Una passeggiata in mezzo alle vigne, poesia accompagnata dalle note delicate di una sinfonia: il paesaggio che ti circonda. Una passeggiata mentre l’autunno è alle porte e i suoi colori già si annunciano. Magia che diventa quadro e tu pensi di ammirarlo in un grande museo, invece ne fai parte, sei immerso nella generosità della natura.
Erano queste le sensazioni provate durante i giorni trascorsi in Franciacorta in concomitanza con l’omonimo Festival che ogni anno si svolge nel mese di settembre. Eravamo in tanti che ripetevano da anni questa esperienza: partecipare al Festival di Franciacorta.
In questi eventi l’esperienza ci ha insegnato di conoscere il piccolo produttore, quello grande è già noto, si fa conoscere con più facilità. Anche se non possiamo non citare la loro serietà o la gentilezza in queste visite. L’ospitalità di Cristina Ziliani, e i dello staff di Berlucchi, per noi è stata una gioia. L’apertura delle porte del palazzo Lana, raccontare la storia di quella casa, i segreti del cavaliere e del padrone, erano un tesoro in più che in una giornata aperta al pubblico.
Ma come abbiamo affermato prima oggi racconteremo i figli minori di Franciacorta. Quelli i più piccoli, che seguono i passi dei fratelli più grandi, ma a volte seguono anche il loro istinto, la fiducia nei terreni che lavorano con passione e dedizioni e che a volte hanno caratteristiche e proprietà uniche, che possono esprimere forti personalità proprio perché vinificati separatamente e separati anche in bottiglia, che vengono coccolati e accuditi proprio in virtù dei bassi quantitativi, in termini di bottiglie prodotte. Sono vigneron che orgogliosamente vinificano solo le uve di proprietà, quelle coltivate in prima persona e che conoscono grappolo a grappolo, loro hanno la loro terra e hanno fiducia solo in lei.
– Quanti ettari ha?
– Uno.
– Quanto?
– Sì, ha sentito bene. Uno.
Appena senti la risposta del giovane Massussi, il sorriso è inevitabile, ma lui fiducioso nel suo unico ettaro in terreno quasi montano ti spiega con calma e determinazione le caratteristiche del terreno, la vinificazione ecc…..
– Io sono qua in collina, forse sono l’unico che ha le vigne in questa altitudine, cosa posso fare? Comprare l’uva dall’altri e poi vendere il vino come fosse mio? Ecco, vedete questo terreno qua davanti? Pianterò viti nuove e forse pian pianino avrò i miei due ettari. E poi si vedrà. Io sono entrato nel Consorzio solo nel 2008, prima mio padre faceva il vino solo per i suoi amici e per noi. Adesso facciamo le nostre 5-6 mila bottiglie e anche un po’ di riserva.
La sua cantina è piccola, ma ben ordinata. Ogni cosa al suo posto. Non poteva essere diverso. Ci ha mostrato la sua postazione dove manualmente attacca le etichette.
– All’inizio venivano un po’ storte, ma adesso vedete? Tutto perfetto. Le mani hanno preso la precisione della macchina.
Menomale che ancora trovi viticoltori giovani e piccoli!!! E’ bello seguire la loro crescita, con le salite passo dopo passo, a volte ci sono anche le cadute, come negli anni peggiori in cui la vendemmia è poco generosa, ma pazienza la vita è fatta anche di cadute.
– Vedete quanto mosto ho dalla vendemmia di quest’anno?
Giriamo le teste curiosi a vedere una botte enorme d’acciaio, e troviamo un contenitore di plastica nemmeno di 100 litri.
– Ecco lo scherzo della natura. Per qualcun altro quest’anno è una bella annata, per me la grandine ha voluto farmi gli scherzi, pazienza.
La sua serenità si legge nel suo modo di parlare.
– Adesso vi faccio assaggiare una mia riserva sboccata alla “volè”; ma quando mai avrete la fortuna di assaggiare un vino una seconda volta in questo modo?
Infatti da quando seguiamo il vino, e sono tanti anni, ci è capitato di assaggiare vini bianchi e rossi dalle botti, ma un metodo classico appena sboccato, mai !
Scendiamo la collina di Iseo nella speranza che tra qualche anno questo giovane viticoltore possa diventare un produttore affermato, ma nella convinzione che non possa dimenticare i primi passi, i suoi sogni e le difficoltà affrontate. Sono solo la fame e i sogni che ci fanno andare avanti e lottare per ciò in cui crediamo, ma la memoria per le difficoltà dell’inizio non deve mai farci pensare di essere arrivati.
Il giorno dopo il sole, splendente e luminoso coccolava la terra e i suoi volatili che hanno trovato casa nel lago d’Iseo maestoso e misterioso e nelle vicine torbiere, riserva naturale di rara bellezza. Il cigno alla ricerca di cibo dai vacanzieri completa il paesaggio meraviglioso della mattina di domenica.
– Dove si va oggi?
– L’abbiamo detto, quest’anno visitiamo i piccoli. Mi interessa La Valle. Ho assaggiato ieri sera un suo rosato dai sentori fruttati e intensi e dai sapori pieni ed avvolgenti: davvero un gran metodo classico!
Andiamo nella cantina “La Valle” con il nostro amico e collega Ignazio, come sempre saggio nei suoi consigli, attraverso percorsi naturalistici emozionanti: l’anfiteatro delle vigne in mezzo ai campi curati, boschi, paesini incantevoli. C’è da non credere che a pochi km dalla pianura padana sia così grande il cambiamento delle pagine dell’album di quella terra.
Ci preparano il tavolo e cominciamo con i primi assaggi. Passano pochi minuti e il padrone di casa, Ing. Eugenio PEZZOLA, si avvicina con molto garbo e ci chiede se si può sedere anche lui con noi. Meglio di così non poteva andare. Da quel momento ci perdiamo in discorsi sul vino e sulla vita coccolati da un’ospitalità e un’accoglienza uniche. I piatti e gli assaggi vengono offerti in abbondanza. Eugenio è un ingegnere, come suo nipote dedito anch’egli all’Azienda di famiglia; la figlia è architetto, tutti uniti dalla passione per il vino. A volte quando scriviamo di vino sembriamo quasi patetici, ma il vino sa prenderti e il lettore spero ci perdoni; l’appassionato ci comprende forse meglio, chi ancora non lo è speriamo faccia i primi passi in questo mondo e ci capirà sicuramente.
L’ Ing. Eugenio ci apre una loro riserva del 2002. La prima sensazione è particolare: un profumo e un gusto che ci confondevano. Il profumo di frutta matura, ci prepara ad un vino pronto, ma il gusto ci è differente: scorbutico, scomposto come di un vino giovane, pronto da bere dopo un po’ di anni. La sua bell’acidità da l’idea di una grande freschezza, il pizzico di sapidità aggiunge complessità ad un vino ancora restio ad “aprirsi” ma in potenza meraviglioso; e scopriamo ben presto il perché: sboccatura nel II semestre del 2014; ha bisogno di almeno sei mesi di affinamento in bottiglia per esprimersi al meglio, e Eugenio ci dice anche un anno.
Nel visitare questa terra le sorprese non finiscono qui. La cantina Ronco Calino ha in programma una verticale di vecchie annate dal 1996 al 2003, saltando l’annata del 2002. Dopo la visita in cantina entriamo nella sala degustazione e troviamo i sei bicchieri già riempiti. La prima sensazione è stata la delusione per una cosa simile. Come il vino già versato? E le bollicine? Il caldo? La risposta è immediata.
– Abbiamo messo i bicchieri in modo non lineare come annate. Tocca a voi dirci quello che pensate. Non dovete dimenticare che la sboccatura è per tutte le annate in degustazione: marzo 2011. A voi signori.
Assaggiamo davvero dei grandi vini, perdendoci in profumi e sapori talvolta terziari, ma sempre complessi ed eleganti, Alcuni freschissimi e non sempre i più “giovani” vini della degustazione. Profumi e sapori che nulla
hanno da invidiare ai cugini di oltr’alpe. Lì assaggiavi la storia, l’amore, lo sforzo di quella gente, la fiducia nel loro lavoro, e ti convinci che quel viaggio benedetto di Franco Ziliani nel lontano 1960 nella zona dello Champagne, la sua convinzione che la terra di Franciacorta era all’altezza di fare grandi vini, era un ‘intuizione corretta. E così e stato. Alcuni hanno creduto in quella visione e lo hanno seguito. I piccoli e i grandi produttori non devono dimenticare i primi passi di quel grande cambiamento e ringraziare.
Torniamo a Torino convinti che l’anno prossimo parteciperemo di nuovo a questo straordinario Festival di Franciacorta organizzato dall’omonimo Consorzio. Sono ben organizzati e trattano i membri, grandi e piccoli, con la stessa cura che una madre dedica ai suoi figli.
Danjela Mecaj e Luca Ghirardo