Quest’anno ricorre l’80° dello sbarco degli alleati in Normandia, precisamente sulla spiaggia di Arromanches, il 6 giugno 1944, dove è stato allestito un museo che si può visitare tutti i giorni
Un luogo che ricorda l’epica impresa è il Cimetière Américain – Omaha Beach, a pochi metri dalla battigia di Colleville-Sur-Mer. In questo cimitero sono sepolti 9.387 soldati americani. Ogni anno, la ricorrenza viene celebrata (in Francia, ma non solo) perché fu da quell’avventurosa e per molti versi azzardata operazione militare che prese avvio la fase finale della Seconda guerra mondiale.
Il generale tedesco Erwin Rommel lo definì: “Il giorno più lungo”. E ‘Il giorno più lungo’ è anche il titolo di un saggio pubblicato nel 1959, e soprattutto di un mitico film del 1962 con un cast straordinario, da John Wayne, Sean Connery, Henry Fonda e Robert Mitchum. Il contingente coinvolto nello sbarco fu massiccio: 5 mila fra navi e mezzi anfibi, 104 cacciatorpedinieri, 130 mila soldati (in larga maggioranza inglesi e americani) e 20 mila paracadutisti lanciatisi oltre le linee nemiche.
Un omaggio alla memoria, al sacrificio di quanti si sono immolati per un ideale di libertà e di democrazia. Sarà una cerimonia toccante, ma non è solo questo il motivo di una visita in Normandia.
La Normandia non si presta a visite mordi e fuggi. Esige, calma e lentezza. E se quella dell’immaginario può essere terra da cartolina o da film, in cui si sovrappongono le visioni delle scogliere di Etretat come le vide Monet, o di una giovanissima Deneuve che canta e balla ne “Le parapluies de Cherbuorg”, oppure l’indimenticabile spiaggia di Deuville, che dal film di Lelouch trasse una celebrità insperata e mondiale, la Normandia non è solo questo.
Non soltanto coste a strapiombo e mare inquieto, spiagge sabbiose e volo di gabbiani: è anche campagna verdeggiante, giardino di prati sempre verdi, di pianure boscose e fertili, dove placidamente soggiornano mucche pezzate, cavalli dalle forme perfette e pecore dal latte denso e cremoso per formaggi prelibati.
E’ multipla la Normandia: molte pagine della storia di Francia vi sono state scritte, e si divide in province e villaggi orgogliosi delle proprie caratteristiche, dei propri prodotti, dei propri fasti presenti e passati che si leggono nelle abbazie silenziose, nelle torri che agitano il vessillo normanno rosso con due leopardi d’oro, nelle fattorie e castelli circondati dal verde, nelle facciate delle cattedrali che puntano verso il cielo, vertiginose cuspidi che gareggiano in trafori con i celebri merletti.
È anche terra di acque dolci e salate, di liquori stordenti e succulenti formaggi, di ispirazione letteraria e artistica, uno scrigno di serenità, di bellezza incontaminate, di pace, ma anche di insanguinate memorie della Seconda guerra mondiale.
Gli itinerari che si possono tracciare in una terra così complessa e così ricca sono innumeri e una volta scelta la via rimarrà, inevitabilmente, il rimpianto per quanto si dovrà tralasciare.
La Senna, principale via di comunicazione, per secoli ed ancora oggi, di tutta la Francia settentrionale, che lasciando Parigi risale verso Rouen attorcigliandosi in pieghe sempre più strette fino a gettarsi nell’oceano, offre un invito troppo allettante per poterlo ignorare. Anche perché lungo questo percorso nell’Haute-Normandie troveremo gli straordinari paesaggi che furono fonte di ispirazione per molti letterati e scrittori che ebbero lì le loro case di campagna, oggi aperte al pubblico e accudite come solo i francesi sanno fare. Una dimostrazione, tanto per citare e la dimora di Victor Hugo, rimasta intatta e ricolma di ricordi.
La campagna è tutta un caleidoscopio di verdi, dal più tenero al più cupo; apparentemente disabitata, se non fosse per quei minuscoli villaggi stretti come per paura attorno a una cuspide ornata da piccole figurine segnavento: un pesce, un gallo, un angelo.
Una piacevole sorpresa, se si ha l’accortezza di addentrarsi per i sentieri, di fattorie e tenute da fiaba, è rappresentata dei “bocages”, termine qui in uso per indicare piccole proprietà coltivate a prato e delimitate da alberi o siepi che celano gli hameaux aux chaumières a colombages, costruzioni dal tetto di paglia e antiche travi a vista sul prospetto, oppure gli haras dove si addestrano cavalli di razza per i galoppatoi di Deauville.
E ancora gli splendidi manoirs, fattorie fortificate del XVI secolo, vertici della gerarchia rurale che oppongono le loro torri ai temibili venti dell’ovest, dimore che hanno un’anima e sono restie a svelarla, difese da minacciosi cartelli e da contadini non lieti che qualcuno venga ad intralciare la raccolta delle mele o la mungitura. Al massimo si potrà acquistare la frutta che viene deposta in cassette sulla strada affinché ci si serva, lasciando l’importo in un cestino.
Consigliata una sosta a Giverny, fra le ninfee rese celebri da Monet, oppure cedere al richiamo dell’oceano e andare dove terra e mare si confondono, tra falesie e lunghe spiagge intarsiate da pittoreschi e colorati porticcioli.
Curiose le piccole stazioni balneari che dormono tutto l’inverno e si risvegliano d’estate con uno charme un po’ desueto, un ritmo un po’ sorpassato, un’atmosfera tranquilla che fa tanto inizio dello scorso secolo.
A Deauville rimasta ancora come apparve a Flaubert, Stendhal e Baudeleire, che venivano in vacanza, le stesse stradine con l’acciottolato d’allora, le medesime case dalle travi a vista o accuratamente dipinte a colori pastello. Deauville, oggi, grazie al tunnel sotto la Manica, viene presa d’assalto dagli inglesi che arrivano a frotte, trovandovi la joie de vivre che, evidentemente, scarseggia nel loro Paese.
Deauville, con la sua infinita spiaggia, legata per sempre ai cinematografici palpiti di Jean-Louis Trintignant ed Anouk Aimée, è tradizionale passerella per stelle e stelline dell’ononimo Festival sullo sfondo delle cabine degli stabilimenti che si fregiano ancora dei nomi delle celebrità come: Burton, la Taylor, Orson Welles, Gregory Peck, Gary Grant, che alloggiavano all’Hotel Normandie – Lucienne Barriere.
Paesi d’incanto, con le casette all’ancienne, tutte in fila come bambini che si danno la mano e fanno girotondo attorno al porto, fitto di imbarcazioni, di Honfleur, così perfetto da sembrare finto, rimasto esattamente come lo concepì Colbert nel Seicento. Qui, nella taverna aperta più di cento anni fa dalla Mère Toutain alla Ferme Sant-Simeon, oggi albergo per vip, trovarono rifugio, davanti a un bicchiere di calvados e una zuppa di merluzzo, gli impressionisti della Scuola di Honfleur: Boudin, Monet, Courbet, Sisley e gli altri pittori di Parigi che dipingevano, fra lo stupore degli anziani pescatori, i colori dell’acqua e i suoi riflessi.
Anche qui, come altrove, la vecchia Normandia celebra le nozze della terra e del mare, dell’arte e della buona tavola, del tempo passato col presente: un festino per palati esigenti, cui è privilegio aderire.
Da non perdere: Giverny: nel punto in cui il fiume Epte s’immette nella Senna sorge il villaggio. Qui Monet soggiornò e dipinse gli ultimi quadri della sua vita e dal 1966 la sua casa è diventata museo.
Arromanches, con il museo memoriale dello sbarco. Honfleur, il suo porto e l’avveniristico ponte sulla Senna. A Deuville non può mancare una sosta all’ippodromo e una passeggiata sulla spiaggia. A Rouen oltre la cattedrale, una visita anche alla caratterista città vecchia.
Per chi ama aggirarsi per i mercatini, la Normandia offre tesori, bric à brac, tessuti tipici e tutto quello che concerne il mare: maglioni ruvidi e giacche da barca.
Infine, un consiglio esclusivamente ai buongustai: le diverse varietà di formaggi normanni, piccoli e rotondi, teneramente impolverati dalla tradizionale muffa bianca, sono una delizia per il palato, da gustare accompagnati con sidro o meglio ancora con il tradizionale Calvados.
Per alloggiare, un colpo di vita indimenticabile è il mitico Hotel Normandie Lucienne Barriere di Douville,
Jimmy Pessina
Foto di Jimmy Pessina e Normandia Tourisme