Non solo il Soave, il Sauvignon, il Verdicchio o lo Chardonnay, ma anche il classico Pignoletto dei Colli Bolognesi può affrontare senza timore e senza cedimenti il passare del tempo.
È questo il verdetto scaturito da una serata molto singolare, svoltasi recentemente presso l’Azienda Agricola Gaggioli di Zola Predosa (BO). All’incontro conviviale, organizzato dai titolari Carlo e Maria Letizia, erano presenti alcuni qualificatissimi addetti ai lavori del settore vino: uno di loro, Franco Mioni, ha messo in degustazione alcune, rarissime bottiglie della sua cantina privata.
Una di queste bottiglie era un Pignoletto Superiore Gaggioli del 1997, il quale, dopo l’apertura, ha rivelato tutta l’energia dei suoi 18 anni: ancora fresco, vibrante, fruttato, piacevolissimo al naso e di grande equilibrio gustativo al palato. Un’autentica, gradevole sorpresa, che ha fatto toccare con mano a tutti i presenti come anche sui Colli Bolognesi (e non solo nelle zone vitivinicole più note e più celebrate di Italia e di Francia) si possano conseguire risultati enologici importanti, che non hanno nessuna incertezza nell’affrontare il trascorrere del tempo.
La degustazione, iniziata con il Pignoletto Superiore, è poi proseguita stappando altre bottiglie “d’epoca”, tutte di vini Gaggioli: ed ecco quindi sfilare nei calici un Sauvignon 1995, un Cabernet Sauvignon 1998, un Merlot 1999, un secondo Cabernet Sauvignon 2008. Con risultati sempre entusiasmanti.
Abbiamo chiesto a Carlo Gaggioli di commentare questo originale, e per certi versi sorprendente, test organolettico dei suoi nettari. L’illustre produttore di Zola Predosa ha così commentato: “Forse nemmeno io avevo mai assaggiato un Pignoletto di 18 anni, e di questa esperienza devo ringraziare l’amico Franco Mioni. Ma non sono a dire il vero troppo stupito del responso del bicchiere. Quando i vini sono sani, integri, fatti nel rispetto del pubblico, come nel caso dei miei vini, anche il tempo diventa un loro alleato.
Questo Pignoletto Superiore 1997 è stato ottenuto con uno straordinario lavoro in vigna, senza forzare la natura, senza aggiungere lieviti estranei, e limitando al massimo gli interventi di cantina (ad esempio con bassissimi livelli di solforosa). I risultati, a distanza di tanto tempo, parlano da soli. Sono contento che quella che è sempre stata una mia filosofia di vita e di lavoro riceva una conferma pubblica così eclatante. Se fatto bene, dunque, anche il Pignoletto dei nostri colli può affrontare gli anni come un grande bianco friulano o come un grande Chablis”.
Piero Valdiserra