimmo e Valeria Costanzo che, in 14 ettari di proprietà, di cui dieci dedicati alla vite ai piedi dell’Etna (sul versante Nord), producono vini a base di uve autoctone: nerello mascalese, nerello cappuccio, carricante e catarratto. Una cantina con lo spirito moderno e attento ai dettagli, che sfocia in un packaging innovativo, l’etichetta multisensoriale, oltre l’immagine del vulcano, è realizzata grazie a un pigmento materico totalmente stampabile, estratto dalla polvere dell’Etna. Tutte le vigne sono sostenute in solo regime biologico, certificato sia in coltivazione che in produzione. In Contrada Santo Spirito, dove si trova la cantina nasce su sabbie vulcaniche, sassi e rocce un rosato da uve Nerello Mascalese coltivate ad alberello, piante sostenute da pali di castagno con un’ età media di 30 anni. Dopo 8 ore di macerazione prefermentativa a freddo seguita da una fermentazione in acciaio con lieviti indigeni, il vino affina 4 mesi in acciaio in contatto con le fecce fini e 2 mesi in bottiglia. Il risultato è un vino fresco, fragrante, con sentori di ribes e ciliegia e un toco fumé.
Info: www.sagna.it
Redazione Centrale TdG