Il Bistrot “Bouche à l’Oreille” di Bruges è uno di quei posti dove se proprio non c’è altro all’orizzonte ti fermi, altrimenti passi avanti, sapendo che puoi sempre trovare di meglio. Quattro tavoli e una decina di posti all’esterno, quando il tempo lo permette, e un po’ di più all’interno: menù dell’ora di pranzo a 12 euro per antipasti a buffet, primo, dessert e un quarto di vino in caraffa o birra alla spina. Nulla di che, un posto al numero 7 di rue de la Chapelle per gente che va di fretta, con tovaglie di carta e piatti della tradizione di questa fetta di Francia immersa nella Loira, fra castelli e pullman pieni di turisti. Il locale apre alle 7 del mattino, che per Veronique Jacquet significa arrivare di buon ora e iniziare a spignattare. Ma una mattina, aprendo il suo locale, madame Veronique caccia un urlo che sveglia il vicinato: mai era successo che la segreteria telefonica fosse letteralmente intasata di messaggi. Decine e decine di persone chiedevano di fissare un tavolo e altrettanti giornalisti pregavano di essere richiamati per fissare un’intervista. Ci mette un po’, Veronique, a scoprire cos’è successo: il suo locale aveva appena ricevuto una stella nella nuova edizione della guida Michelin, quelle assegnate ai grandi ristoranti dopo attente e scrupolose visite in incognito, racconta la leggenda.
La fortuna, diceva Seneca, non esiste, esiste solo il momento in cui il talento incontra l’opportunità: Veronique, per un istante soltanto, si convince che sia arrivato il suo momento. Cucina da anni, e tutti dicono sia anche brava, ma da lì alla stella ce ne passa ancora. Il secondo pensiero, srotolato come un tappeto poco dopo, è una domanda: non sarà il caso di dare una tinteggiata al locale, magari lavare le tende, smacchiare i menù e drizzare i quadri?
Per il Bistrot “Bouche à l’Oreille” di Bruges sono bei momenti – nulla da dire – istanti da gustarsi un secondo dopo l’altro perché le stelle sono come lo spread: salgono e scendono come gli pare. Quest’anno è una, ma l’anno prossimo potrebbero essere due, o magari nessuna. Ci sarà da lavorare sodo, questo è sicuro.
Ma basta qualche giorno perché il telefono del locale suoni nuovamente: dall’altro capo questa volta c’è un responsabile della guida Michelin che scusandosi più volte, racconta di un piccolo e veniale errore della redazione. Il ristorante da premiare è sì la “Bouche à l’Oreille”, ma non quello di Bruges, bensì un prestigioso locale omonimo di Boutervilliers, piccolo centro dell’Île-de-France che oltre al nome, per pura ironia della sfiga, con quello di Bruges divide anche l’indirizzo, all’11 di rue de la Chapelle. Lì, ogni giorno, lo chef Aymeric Dreux realizza con mano sicura un menù che oscilla fra i 60 ed i 110 euro a testa. Seguono altre scuse per lo spiacevole inconveniente e gli auguri per un futuro comunque denso di grandi successi, ma cari amici di Brouges la stella ce la riprendiamo.
Il finale di questa storia sta forse tutto nel quarto d’ora di celebrità che secondo quanto amava ripetere Andy Warhol prima o poi tocca a tutti. Veronique ha messo via i risparmi, pensando che le tende vanno bene così, ma il sogno – costruito e frantumato in un amen – le ha comunque portato quel po’ di notorietà che al locale mancava. Non basta ancora: il ristorante “Bouche à l’Oreille” di Boutervilliers, quello realmente premiato con l’astro Michelin, ha pensato fosse un gesto di galanteria invitare a cena madame Veronique, la donna della stella che non c’è più.
Germano Longo