Si dice che sedersi a tavola sia il modo migliore per dimenticare i diverbi e diventare amici. Magari bastasse davvero, ma almeno Jon Rubin, insegnante d’arte alla Carnegie Mellon University, può dire di averci provato. La sua idea si chiama “Conflict Kitchen”, tradotto nel nostro idioma suona più o meno come la “cucina del conflitto”. In pratica, venendo al sodo, un temporary restaurant dove il menù e l’immagine esteriore cambiano ogni quattro mesi e sembrano quasi stabiliti di comune accordo con il Pentagono. Affacciato sulla piazza principale di Pittsburgh, 30.000 abitanti, Pennsylvania, Conflict Kitchen è il primo ristorante di cui si abbia notizia che offre piatti e ricette concentrati unicamente sui paesi in guerra con gli Stati Uniti.
Secondo il suo ideatore, il take away offre per cominciare piatti molto economici, che difficilmente superano i 6 dollari, ma soprattutto, insieme al cibo viene dato un opuscolo che consente di conoscere meglio il paese da cui arriva: la storia, le culture, le tradizioni, i personaggi e perfino i motivi per cui quel popolo fa a legnate con gli americani.
La preparazione è piuttosto lunga e per nulla improvvisata: i dipendenti studiano i piatti delle cucine dei vari paesi, ne discutono durante incontri e letture, parlano con chi ci è nato, si fanno spiegare, vanno sul posto, provano e solo alla fine cambiano insegna e menù. Quando è stata ora del Venezuela, ad esempio, il ristorante è stato ribattezzato “Cocina del conflicto”, presentando “arepas” (pane a base di farina di mais bianco) condito con avocado, pollo e fagioli neri, “ceviche”, un pesce marinato nel lime, “pabellon criollo”, carne con fagioli e riso e la “cachapa”, una sorta di omelette dolce. Quattro mesi dopo, al turno dell’Afghanistan sono spuntati “Bolani pazi”, pane arabo farcito e ricoperto di yogurt, “Bichak”, fagottini di zucca e marmellata e “Qabeli pilau”, riso giallo con uvetta e carote. L’Iran ha portato in dono “Kubideh”, carne di agnello grigliata con spezie, “Ghormeh sabzi”, spezzatino vegetariano e “Shir berenj”, un budino di riso con cardamomo. Un’idea che si è trasformata presto in un successo, ma anche in qualche rischio: diverse minacce sono giunte all’indirizzo di Jon Rubin.
Nel frattempo, aspettando la decisione di scendere in guerra con la Siria, cosa che gli esperti militari danno come molto probabile, qualcosa a volte cambia radicalmente per i menù variabili di Conflict Kitchen: da quando Stati Uniti e Cuba hanno fatto pace, “picadillos”, “lechon asado” e “Yuca in salsa mojo” sono spartiti dal menù. Vista da qui, la pace è una gran scalogna.
Germano Longo