Incanta, Celestino Gaspari, quando lo senti parlare.
E ti accorgi di stare in silenzio ad ascoltarlo, cercando di raccogliere, e di fare tua, la sua passione, la sua cultura della terra, la saggezza del contadino che emerge prepotente e sicura di sé, perché è stato nutrito con quelle faticose esperienze, ha respirato, ha assorbito, ha vissuto tutte le situazioni che ora riversa nei suoi vigneti.
E nel suo personale modo di intendere il vino.
Esperienza contadina, si diceva, e il legame con la sua terra e il suo territorio, la Val d’Illasi, è forte, iniziato fin da piccino con i suoi genitori e consolidato successivamente con il percorso che Celestino ha intrapreso, prima come collaboratore di uno dei più grandi vignaioli della Valpolicella, Giuseppe Quintarelli, di cui è diventato genero, poi come consulente ed enologo di importanti produttori della stessa zona; ma per lui non era sufficiente, e nemmeno soddisfacente, si sentiva troppo limitato, un’anima in pena, e l’unica via di uscita era rappresentata dalla creazione di una sua “personalissima” azienda.
Personalissima ma non “personale”, originale nelle idee e nel modo di condurla, ma non racchiusa in una torre d’avorio. Anzi, aperta al confronto e al rispetto di tutti coloro che con lui collaborano quotidianamente. A condizione che venga assolutamente rispettata la natura e con lei i suoi tempi perché solo con la loro reale conoscenza si rafforza il legame tra l’uomo e la terra, e i frutti che se ne raccolgono sono il naturale risultato dell’attenzione, della cura e della valorizzazione della terra stessa.
E tutto questo percorso, questo continuo “fermento”, lo ha riversato anche nel nome della sua azienda – Zýmē – in greco “lievito”, dal duplice significato, enologico ovviamente, ma anche naturale. E da lì, sinotticamente, il logo: una foglia di vite sovrapposta a un pentagono. Cinque i lati come cinque gli elementi indispensabili per produrre il vino: la terra, l’acqua, il sole, la vite e l’uomo. E si riparte nuovamente dalla terra per consolidare indissolubilmente il legame.
La vite ritorna anche nell’involucro esterno della cantina, con una struttura in acciaio, lavorato in modo da riprodurre la nervature della foglie, quasi a sua protezione, così come i pampini teneramente proteggono i grappoli.
La conseguenza diretta della filosofia di Celestino Gaspari è la sua nuova cantina, che non è, come si usa dire, armonizzata nel territorio, ma è territorio lei stessa, una ex cava del 1400 a San Floriano, nel cuore della Valpolicella Classica, pietra calcarea che accoglie, e amorevolmente custodisce nelle piccole grotte al suo interno, barriques e tonneau per l’affinamento di Amarone e Valpolicella.
La natura ricambia chi la rispetta: all’interno della cantina una cavità carsica, scoperta durante gli scavi, raccoglie le acque meteoriche e il loro musicale frangersi sulle rocce sottostanti porta alla mente il giardino giapponese, in cui l’acqua è elemento fondante e simboleggia la vita, perché senza acqua l’uomo non può né vivere né ricevere i preziosi frutti della madre terra, armonizzando l’affinamento dei preziosi vini che riposano nella barricaia.
E tutto ciò conferma la sua scelta di ecosostenibilità, di conoscenza delle tradizioni e del rispetto colturale…in una sola parola…“Restituzione”: “tutto ciò che il territorio dona, va restituito in termini di cura, valorizzazione e salvaguardia. Dalla vite ho avuto molto e ancora molto le voglio restituire”.
Enza D’Amato