Oschiri nel nord della Sardegna, collocato tra lago e foresta, è un crocevia geografico e culturale di una storia lunga 50 secoli
Domus de janas , o “case delle fate” sparse tra gli alberi, resti di nuraghi, muretti a secco e fichi d’India, un grande lago increspato al vento del tramonto, alture in lontananza, chiese in trachite rossa e verde isolate su poggi. E vicino una grande foresta demaniale intatta.
Siamo a Oschiri, nell’alta Gallura, una cittadina in posizione strategica fin dall’antichità, tanto che la storia in questo territorio ha una continuità che dura da millenni.
Baricentrica rispetto all’entroterra sardo, tra Gallura, Logudoro e Barbagia, Oschiri oggi è anche a breve distanza dalle meraviglie della Costa Smeralda.
Ma non tutto si comprende subito. Strade tranquille, una grande chiesa nella piazza centrale, viali ariosi costeggiati da alberi e case colorate a due piani, botteghe artigianali, profumi che si spandono intorno all’ora di pranzo fanno immaginare un luogo dove le ore scorrono lente. Ma se si ha la pazienza di curiosare in città e nei dintorni, si scoprono dimensioni insospettate.
Tanto per cominciare un altare misterioso, l’altare di Santo Stefano, un lungo basamento granitico inciso con simboli geometrici: nicchie di forma triangolare, semicircolare e quadrangolare. Testimonianza di un antichissimo interesse delle popolazioni pastorali per un’iconografia ispirata alle religioni cosmiche, oppure un’opera di età romana, o addirittura di età bizantina, quando i monaci basiliani rifiutavano di rappresentare l’immagine della divinità e usavano solo figure geometriche?
Nell’area di lunga tradizione sacrale in cui si colloca l’altare di Santo Stefano, sparse nella campagna, appaiono numerose Domus de Janas, grandi complessi megalitici funerari a formare vere necropoli del IV millennio a.C.
Le domande si affollano e vanno in un percorso a ritroso. Età preistorica, età nuragica, età romana, età medievale. Una ricca stratificazione su 50 secoli e un ricco sincretismo culturale hanno lasciato tracce e testimonianze.
Il luogo più adatto a trovare risposte è il Museo Archeologico di Oschiri.
Chi avrebbe detto che un bronzetto di età nuragica, dell’800 a.C circa, a forma di carretto (porta gioie o carro da battaglia?) con quattro ruote, perfettamente conservato e decorato, trovato dal Generale Lamarmora, è l’unico esemplare di questo tipo trovato in Sardegna? E come mai questa ricchezza di reperti, ossidiane, ceramiche, bronzi, vetri? Oschiri, uno dei centri urbani più antichi della Sardegna, era al centro di un vasto territorio ricco di acqua: da qui la fertilità e la facilità di vie di comunicazione che univano est e ovest della Sardegna, quelle che oggi sono le zone di Olbia e di Sassari.
Un crocevia assolutamente strategico per dominare il Mediterraneo.
Ecco quindi lo stanziamento di legioni romane e la costruzione di un “castrum”. Proprio il termine “castro” ricorre nel toponimo di Nostra Signora di Castro, la splendida chiesa del 1100 in trachite rossa che spicca in mezzo alla vegetazione che la circonda, particolarmente suggestiva al tramonto, nel silenzio e nella solitudine. Da una grande scala si domina il panorama tra la Gallura e la piana del Lugodoro, il lago Coghinas, la catena del Limbara e l’agro di Oschiri.
Se Nostra Signora di Castro è l’esempio più bello e più interessante di chiesa romanico pisana della zona, un’altra chiesa da non perdere è Nostra Signora di Otti. Più piccola, ma altrettanto suggestiva, isolata in uno scenario di montagne, la catena del Limbara, ricorda i tempi in cui tanti piccoli villaggi sparsi nella campagna avevano una propria chiesetta.
Intorno una campagna a perdita d’occhio, scenografiche rocce granitiche erose dal vento e dall’acqua, boschi di lecci e di querce da sughero, siepi di erica, ginepri, mirto e lentisco.
Che diventano una vera foresta a Su Filigosu, la foresta demaniale protetta, di proprietà regionale e governata dall’Ente FORESTAS. Un’oasi naturalistica regno per il trekking, corse in bici e in moto, belle passeggiate a piedi. Senza dimenticare che Su Filigosu è anche sede di un laboratorio di smielatura, dove si produce un ottimo miele dai sentori profumati: millefiori, lavanda, corbezzolo, oltre all’abbamele, un derivato del miele perfetto da abbinare ai formaggi.
www.sardegnaforeste.it/foresta/filigosu
E il miele introduce al mondo dell’enogastronomia locale, un paradiso di sapori, profumi e suggestioni.
A cominciare dalle “panadas”, a cui è dedicata una bella festa estiva nel mese di luglio.
Famose quelle di Oschiri fin dall’800, quando, con la costruzione della ferrovia, molti oschiresi si recavano a Sassari a vendere le “panneddas”, ritenute superiori a quelle di altri paesi. Ottimo esempio, tra l’altro, di cibo take away fin dai tempi dell’economia pastorale.
Ma che cosa le rende così speciali? Ce lo spiega la signora Lella, titolare di “Sapori di Oschiri”, un’azienda al femminile che produce ogni giorno più di mille “panadas”, tortine ripiene di carne o di verdure. Il segreto è la pasta allo strutto croccante e saporita, i due strati piuttosto consistenti, e la famosa “cucitura” a pizzico fatta a mano, che ricorda i punti della tessitura sarda.
La campagna ricca di pascoli per le pecore, una delle voci principali dell’economia di Oschiri, allude con evidenza all’abbondanza ed eccellenza dei formaggi, in particolare prodotti da Fogu Casearia, un’azienda familiare che da tre generazioni produce pecorino romano, pecorino sardo, ricotte, “perette”, formaggi a pasta filata anche affumicati.
E la gastronomia tipica si conclude con un trionfo di dolci: dalle seadas coperte di miele, agli acciuleddi, dal torrone sardo alle delizie, dai papassini alle origliette alle telicche. Per un assaggio di cucina tipica autentica, dolce e salata, di terra e di mare, ottima, nel centro di Oschiri, la trattoria Pes: culurgiones ripieni di patate, ricotta di pecora e menta, cordula o interiora di agnello ai piselli, trippa alla parmigiana, spaghetti alle arselle e bottarga. Il tutto annaffiato dal famoso Vermentino di Gallura, di color giallo paglierino con leggeri riflessi verdognoli e retrogusto leggermente amaro.
La strada del Vermentino ci porta a pochi chilometri di distanza a Berchidda, famosa per essere patria di Paolo Fresu, dove il Museo del Vino ci farà conoscere sistematicamente la storia della vinicoltura sarda, dei vitigni autoctoni, delle tecniche di vinificazione, delle feste del vino e del cibo. www.muvisardegna.it
Il nostro percorso di turismo slow prosegue sul famoso lago Coghinas che racconta una storia di economia industriale nata nel 1927 con la costruzione della diga, la produzione di energia elettrica e di ammoniaca, la costruzione di una vera cittadella per i dipendenti Enel, subentrata alla precedente Società Elettrica Sarda.
Per metterne a fuoco l’importanza, basti pensare che qui fece i suoi esperimenti il giovanissimo, futuro premio Nobel, Giulio Natta.
Oggi il lago racconta una storia di pesca sportiva che attira migliaia di pescatori, mentre chi non pratica la pesca sceglierà escursioni sull’acqua in barca o in canotto.
Proprio in riva al lago si apre un agriturismo perfetto per sostare in relax ad Oschiri: il “Nuraghe del Lago Coghinas”, tra mirti, corbezzoli e sugherete, offre ambienti arredati con gusto e atmosfera, una cucina tipica e genuina, un calda accoglienza, oltre alla possibilità di organizzare escursioni nei dintorni, come Visita alla Fattoria Demarcus, All’alba con il contadino, Laboratorio di panadas, Aperitivo sardo in piscina.
nuraghedellagocoghinas@gmail.com
E poiché, come dicevamo, Oschiri è un perfetto crocevia tra la Gallura costiera e quella interna, una puntata sulla costa a breve distanza ci conduce a Santa Teresa di Gallura.
Qui una sosta al Marlin ci farà scoprire la vera cucina mediterranea davanti a uno dei mari più belli del mondo: alici impanate con burrata e salsa al basilico, baccalà mantecato, code di gamberi con chutney di frutta esotica, fregula ai frutti di mare, ravioli al sugo di ricciola e asparagi
www.ristorantemarlin.it
Infine, se ci si ferma qualche giorno in più, non si può perdere il piccolo centro di Aggius, Bandiera Arancione del Touring club italiano, pieno di incanti e di suggestioni. Tra piazzette decorate con piastrelle colorate, pareti di pietra con telai d’arte appesi, porticine di case disegnate con i motivi tradizionali della tessitura, si aprono musei dai nomi originali. Basti pensare al Museo del Banditismo, al Museo dell’Amore Perduto, al Museo del Ghirigoro.
Per finire con l’interessantissimo MEOC, il museo etnografico intitolato a Oliva Carta Cannas, che, accanto ad alcune bellissime opere di Maria Lai, racconta storia, cultura e tradizioni di tutta la Gallura.
Franca Dell’Arciprete Scotti