“Cultura, turismo, paesaggio, ecologia e performance pratiche si uniscono per evitare che le saline vadano perdute e per far sì che tutti noi possiamo godere di un’attività che è quasi scomparsa, ma che un tempo era importante, quando non esisteva il ghiaccio”, scrive l’artista César Manrique nel prologo del grande libro sulle saline delle Canarie “El jardín de la sal” (Il giardino del sale).
La bellezza delle saline di Gran Canaria è il prodotto dell’oceano, del sole e della tenacia umana. Le coste di Gran Canaria nascondono un tesoro di oro bianco nel labile confine tra il mare e la terraferma, anche se la sua presenza non è dovuta alla portata di alcun pirata. La sua origine è dovuta al dialogo permanente tra due elementi che fanno parte dell’essenza dell’isola: l’oceano e il sole. La mano dell’uomo ha fatto il resto per illuminare il sale marino che risplende in diverse saline lungo la costa dell’isola, alcune delle quali con diversi secoli di storia.
Le saline sono la culla del sale dell’Atlantico. Ma prima di arrivare al bianco, dobbiamo parlare del blu, perché le prime parole di questa storia sono scritte sull’Atlantico. L’uomo incanala le sue acque pure verso le saline, affinché il sole le faccia evaporare giorno dopo giorno. Alla fine, sul terreno rimane solo il riflesso cristallino, bianco e puro della sua anima. Stiamo parlando, in effetti, del sale, dove si concentra e sopravvive lo spirito marino.
La mano dell’uomo è parte integrante del processo. Il sale che si accumula nelle saline non ci sarebbe senza lo sforzo e l’abilità di persone dalla pelle bruciata da migliaia di raggi di sole che sminuzzano i cristalli di sale, impediscono che si aggreghino e, infine, sollevano montagne di un bianco accecante. Ogni granello di sale è il risultato dell’unione di sole, uomo e mare.
Queste sagome umane stagliate contro il cielo limpido ci ricordano che il paesaggio di Gran Canaria è spesso opera dei suoi uomini e delle sue donne. La storia è impressa sul terreno e racconta di quei tempi in cui il sale era indispensabile per l’industria della salatura del pesce e in generale per uno stile di vita disegnato su uno sfondo bianco e blu.
Ma il sale è anche un condimento per il presente. Gran Canaria ospita alcuni dei più importanti e antichi complessi salini delle Isole Canarie, tutti in diversi stati di conservazione e sfruttamento. Sono accomunati dalla bellezza enigmatica e magnetica dell’interazione tra luce e sale.
In effetti, le saline diventano specchi in cui si può vedere il cielo. A volte, per la presenza di microrganismi, l’acqua stagnante assume tonalità rosate che trasformano ogni tramonto e ogni alba in un sublime spettacolo di colori che inizia a livello del suolo e termina in alto, dove volano i gabbiani, in quel punto in cui l’inizio e la fine dei giorni si intrecciano. E tutto questo accade qui, sull’isola dove ogni cristallo di sale ha una storia da raccontare.
A Gran Canaria ci sono quattro miniere di sale ancora attive che producono sale marino bianchissimo di grande qualità, in quanto si tratta di saline tradizionali intensive dove il sale cristallizza in piccoli contenitori, i pajos, grazie all’azione del sole e del vento.
Fanno parte della storia della pesca nell’arcipelago delle Canarie e costituiscono un paesaggio di grande interesse non solo per la loro attrazione visiva, ma anche per l’importanza della biodiversità che generano. Situate ai margini della costa, spesso sono affiancate da saline, zone umide che permettono l’osservazione degli uccelli migratori. “Le saline sarebbero di massimo interesse ecologico solo per la loro flora e fauna, ma c’è un fattore che moltiplica questo valore in modo straordinario: il fatto che sono un luogo di riposo, di alimentazione e, a volte, di riproduzione per molti uccelli acquatici migratori”, affermano gli autori Luengo e Marín.
È relativamente facile visitare le saline in produzione sull’isola: tre di esse si trovano sulla costa del comune di Agüimes, quelle di Bocacangrejo e La Florida, molto vicine tra loro, si trovano nei pressi della spiaggia di Vargas; quelle di Arinaga (dichiarate Bene di Interesse Culturale in quanto sito etnologico) si trovano alla fine della zona industriale di Arinaga, vicino alla spiaggia e al villaggio omonimo.
La quarta salina è quella di Tenefé (anch’essa dichiarata Bene di Interesse Culturale con il nome di Salinas de Pozo Izquierdo). Poco distanti dalle precedenti, ma sulla costa del comune di Santa Lucía de Tirajana e vicino alla città e alla spiaggia di Pozo Izquierdo. Si consiglia di visitarle per la bellezza di questi ecosistemi creati dall’attività umana.
Nelle saline di Tenefé – che risalgono alla fine del XVIII secolo e hanno una superficie utile di 20.000 metri quadrati – si può vedere come funzionano le cosiddette “antiche saline di fango” delle Isole Canarie.
Le saline Bocacangrejo hanno anche un’ampia gamma di sali gourmet in vendita nei negozi dell’isola: sale marino vergine, fleur de sel, pietre di sale, fiocchi di sale e sale marino umido, specialmente per i piatti a base di riso.
Un tempo Gran Canaria contava 25 saline sparse lungo la costa settentrionale e sud-orientale dell’isola, legate soprattutto all’industria della salatura del pesce proveniente dalla sponda canaria-sahariana. Oggi rimangono attive solo le quattro citate sopra che sono del tipo “antiche saline di fango” per l’influenza di Cadice e del Portogallo, che oggi producono un alimento gourmet per la sua alta qualità da utilizzare in gastronomia.
Anche l’ultima delle “saline primitive”, esclusiva di Gran Canaria – ed erede della pratica aborigena di raccogliere il sale dalle pozze – sopravvive, con una produzione testimoniale, in funzione almeno tra il 1721 e il 1993: la salina di Bufadero, a Bañaderos (sulla costa di Arucas).
Il funzionamento della salina si basa su tre principi chiave, come sottolinea l’architetto Alberto Luengo, specialista in saline delle Canarie: il principio dell’elevazione, grazie al quale l’acqua viene sollevata fino a un punto dal quale viene distribuita alle vasche per gravità; il principio della tenuta, per trattenere l’acqua durante il riscaldamento senza che si verifichino perdite; e il principio fondamentale della gradazione, che struttura chimicamente il sale. In questo modo, l’acqua entra prima nella vasca detta “cocedero”, dove raggiunge una temperatura di 15-18 gradi, e da lì passa ad altre vasche più piccole, i “tajos”, dove il sale cristallizza a 25 gradi.
Passando attraverso i diversi contenitori, il sale, che è un monocristallo, si libera di carbonati, solfati e gesso, e rimane con gli elementi più interessanti che fornisce: oligoelementi come calcio, cloruro di magnesio, potassio, iodio e manganese.
Il fatto che si tratti di miniere intensive di sale tradizionale spiega la sua alta qualità, che è inversamente proporzionale alle dimensioni del contenitore in cui cristallizza, perché più piccolo è il pozzo, più alta è la qualità, in quanto il sale è meno denso – più piacevole e morbido al palato – e contiene più oligoelementi.
Info: www.grancanaria.com
Silvia Donatiello