Metti un fine settimana in Umbria
Il turismo è a tutti gli effetti uno dei motori economici mondiali; nonostante il particolare momento che stiamo vivendo, il settore rappresenta circa il 10,4% del prodotto interno lordo (PIL) mondiale secondo quanto pubblicato dal World Travel and Tourism Council (WTTC).
Il Turismo Attivo si inserisce come un’alternativa al modello turistico tradizionale, contribuendo alla protezione e conservazione dell’ambiente, alla realizzazione di infrastrutture, al rilancio dell’economia nelle aree meno connesse e alla creazione di posti di lavoro di qualità. Il comparto turistico in Italia ha incominciato a comprenderne il potenziale, e sempre più agenzie e tour operator stanno cercando di specializzarsi nel settore.
Nonostante il recente sviluppo del turismo attivo, alcuni di questi operatori, nati già molti anni fa, ne avevano già compreso le potenzialità e nel corso del tempo hanno saputo creare un’alternativa al modello tradizionale
Durante il primo lockdown, molti di questi tour operator hanno deciso di creare ActiveItaly (www.activeitaly.it), una rete di imprese di turismo attivo e sostenibile con il fine, tra gli altri, di essere un rappresentante sul territorio italiano di questo settore.
Uno di questi, Dreavel.com, con sede in Umbria, mi ha invitato, insieme ad altri operatori del settore, a un fine settimana alla scoperta della Valnerina, durante il mese di ottobre, in collaborazione con la Regione Umbria.
Dreavel.com è specializzato nell’offerta di servizi e pacchetti turistici incentrati prevalentemente sul territorio della propria regione (e anche di altre zone d’Italia) soprattutto in attività e sport outdoor, turismo esperienziale, percorsi enogastronomici e culturali, soggiorni benessere, cammini e pellegrinaggi, e un lungo eccetera!
Potevo dire di no a un fine settimana in una delle regioni più belle d’Italia? Se siete appassionati di attività e di sport outdoor, l’Umbria è il posto giusto!
Il soggiorno è stato un alternarsi di sport, gastronomia, attività all’aria aperta, vini e passeggiate per le stradine di quelli che per me sono un vero museo all’aria aperta: i borghi d’Italia.
Come esordio, al nostro arrivo, ci è stata offerta una degustazione di oli e vini locali della Tenuta Cavalier Mazzocchi 1919. La tenuta prende il nome da Edoardo, nominato cavaliere del lavoro, uno dei primi produttori del Ciliegiolo di Narni, che ha creato un movimento su questo antico vitigno autoctono e su cui il figlio Maurizio, insieme all’associazione dei giovani produttori, sta sperimentando e lavorando da anni per la produzione di Ciliegiolo di Narni IGT in purezza.
Il Ciliegiolo di Narni è un vitigno unico nel suo genere, coltivato in una zona di antiche tradizioni vinicole che è stata proprio riscoperta e rilanciata dalla produzione di questo famoso vino.
Questo vitigno è riuscito a sopravvivere all’estinzione solo grazie alla grande passione di un piccolo gruppo di produttori che hanno continuato a coltivarlo mentre, quasi dappertutto, veniva estirpato per fare spazio a varietà più commerciali. Il nome Ciliegiolo deriva dal caratteristico aroma che richiama proprio la ciliegia e la frutta rossa. Per anni usato come vino da taglio destinato a correggere la gradazione alcolica e il colore di altri vini, il Ciliegiolo di Narni si sta oggi riscoprendo come una delle eccellenze del territorio.
A capo dell’azienda è Maurizio, enologo con esperienze internazionali e una grande passione per questa terra, che sta convertendo all’agricoltura biologica, oltre al Ciliegiolo IGt di Narni, vini bianchi molto originali la cui particolarità deriva da un terreno ricco di antichi sedimenti marini. Tra questi abbiamo provato il Raggio, un ottimo Vermentino, la cui nota marina è proprio la firma di questi vini bianchi del centro d’Italia. La mineralità del Raggio deriva da un terreno argillo-sabbioso di origine marina (Pliocene) che è stato arricchito di elementi minerali a causa del ritirarsi del mare, caratteristica che ritroviamo appunto in questi vini.
L’azienda storica di Narni, oltre a farci degustare questi fantastici vini e l’olio extravergine di Oliva Dop Umbria Colli Orvietani (altro prodotto di pregio per cui è diventata molto conosciuta), ci ha spiegato che, inoltre, si sta dedicando anche al bellissimo progetto “grani antichi umbri”, un lavoro accorto di ricerca, selezione e coltivazione di grani antichi che vengono poi macinati in un piccolo molino non distante dall’azienda.
Con un’accoglienza di questo tipo è difficile non dichiarare amore a prima vista alla destinazione!
Se il primo giorno è stato prevalentemente enogastronomico, forse per riprenderci dalle fatiche del viaggio (da Torino, Terni non è proprio dietro l’angolo), il secondo giorno è iniziato all’insegna dell’outdoor.
La Valnerina è stata la protagonista di questo primo approccio outdoor. Arrivati sul fiume Nera, ci siamo divisi in due gruppi, uno a fare un’escursione in mountain bike lungo la Greenway del fiume, un percorso ciclopedonale che costeggia il fiume, attività a cui avrei volentieri partecipato in principio, e l’altro gruppo (il mio, per intenderci), nell’avventura del rafting. Tengo a precisare che per me la massima espressione di sport estremo è lo shopping selvaggio, per cui il rafting non è compreso nelle mie attività preferite, forse perché reduce di un’esperienza di qualche anno fa in cui mio padre, per distrazione e mancanza di concentrazione, ha rischiato di farmi cadere nel fiume. Con questo (scarso) spirito di avventura addosso mi sono recata comunque con i miei compagni di squadra a fare questa esperienza e devo ammettere di essermi ricreduta: tra le attività all’aria aperta, il rafting è tra quelle più divertenti, amate e capace di regalare a tutti grandi emozioni!
Questo sport abbina avventura e natura facendoli vivere da una prospettiva diversa: quella dai fiumi e l’Umbria è una terra ricca di corsi d’acqua e torrenti, un territorio assolutamente perfetto per la sua pratica.
La Valnerina è caratterizzata da una natura rigogliosa e varia, le abbazie, gli eremi e i santuari presenti sul territorio rappresentano importanti testimonianze della storia che attraversa questa terra.
Ovviamente se uno non è un esperto, come la sottoscritta, il tratto di fiume Nera che precede la Cascata delle Marmore offre diverse esperienze di soft rafting divertenti e adatte a tutti, rese anche piacevoli dalla semplicità della pratica di questo sport: è sufficiente saper nuotare, essere in buone condizioni di salute e osservare alcune norme di sicurezza di base.
Il fiume Nera e il fiume Corno offrono diverse opportunità per praticare il rafting in molte aree comprese tra il Parco Nazionale dei Monti Sibillini e la Cascata delle Marmore. Il nostro percorso di rafting soft che si è svolto nel tratto del fiume Nera tra il ponte di Ferentillo ed il ponte di Arrone, è adatto a tutti (anche a me!), e il divertimento è garantito!
È un tratto di circa 5 km nel Parco fluviale del Nera, avvolti da una vegetazione senza paragoni. Se, come nel nostro caso, ad un certo punto del percorso inizia a piovere, l’esperienza è ancora più bella. Ci si ritrova circondati dall’acqua, dall’alto e dal basso in mezzo alla natura. Un momento sublime, in cui la magia della natura prevale su qualsiasi altro pensiero o sentimento, e la sensazione, credetemi è indimenticabile!
Imprescindibile una visita al Borgo di Arrone, meraviglioso groviglio di irte stradine che arrivano al castello costruito sul finire del IX secolo da un nobile romano dal quale prese il nome.
La parte alta dell’abitato, che conserva l’impianto urbanistico medioevale con le mura e i pittoreschi vicoli, è sicuramente la più suggestiva. Da non perdere la chiesa trecentesca di San Giovanni Battista con affreschi quattrocenteschi di scuola umbra.
Con esperienze così intense vissute in così poche ore uno si ritrova poi seduto a tavola con l’appetito di un cinghiale scoprendo con piacere che questa selvaggina, oltre che un piatto tipico locale, era proprio la prelibatezza cucinata dai cuochi dell’agriturismo per farci recuperare le forze. In Umbria non solo si recuperano le forze, ma anche i chili faticosamente persi prima di visitarla: l’abbondanza dei piatti, la ricchezza dei loro salumi, delle loro carni e dei loro primi sono una vera delizia per i palati più esigenti.
Un pomeriggio a passeggio per le colline di San Gemini e una cena alla Tenuta di Vallantica hanno coronato il resto della giornata.
Il terzo e ultimo giorno è stato dedicato al trekking, nel parco della Cascata delle Marmore, un luogo a dir poco affascinante. Forse non tutti sanno che con i suoi 165 metri totali è la più alta cascata artificiale d’Europa.
La natura che circonda la cascata è decisamente rigogliosa, la sua straordinaria ricchezza biologica è riconosciuta in Europa come Zona di Protezione Speciale. Vi si trovano forme primitive vegetali come alghe azzurre e verdi, muschi, licheni, numerose piante acquatiche e terrestri come le felci. Le specie zoologiche sono delle più varie: insetti, anfibi, pesci, rettili, piccoli mammiferi e uccelli.
Per chi ama il birdwatching, qui è possibile osservare specie rare o uniche in Italia quali il Merlo acquaiolo e la Ballerina gialla, che si alimentano lungo le sponde del fiume Nera, le migrazioni invernali del Martin pescatore, la Rondine montana e il Passero solitario che nidificano nelle nude pareti rocciose.
L’aspetto naturale più incredibile, ma meno conosciuto, è quello sotterraneo. Nel belvedere superiore si trova il pianoro dei “Campacci di Marmore” formatosi dalle acque del Velino che stagnavano nell’area fino al 271 a.C.; nel ventre di queste rocce, un poroso impasto di travertino, si sono formate grotte naturali decisamente suggestive.
La storia della Cascata
La Cascata è una straordinaria opera di architettura risalente al 271 a.C. quando il Console Romano, Manio Curio Dentato, ordinò la bonifica della valle reatina del Velino, un’area di acquitrini dove era impossibile vivere. Tramite la costruzione di canali artificiali il corso del fiume venne deviato verso il fiume Nera, tra le non poche proteste degli abitanti di Terni che temevano inondazioni dovute alla enorme massa di acqua. Per raccogliere le acque e deviarne il flusso, nel corso dei secoli, sono stati costruiti diversi canali. Pochi sanno però che i canali richiedevano continui interventi di manutenzione e che la potenza delle acque causava allagamenti e disastri in Valnerina. Solo nel 1787 le alluvioni cessarono. Per volontà di Papa Pio VI fu chiamato l’architetto e ingegnere Andrea Vici che creando il Canale Pio, intervenne direttamente sui balzi conferendo alla Cascata l’aspetto che oggi ammiriamo: 3 balzi, un flusso di acqua regolare e una potenza suggestiva!
Oltre la storia, esiste però anche una leggenda sulla Cascata delle Marmore che vede protagonista la bellissima ninfa Nera che all’innamorarsi perdutamente del pastore Velino, suscitò la gelosia di Giunone. La Dea, per vendetta, trasformò Nera in un fiume e fu in quel momento che l’innamorato, deciso a seguirla a tutti i costi, si lanciò dalla rupe di Marmore formando il grande salto che possiamo ammirare alla Cascata delle Marmore.
Un’altra leggenda ancor meno conosciuta è quella dello “gnefro”, il folletto o gnomo che nella cultura popolare della città di Terni popola la Valnerina. Lo gnefro è una creatura di bassa statura (meno di un metro) che vive insieme ad altri folletti, nei pressi della Cascata. È dotato di poteri magici che usa per fare scherzetti e dispetti ma senza nuocere particolarmente. Esce soprattutto di notte e si diverte a spaventare i viandanti: alcune volte appare con le sembianze di un grazioso bambino altre con quelle di un terribile gnomo rugoso! Per alcuni lo gnefro è un vero e proprio portafortuna da tenere in casa!
Per gli appassionati d’arte
La Cascata ha richiamato da sempre vere e proprie personalità. Plinio, Cicerone, numerosi Papi, Galilei, Vittorio Alfieri, Gioacchino Belli, Lord Byron e Leonardo Da Vinci che rappresentò la Cascata e il paese di Papigno nel dipinto “Paesaggio con fiume” del 1473, conservato a Firenze. Basti pensare che nel XVIII e XIX secolo la Cascata delle Marmore era una tappa obbligata del Grand Tour verso Roma. Forse non molti sanno invece che fra il ‘700 e l’800 la Cascata divenne una delle mete predilette per un incredibile numero di pittori europei appartenenti alla corrente dei “Plenaristi“. I pittori “en plen air” amavano dipingere paesaggi dal vero, all’aria aperta, molto prima dell’avvento della fotografia. Tra questi Turner, Corot, Courbet, Granet, Bidauld, Verstappen, Blechen, Palm le cui opere si trovano oggi in tanti musei del mondo.
L’ultima mattinata è quindi trascorsa a camminare per questi luoghi incantati, per terminare con un pranzo sul lago di Piediluco e un tour in battello sul lago. Un finale in bellezza, perché l’Umbria ha proprio la capacità di riempirti gli occhi e lo spirito di bellezza, nella sua veste naturale e paesaggistica, in quella architettonica, nel calore della sua gente e con la bontà delle sue delizie enogastronomiche.
Silvia Donatiello
Per maggiori informazioni: www.dreavel.com