Coraggio italiani, avremo anche tanti problemi da cui tentare di uscire, ma almeno uno sembra risolto: ci hanno sempre accusati di essere la patria di alcuni fra i migliori vini del mondo, ma anche di una certa ignoranza diffusa quando si trattava di scegliere cosa mettere nel carrello della spesa. Per la maggior parte di noi, forse atavicamente abituati al fiasco con la paglia intorno, il cerimoniale dei sommelier che stappa, ficca il naso dentro al bicchiere e solo allora versa, suonava un po’ come esagerato, qualcosa di cui si poteva tranquillamente fare a meno. Ecco, tutto questo, dati alla mano, sembra non esistere più. È quanto emerge da una ricerca realizzata da IRI e che sarà ufficializzata nei dettagli nel corso della prossima edizione di “Vinitaly”, celebre kermesse veronese in programma dal 9 al 12 aprile, in cui sono state passate al setaccio le vendite di spumanti e bottiglie Doc nella GDO, acronimo di “grande distribuzione organizzata”. Detto in altre parole i supermercati, i templi assoluti del 3×2 e di un’arte della scontistica che affonda su posizionamenti strategici e prezzi studiati a tavolino per attirare.
Quella italiana è una svolta certificata dalle cifre: con un volume totale pari a 505 milioni litri di vino venduti nel solo 2016, la grande distribuzione ha fatto segnare un significativo aumento nelle vendite di bottiglie Doc (+2,7% bel volume, 4,4% se si considera il valore), strappando 224 milioni di litri al totale, a discapito di brick e altri packaging. Rispetto all’anno precedente, vuol dire l’1,9% in più. E lo stesso vale per gli spumanti: 54 milioni di litri andati come il vento, che equivalgono ad una crescita del +7%. Altro aumento, anche questo sintomatico, riguarda la vendita di vino biologico, ormai avviato verso la definitiva uscita dalla nicchia di mercato. Per la categoria dei vini più etici di tutti, due milioni e mezzo di litri venduti, chiaro indizio di un aumento vertiginoso, pari al +25,7%.
Letti tutti insieme, numeri che significano una netta ripresa del mercato interno del vino, animato da consumatori ormai attrezzati a dovere per districarsi fra terroir, etichette, cantine e annate. A rimetterci, come accennato, sono i vini in brick, che collezionano un preoccupante -2,5%, salvando comunque dalla crisi i “bag in box”, che mettono insieme 12 milioni di litri e l’11,7% del volume. Ma quali sono i vini più amati dagli italiani? Siamo un popolo di inguaribili tradizionalisti, che in testa alle preferenze piazzano sempreverdi come Lambrusco, Chianti e Montepulciano d’Abruzzo, seguiti da Nero d’Avola, Vermentino, Müller Thurgau e Gutturnio. Chiude la classifica una formazione di emergenti, lanciatissimi verso le zone calde della classifica: Ribolla Gialla, Passerina, Valpolicella Ripasso, Pignoletto, Grillo e Cannonau.
Germano Longo