I misteri del medioevo (e non solo) nei colori e nelle forme dei quadri dell’artista al Palazzo del Bargello.
“Le donne, i Cavalier, l’arme, gli amori, la cortesia”: da questi straordinari versi tratti dall’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, nascono tutto il nucleo progettuale e il titolo della personale di Antonio Giovanni Mellone, tenutasi presso il Palazzo del Bargello di Gubbio, a cura di Catia Monacelli ed Elisa Polidori.
Un passato storico per un presente visionario, questo il tema della mostra del noto pittore Antonio Giovanni Mellone, leccese di nascita, parmigiano d’adozione e ora toscano convinto. L’artista, giornalista professionista e già art-director del quotidiano Il Giorno, dipinge da sempre e ha all’attivo numerose mostre e molti premi. Negli ultimi anni, ha privilegiato le tematiche dei cavalieri e delle donne, illustrati con vividi colori, nelle sue personali al Castello Malaspina di Massa, a Palazzo Giordani di Parma, al Museo Ugo Guidi di Forte dei Marmi, a Villa Cuturi di Marina di Massa e nelle collettive, come a Montecatini, alla Galleria Turelli delle Terme Tettuccio, e a Pietrasanta.
L’espressionismo moderno, realizzato nelle tele con colori acrilici, secondo la tecnica del pennello a secco, è l’attuale approdo artistico di Mellone, che dei suoi quadri dice: “I miei cavalieri, come “Velvet rider”, sono gli archetipi di un mondo virtuale che collega un passato in cui erano validi certi valori, la compassione, la lealtà e l’amicizia e l’oggi, in cui questi principi, messi in un angolo dalle crude necessità della sopravvivenza, cedono il passo al materialismo”.
Le donne di Mellone, padrone del segno grafico e pittore dai connotati figurativi, sono una parafrasi in chiave moderna, che mette in risalto le problematiche femminili attuali, molte delle quali ben diverse da quelle di un tempo. Una trama espressionista senza tensioni, fatta del piacere di una pittura che affonda le radici nel tempo. Anche la “donna” dell’artista, come i cavalieri e i paesaggi, è intrisa di colore, primitiva, pittorica illusione di un sorso di felicità.
La personale di Gubbio è stata un interessante incontro tra le visioni medioevali di Mellone e una città che di quell’epoca ne mantiene intatto il fascino, il mistero, la storia. Il Palazzo del Bargello è indubbiamente il simbolo assoluto del passato glorioso della città; perfettamente conservato, è la testimonianza materiale della grandezza di Gubbio in epoca medioevale. In questo contesto, si sono inserite le opere di Mellone che hanno appunto come filo conduttore il mito, le leggende di quell’epoca che tanto interesse ancora oggi desta. Un’interpretazione personalissima del mito medioevale, esorcizzato attraverso una straordinaria rilettura della storia, che attraverso i colori assoluti dei gialli, dei blu e le pennellate primitive ingabbiate in trame geometriche, portano le dame e i cavalieri al nostro contemporaneo.
LE TEMATICHE
(spiegate dall’autore)
Le donne hanno rilevanti connotati attuali, come riferisce Mellone: «Dalle difficoltà esistenziali che il sesso “debole” sta vivendo da sempre e oggi in maniera più acuta, emergono le mie “bagnanti”. Sdraiate su spiagge bituminose, davanti a un mare lattiginoso e tramonti inquietanti, esse vivono il contrasto tra ciò che dovrebbe essere gioia ed invece è disagio. L’atteggiamento stereotipato dei corpi e il volto di alcune di loro, che ricorda le maschere impenetrabili del Teatro Kabuki giapponese (come nelle “Grandi bagnanti”), suggeriscono il bisogno di autodifesa, con l’interpretazione di un ruolo non proprio». Ma con vena espressionista e l’uso di colori acrilici, dati con la tecnica del pennello a secco, Mellone racconta anche altre, pregnanti, “storie in rosa”: «Ho rinunciato, per una volta tanto, a dipingere le donne come simbolo di bellezza esteriore e interiore, per sottolineare un’altra problematica non meno urgente: quella dell’amore di una donna per un’altra donna e la relativa aspirazione alla maternità (come in “Due ragazze con bambino” e “Donne con gatto”, in cui l’animale, più amato dal genere femminile, rappresenta l”oggetto del desiderio”). Le donne dei miei quadri, tra cui “Il pianoforte rosso”, “Amanti”, “Incontro” e “Fantasticando”, sono una parafrasi in chiave moderna, che mette in risalto le loro problematiche attuali, molte delle quali ben diverse da quelle di un tempo. Le presenze femminili sono protagoniste anche nel mondo della musica, da me raffigurato con un pianoforte, sinonimo di melanconica dolcezza».
I cavalieri: «Questi personaggi, in un’ottica in cui la materia stessa, povera, suggerisce la decadenza dei valori da essi incarnati, rappresentano la chiave d’ingresso a un modello di espressionismo tutto italiano. I miei cavalieri sono gli archetipi di un mondo virtuale che collega un passato in cui erano validi certi valori, come la compassione, la lealtà e l’amicizia, e l’oggi, in cui questi principi, messi in un angolo dalle crude necessità della sopravvivenza, cedono il passo al materialismo. Ho utilizzato, con un intervento materico minimo, la tecnica del collage proprio per evidenziare la frantumazione dei sentimenti attraverso la frammentazione dei materiali. Pezzi di giornale come pezzi di una cronaca dimenticata. Anche le tele sugli altri luoghi, che riconducono ai cavalieri, come resti di abazie e castelli, e che erano avamposti dell’avventura e del romanticismo, attraverso i ruderi inseriti in un paesaggio urbano cristallizzato, parlano del contrasto tra antichi siti di raccoglimento e moderni deserti del sentimento».