
Molte sono le analogie dell’uovo con le nocciole che erano considerate simbolo della saggezza concentrata: dolce e compatta nello stesso tempo e racchiusa in un resistente guscio, impermeabile alle opinioni del volgo, e,come tutti i frutti racchiusi in una scorza, la nocciola è anche il simbolo di fecondità e di rigenerazione tanto che la si regalava come simbolo di fecondità.
Recenti studi sembrano dimostrare gli effetti positivi di un consumo regolare di nocciole sulla salute umana. E’ infatti confermato che una dieta ricca in acido oleico (lo stesso acido grasso presente nell’olio extra vergine d’oliva) consente di mantenere il cosiddetto “Colesterolo cattivo” a bassi livelli nel sangue, e di innalzare i livelli del “Colesterolo buono”, che con la sua azione protettiva sulle membrane cellulari costituisce un’importante difesa delle patologie vascolari. Inoltre, per l’elevato tenore in Tocoferoli, e la vitamina E, la nocciola fornisce un apporto notevole di agenti antiossidanti rallentando l’invecchiamento dei tessuti.
La sinergia corroborante dell’uovo e delle nocciole è una moltiplicazione anziché una semplice somma di valori nutrizionali ed il merito di questa operazione si può attribuire alla Confraternita del sambajon e dei nocciolini di Chivassso.

Chivasso terra di zabaglione e nocciolini
In quella che fu la capitale commerciale del Monferrato nord occidentale:quello che da Moncalvo, Murisenga, Cerrina va verso i paesi della cintura torinese, a pochi passi dalla dolce collina canavesana deii vini Erbaluce e Passito di Caluso,in questo lembo di terra che fu di frontiera fino alla fine della guerra di successione,segnando il confine tra il marchesato dei Gonzaga(che l’aveva ricevuto in dote dai Paleologhi) e il ducato sabaudo,la Confraternita del sambajon e dei nocciolini rinverdisce la tradizione dello zabaglione coi nocciolini. La scelta non è casuale nel retaggio dell’antico che vedeva il mercoledì,giorno di mercato, i monferrini scendere dalle loro colline per scambiare i loro prodotti,fra cui le nocciole,con quelli della bassa canavesana e rifocillarsi,prima di riprendere il viaggio di ritorno,con un “energizzante”:il sambajon appunto.
Una cittadinanza votata naturalmente allo scambio non poteva non sfruttare al meglio quei prodotti,per cui alla farina di nocciole,mischiata a zucchero e bianco d’uovo,inventò i noiset, oggi chiamati nocciolini anche perché ricordano per forma una nocciola mignon e dal tuorlo avanzato, sapientemente condito con vino passito della vicina Caluso,creava un profumato e saporito zabaglione che proponeva con quei piccoli deliziosi dolcetti. Si dice che la pubblicità sia l’anima del commercio e quantunque in quel tempo non ci fossero cartelloni,giornali,radio,televisione, i chivassesi riuscirono comunque a rendere appetibili questi prodotti grazie alla “dicerie” Narra il novantaduenne Gran Maestro della confraternita Mario Bertolino,che costoro,pur di vendere sambajon e noiset,s’inventarono(o forse più semplicemente sperimentarono) che i due prodotti assunti insieme fossero addirittura afrodisiaci. E per rendere più credibile la storia sostenevano che questo connubio fosse stato addirittura inventato da san Bayonne in persona (il religoso che si favoleggia abbia inventato lo zabaglione in Francia) per rimpinguare la prole alle giovvani con mariti pigri. A riprova citavano l’affresco che della devotee,grate al santo per l’efficace consiglio ricevuto,avevano voluto per lui nella chiesa di Ie Pa.
In un testamento olografo di metà Ottocento il testatore(che dal lesico si intuisce sia un canavesano di un paese vicino a Chivasso)sollecita i suoi erede ad avere cura di sé e a mangiare nocciolini e zabaglione perché:
chi a mangia nocciolini e sambajon
dal dì à la forza d’un leon
ma l’è d’neuit ca sent ‘d p’ l’efet
quand ca lìè nén sul on del let
Ricordeve brava gent
Nocciolini e sambajon
A manteno lìomo bon
Chi mangia noccioline e zabaglione,di giorno ha la forza di un leone;ma è di notte che sente di più l’effetto Quando non è da solo a letto. Ricordatevi brava gente:nocciolini e zabaglione,mantengono l’uomo in forma.
Il procedimento per creare i nocciolini fu brevettato nel 1904 dal pasticcere Ernesto Nazzaro. Dal 2010 è patrimonio della Città di Chivasso per volontà del Grand Uff, della Repubblica Italiana Mario Bertolino che glielo aveva donato e che, a sua volta,ne era divenuto proprietario per aver acquistato la storica pasticceri del Nazzaro. Nel 1982 un gruppo di gaudenti chivassesi ha fondato la Confraternita del sambajon e dei nocciolini con lo scopo di divertirsi,rinnovare e cercare di far conoscere questa tradizione a quanti non la conoscono;e il motto non li smentisce: qui ova permixta vino sacarique cm avellanis edunt,semper mulieres permulcebunt quelli che mangiano zabaione con nocciole,rallegrano sempre le donne.
La storia
Il culmine della piramide di elaborazioni crude e cotte dell’uovo è occupato dalla crema inventata da un cuoco della Corte sabauda che l’ha dedicata al Santo ai piedi della cui statua si riuniva la confraternita di cui faceva parte. A Torino, in Via Pietro Micca sorge la chiesa di San Tommaso, che in epoca barocca, è stata al centro della Torino operosa, sulla via che conduceva alla Porta Marmorea, sede delle più importanti confraternite di arti e mestieri, fra cui la Pia Associazione di Cuochi Privati e Famigli d’ambo i Sessi, sotto la protezione di San Pasquale Baylon..Quando uno degli associati mise a punto la crema di rossi d’uovo sbattuti con vino bianco passito, pensò bene di dedicarla al Santo patrono, comprimendo san Pasquale Baylon in “sambajon” .
Carlo Emanuele I, duca di Savoia detto il Grande, proteggeva, oltre che le scienze, le lettere e le belle arti, anche l’arte
culinaria e dolciaria, tantoché concesse patenti di nobiltà a due suoi cuochi ed allo scalco addetto alla sua mensa. Patrono dei cuochi e pasticceri torinesi è stato, per molto tempo, San Pasquale Baylon, al quale le corporazioni dei cuochi e limonattieri avevano eretto un altare nella chiesa di San Tommaso a Torino. Ora, alcuni etimologhi vorrebbero fare derivare la parola sambajon da una corruzione dialettale di Sant Baylon, Vuolsi eziandio che questo delizioso camangiare fosse stato servito, per la prima volta, alla mensa del prefato duca di Savoia, sullo scorcio del XVI secolo, e che al duca fosse tornato assai gradito. Così scriveva Giuseppe Ciocca nella raccolta di ricette pubblicata nel 1923 da Hoepli dove l’autore considerava che il sambajon fosse una trasformazione della rossumada che prende il nome dal nome lombardo del tuorlo d’uovo ; rossum:
culinaria e dolciaria, tantoché concesse patenti di nobiltà a due suoi cuochi ed allo scalco addetto alla sua mensa. Patrono dei cuochi e pasticceri torinesi è stato, per molto tempo, San Pasquale Baylon, al quale le corporazioni dei cuochi e limonattieri avevano eretto un altare nella chiesa di San Tommaso a Torino. Ora, alcuni etimologhi vorrebbero fare derivare la parola sambajon da una corruzione dialettale di Sant Baylon, Vuolsi eziandio che questo delizioso camangiare fosse stato servito, per la prima volta, alla mensa del prefato duca di Savoia, sullo scorcio del XVI secolo, e che al duca fosse tornato assai gradito. Così scriveva Giuseppe Ciocca nella raccolta di ricette pubblicata nel 1923 da Hoepli dove l’autore considerava che il sambajon fosse una trasformazione della rossumada che prende il nome dal nome lombardo del tuorlo d’uovo ; rossum:
Con il Cinquecento l’arte dolciaria italiana raggiunse un grado di ricchezza e raffinatezza che non ha precedenti e nelle corti piemontesi si sviluppò un artigianato che vanta i migliori maestri pasticceri della penisola. E proprio alla mensa del duca Carlo Emanuele I è stato stato servito per la prima volta, sul finire del XVI secolo, lo zabaglione o zabaione..
La ricetta misurata a gusci
Mettere: 1 Tuorlo d’uovo 2 cucchiaini di zucchero e sbattere fino a quando il tuorlo diventa quasi biancoAggiungere: 2 gusci d’uovo abbondanti di marsala (non all’uovo) 1 guscio d’acqua
Mettere sul fuoco con fiamma limitata (o a bagnomaria) sempre rimescolando con un cucchiaino sino al primo cenno di bollore. Togliere dal fuoco e continuare a rimescolare. Servire.
San Pasquale Baylon Religioso francescano Nacque il 16 maggio 1540, nel giorno di Pentecoste, a Torre Hermosa, in Aragona. Di umili origini, sin da piccolo venne avviato al pascolo delle greggi. Durante il lavoro si isolava spesso per pregare. A 18 anni chiese di essere ammesso nel convento dei francescani Alcantarini di Santa Maria di Loreto, da cui venne respinto, forse per la giovane età. Tuttavia non si perse d’animo, venendo ammesso al noviziato il 2 febbraio 1564. L’anno successivo, emise la solenne professione come «fratello laico» non sentendosi degno del sacerdozio. Nel 1576 il ministro provinciale gli affidò il compito, estremamente pericoloso, di portare documenti importanti a Parigi, rischiando di essere ucciso dai calvinisti. L’impegno venne comunque assolto in modo proficuo. Tutta la sua vita fu caratterizzata da un profondo amore per l’Eucaristia che gli valse il titolo di «teologo dell’Eucaristia». Fu anche autore di un libro sulla reale presenza di Cristo nel pane e nel vino. Morì nel convento di Villa Real, presso Valencia il 17 maggio 1592, domenica di Pentecoste con il corpo consumato dalle esagerate mortificazioni inflittesi. Fu canonizzato da Alessandro VIII nel 1690. Nel 1897 Leone XIII lo proclamò patrono dei Congressi eucaristici. A Villa Real presso Valencia in Spagna, san Pasquale Baylon, religioso dell’Ordine dei Frati Minori, mostrandosi sempre premuroso e benevolo verso tutti, venerò costantemente con fervido amore il mistero della Santissima Eucaristia.
Le leggende
La leggenda, essendo la sorellastra della storia e trattata come tale, spesso si vendica dell’altezzosa parente, spifferando sul suo conto segreti e pettegolezzi che nessuno, purtroppo, sarà mai in grado di controllare. Cesare Marchi – Quando siamo a tavola
Fra’ Pasquale de Baylon (1540-1592), del Terzo Ordine dei Francescani, sarebbe approdato a Torino per il suo apostolato, dove avrebbe consigliato alle sue penitenti (specialmente a quelle che si lamentavano della poca vivacità del consorte) una sua ricetta che avrebbe dato vigore e forza al soggetto.
Secondo altri lo zabajone deriverebbe dal nome di un capitano di ventura emiliano, Giovanni Baglione. Il capitano e le sue truppe erano accampati alle porte di Reggio Emilia e si trovarono a corto di cibo; inviò quindi dei soldati a procurarsene dai contadini della zona, ma il bottino fu abbastanza magro; consisteva infatti di uova, zucchero, vino ed erbe aromatiche. Il capitano fece allora mescolare il tutto e distribuì questo strano mix di ingredienti ai suoi soldati che, a sorpresa, ne furono entusiasti. La crema che era stata ottenuta prese il nome dal modo in cui il capitano veniva chiamato, Zvan Bajoun, per poi trasformarsi in zambajoun, successivamente zabajone e infine zabaione
A Venezia si narra che nel XVII secolo si consumasse una crema di queste caratteristiche proveniente dalle coste della Dalmazia, chiamate in dialetto Zabaja e che da queste derivi il nome.
Ottorino Pianigiani nel suo vocabolario etimologico della lingua italiana edito da Sonzogno nel 1937 dà un’esatta descrizione dello zabaione ma indica l’origine del termine all’illirico sabaia: una specie di bevanda d’orzo. A Napoli, conseguentemente alla lunga dominazione spagnola, il suo culto è molto forte e legato proprio alle donne, che si rivolgono a San Pasquale per trovare marito.:
«San Pasquale Baylonne
protettore delle donne,
fammi trovare marito,
bianco, rosso e colorito,
come te, tale e quale,
o glorioso san Pasquale!».
Un’immagine che si discosta alquanto dalla figura dell’uomo che si spense macerato dalle mortificazioni che imponeva al proprio corpo per penitenza.
Gianni Staccotti – giornalista gustonomo storico dell’arte di convitare – stanni@tiscalinet.it
03 Settembre 2012