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“Les Rouges”, un insolito tocco di rosso nella vecchia Genova

21 Agosto 2014 by Paolo Alciati

Genova città obliquaQuando un turista curioso si aggira in una città storica come Genova, è affascinato da una miriade di sensazioni: il porto e le sue meravigliose barche, l’Acquario con le straordinarie ambientazioni marine, i portici che ribolliscono di multietnici dialetti, le chiassose botteghe, i chioschi e i ristoranti con profumi e odori che invadono le vie ed i vicoli. Addentrandosi nel centro storico, nei “caruggi”, le anguste viuzze dai nomi suggestivi come “Vico chiuso della Rana”, “Vico degli Scudai” o ancora “Vico delle Pietre preziose”, che costeggiano le case addossate le une alle altre, dove il cielo è una stretta lama d’azzurro, con salite e percorsi tortuosi, nelle piazzette che, pur essendo minimali, da sempre vengono chiamate piazze, in questa città dai grandi contrasti, con i “bassi” fatiscenti e i grandiosi palazzi affrescati, simbolo di antichi e ricchi fasti nobiliari, si percepisce la sua storia, la vita che nei secoli passati è trascorsa freneticamente, con i ritmi dettati dagli arrivi delle genti e delle merci e del loro complicato trasporto nelle botteghe di questa città marinara a sviluppo obliquo, addossata a colline le cui propaggini si tuffano nel profondo mare.
E nei nobili palazzi, che il potente principe Andrea Doria verso la fine del 1500 volle far catalogare in minuziose liste dette “dei Rolli” – cioè ruoli, elenchi – ci si può perdere per l’incanto che l’architettura e gli affreschi donano a chi li visita.
 
E proprio visitando Genova a naso in su, spiando attraverso le ampie finestre dei piani nobili e dei primi piani, nella speranza di riuscire a cogliere uno scorcio di affresco, un soffitto a cassettoni o delle cimase di antichi specchi che lascino presupporre la presenza di importanti mobili d’epoca, che sono stato colpito dagli splendidi soffitti affrescati del Palazzo Gio Vincenzo Imperiale, al n° 8 di Piazza Campetto, nella lista dei palazzi iscritti ai Rolli di Genova, inseriti dall’UNESCO come Patrimoni dell’Umanità.
Lo stupendo portone chiodato al piano terra era aperto e la vista degli archi, dei soffitti affrescati e dei busti marmorei alle pareti mi ha lasciato senza fiato.
Al primo piano altri soffitti dipinti hanno attirato la mia attenzione e, guadagnate in fretta le scale a lato del portone principale, mi sono imbattuto in un ardito gioco architettonico tra esili colonne e scaloni che si inerpicavano sia a destra sia a sinistra della corte interna con splendidi archi d’affaccio portandomi, con piacevole stupore, di fronte all’ampia porta vetrata, ingresso del locale che aveva colpito la mia attenzione.
 
Ovviamente al turista curioso che è in me non è rimasto altro che spalancare le porte a vetri, entrare e qui un nuovo stupore, un locale a metà tra il cocktail bar e un ristorante, tre giovani sorridenti, i fratelli Jonatan, Yoel e Benny Abarbanel, capelli, barba e baffi rossi, tanto simili tra loro che sicuramente ci giocano su, oltre ad aver preso spunto per il nome del locale – Les Rouges, appunto – quadri di Tamara de Lempicka, loro cugina, alle pareti ed una immediata empatia, frutto della miscellanea tra le loro personalità, l’arredamento del locale e il contesto architettonico in cui il locale stesso è immerso.
Una scorsa alla carta, della quale colpiscono piacevolmente i prezzi, assolutamente garbati, fa capire che le scelte dei distillati non sono frutto dell’assortimento del solito grossista locale ma ben ponderate, conseguenza della grande esperienza lavorativa nei migliori alberghi stellati e cocktail bar londinesi di Jonatan, con ottime proposte di prodotti di alta/altissima qualità sui distillati esteri e un pochino carenti sulla geografia delle grappe anche se, a onor del vero, l’offerta principale è su quelle semplicemente straordinarie del maestro Vittorio Capovilla, il miglior distillatore al mondo, e di altri tre grandi produttori, compresa la splendida Centopercento Torbata, mentre per i Brandy c’è una buona cernita dell’ottimo Villa Zarri.
Molto stimolante la carta dei Whisky, single malt su tutti, con interessanti digressioni sui Tennessee whiskey e sui Bourbon, anche se per valorizzarli al meglio sarebbe buona cosa suddividerli e ordinarli per zone di provenienza.
 
In un breve confronto verbale mi viene illustrata la filosofia del progetto che ha come “fil rouge” (il rosso è proprio di casa qui) il “ritorno”: alle cose fatte come una volta (con la produzione di pane, pasta, salse, succhi ecc..), ai palazzi dimenticati di Genova per ridar loro nuova vita, al significato originario di parole come “aperitivo, cocktail bar, kebab”, al paese dove i tre ragazzi sono cresciuti, ad un ambiente più rilassato rispetto a quelli dove lavoravano all’estero.
E l’esperienza lavorativa di Yoel, sviluppatasi tra bi e tri-stellati Michelin in Italia e all’estero, viene ribaltata nelle golose proposte di cucina, insolite, variate settimanalmente e con grande rispetto per gli ingredienti locali e stagionali, senza contaminazioni molecolari o altre diavolerie.
Lo stesso vale per i vini, che abbracciano, oltre all’Italia, altre importanti nazioni quali Francia, Spagna, Austria ecc.. sempre con grande attenzione a produttori di qualità.
Piccola ma molto interessante la selezione dei vini da dessert.
In sala, la presenza rassicurante di Benny, il terzo vulcanico fratello, a cui affidarsi per suggerimenti sulle proposte quotidiane.
 
Insomma, da una curiosa visita ad un palazzo prestigioso ne è sortita una imprevista conoscenza di un locale inusuale, innovativo, che imporrà sicuramente un’impronta enogastronomica di stile in questa caleidoscopica città, coacervo di etnie e di variegate proposte e sempre alla ricerca di nuove positive iniziative ed esperienze.
 
Paolo Alciati

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