Circondata dalle Alpi, la regione viticola della Valtellina, al confine con la Svizzera, con i suoi 900 ettari di vigne vede l’uva nebbiolo come unica, indiscussa protagonista all’intero parco vitato in cui l’unica via per coltivare la vite sono i muretti a secco costruiti nei secoli
Si raggiungono, e in molti casi di superano, gli 800 metri s.l.m, la viticoltura eroica si sviluppa per quasi 2.500 chilometri. In questa che, numeri alla mano, è la più ampia zona terrazzata d’Europa, l’alzamento delle temperature degli ultimi anni, anche nelle zone generalmente più fredde e meno vocate come quelle del fondovalle, la maturazione lenta e completa consente l’ottenimento di uve concentrate e perfettamente mature. In qualche vallata si raggiunge un’insolazione pari a quella dell’isola di Pantelleria.
Sabbioso per la quasi totalità, il suolo si è formato dallo sfaldamento delle rocce granitiche durante il periodo del ritiro dei ghiacciai che coprivano tutta la Valtellina e le zone delle Langhe, Alto e Basso Monferrato e Oltrepò Pavese.
La caratteristica principale è la quasi assenza di ristagno d’acqua, le radici delle vigne si inseriscono nella roccia arrivando anche a per 5/6 metri di profondità. Se a cavallo tra il settecento e ottocento si dice ci fossero oltre 100 cloni di Nebbiolo, oggi si è gradualmente attivati a selezionarne tre, il 12, 21 e 34 sono omologati dal Mipaaf, autorizzati dal disciplinare di produzione dal gennaio del 2003.
In questo contesto Mamete Prevostini, dopo gli studi di enologia a Conegliano è riuscito a dare un nuovo volto all’attività di famiglia, affiancando all’attività di ristoro quella vitivinicola.
“Era l’inizio del secolo scorso, esattamente il 1928, quando i miei nonni diedero vita a quello che oggi potremmo chiamare un agriturismo. Si occupavano dell’orto, della lavorazione artigianale di salumi e formaggi e della produzione del vino. Avevano la fortuna di possedere un frigorifero naturale: il crotto, una cavità naturale tra le rocce della montagna dove soffia costantemente un vento naturale, chiamato localmente Sorèl, che mantiene temperatura e umidità costanti tutto l’anno. Le persone di passaggio, in viaggio verso la Svizzera, iniziarono a fermarsi sempre più spesso per assaporare i prodotti stagionati nel crotto e così iniziò l’attività di famiglia legata alla ristorazione. Io sono cresciuto ammirando mio padre che ripeteva le gestualità del nonno e mi chiedeva di aiutarlo: tra i ricordi olfattivi dell’infanzia quello che non mi ha mai abbandonato è il profumo del mosto che riempiva l’aria nei mesi autunnali.”
Sostenibilità e approccio parcellare in vigneto
Obiettivi chiari e capacità imprenditoriali, Mamete ha scelto di operare in una cantina certificata CasaClima: una struttura, a bassissimo consumo energetico, inaugurata nel 2013. Si tratta della prima in Lombardia e la terza in Italia. L’energia rinnovabile è prodotta in loco: il 60% del fabbisogno è coperto dagli impianti fotovoltaici e l’impiantistica è molto efficiente.
“Il lavoro in vigna segue il ritmo e gli umori della natura, i frutti maturano lentamente. L’ispirazione mi è venuta da qui: mi piaceva l’idea che i grappoli di Nebbiolo, di cui ci eravamo presi cura quando erano sulla pianta, continuassero la loro evoluzione in un ambiente non troppo contaminato e nella maniera più naturale possibile.”
La tecnologia oggi permette di raggiungere elevati livelli di qualità e di rispettare la materia prima, chi ci lavora e l’ambiente. All’esterno la cantina si presenta come un parallelepipedo di colore bordeaux, all’interno è invece molto complessa: è stata progettata per lavorare l’uva a caduta naturale su tre piani, per una superficie totale di 3000 mq. Al piano superiore avvengono l’appassimento e la pigiatura dell’uva, al piano intermedio la fermentazione mentre il piano interrato è destinato all’affinamento dei vini.
“Non è una cosa che si spiega facilmente ma posso dire che si percepisce e fa vivere meglio. Inoltre posso dire che la nuova cantina, a tutti gli effetti, è la versione moderna del crotto di famiglia, da cui tutto è partito” – afferma Mamete.
Il terreno in Valtellina, composto prevalentemente da roccia sfaldata: sabbioso (80%) e limoso (20%), con assenza di calcare e rarità di argilla, si trova in percentuali diverse nelle cinque diverse sottozone di produzione ammesse nel disciplinare di produzione del Valtellina Superiore: Maroggia, Sassella, Grumello, Inferno e Valgella. Mamete Prevostini, tra i suoi 26 ettari di vigneti terrazzati, riesce a vinificare nella quasi totalità delle sottozone andando ancora in più in profondità proponendo versioni parcellari nelle stesse, è il caso del cru La Cruus all’interno dell’Inferno e del cru Sommarovina in località Triasso, all’interno della zona del Sassella.
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Redazione Centrale TdG