“L’Uzbekistan? E dov’è?” Era questa la domanda che più di frequente mi sentivo rivolgere quando parlavo del mio prossimo viaggio e c’era sempre qualche spiritoso che quanto cominciavo a spiegare che era la nazione dove si trova la mitica Samarcanda, la città raccontata nei diari di viaggio di generazioni di esploratori e viaggiatori, mi sorrideva dicendo “Ah, allora esiste davvero? Non è solo in una canzone di Vecchioni?”.
Eppure, per me Samarcanda, è sempre stata una località speciale, che evocava i racconti delle “Mille e una notte” letti da bambino, silenzi infiniti del deserto, profumi d’oriente, storie di carovane lungo la via della seta, immagini di tappeti, di odalische, di palazzi principeschi, sempre in bilico tra leggenda e realtà.
Un viaggio in Uzbekistan è bellissimo, soprattutto perché si tratta di una meta “esotica” ma non lontanissima: un viaggio fattibile senza troppi problemi, il periodo migliore per visitare il Paese è da febbraio a giugno, gli hotel abbastanza buoni e soprattutto molto cordiale la popolazione locale. L’Uzbekistan, si è aperto recentemente al turismo con itinerari di grandissimo interesse storico fino a poco tempo fa sotto l’egida sovietica, uno di questi è appunto l’Uzbekistan, Repubblica del Centro Asia con circa 28.000.000 di abitanti. Una rapida evoluzione è comunque in atto nel Paese, aiutata quest’ultima dall’entusiasmo ed energia della sua giovanissima popolazione che, quasi per il 50% è sotto i 20 anni.
Territorio molto vario, presenta zone desertiche e zone rese fertili dalle grandi opere di irrigazione del XX sec. che prelevano l’acqua dal lago d’Aral. Ricco di materie prime, tra le quali gas, greggio, carbone, giacimenti di oro, rame e minerali ferrosi, è purtroppo ancora privo della tecnologia per raffinare tali risorse in quanto esse erano, fino a poco fa, sotto totale controllo russo. Ora iniziamo in nostro viaggio dalla capitale della Repubblica Uzbeka: Taskent.
Dopo anni di ateismo, primeggia nel paese la religione islamica, in ogni caso affatto integralista, tant’è che solo pochissime moschee sono attualmente luoghi di culto o scuole craniche, ma diventate musei o negozi. Gli uzbeki sono generalmente molto cordiali e disponibili verso gli ospiti, imparano velocemente le lingue straniere, per cui non è inusuale sentirsi rivolgere la parola in italiano. Amano farsi ritrarre, talora si mettono in posa davanti la macchina fotografica esibendo smaglianti sorrisi dai denti d’oro, che sembrano essere un vanto nazionale in quanto ne sono ben forniti anche i giovanissimi.
Veniamo al nostro viaggio iniziando dalla capitale: Tashkent, ha oltre 2000 anni di storia, ma che nel 1966 la città fu rasa al suolo da un terremoto ed è stata ricostruita ex novo per farne una città modello sovietica. Abbondano quindi squadrati edifici in cemento, ampi viali, giardini dove un tempo dominavano statue di Lenin e Marx oggi rimosse e sostituite da quelle di Tamerlano. Da vedere la madrasa di Kukeldash recentemente restaurata con il contributo di vari paesi islamici, una cosa che avrò modo di notare più volte nel corso del viaggio dove in varie città avrei trovato edifici religiosi costruiti o restaurati dopo il crollo dell’Unione Sovietica con il sostegno finanziario di Sauditi o altri paesi islamici, come la piccola moschea Jami utilizzata in epoca sovietica come officina per la lavorazione di lamiere e oggi nuovamente aperta al culto Samarcanda.
Il nome di questa città rievoca sicuramente i miti legati alla leggendaria Via della Seta. Il suo solo nome ci fa fare un balzo nel passato, al tempo in cui le carovane percorrevano la via della seta, trasportando in Europa i tesori del lontano Katai. Considerata storico crocevia di popoli e di merci, Samarcanda innalza verso il cielo turchino le sue moschee, madrase e mausolei che luccicano di smalti turchesi e azzurri. Nel Mausoleo Gur-Emir un riverente silenzio è d’obbligo dinnanzi al sarcofago in porfido nero di Amir Timur, (Tamerlano), uno dei massimi conquistatori del passato, che estese il suo impero all’Europa e all’India.
Da non perdere la Necropoli di Shakizinda, gioiello dei XV – XVI secolo, dalla bellezza mozzafiato, soprattutto all’ora del tramonto, quando il sole fa splendere le sue cupole turchine. È il primo sito uzbeko ad essere iscritto nel 1990 nel patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO ed è formata da due città separate da una doppia cinta di mura. Luogo incantato risalente ad oltre 2.500 anni fa, è situato in posizione strategica, perché dai suoi torrioni si controllavano le vie carovaniere tra il Volga e l’Asia centrale e rappresentava inoltre l’ultima sosta prima del deserto iraniano. Attirato dalle esplorazioni archeologiche e visitato i Mausolei e moschee, ma ero a Samarcanda ed entrai in un bazar, quello di Siab, forse il principale e più brulicante, che si stende ancora oggi nei dintorni della moschea di Bibi Khanum, dove si trova di tutto, abbigliamento, pezzi meccanici, utensili oggetti per la casa anche se io continuavo a vedere con gli occhi delle mie letture stoffe e mercanzie in vendita all’epoca dei Khan.
Khiva, che si raggiunge con un volo interno di poco più di un’ora da Tashkent. Questa è la meglio conservata tra le città della Via della Seta. Molto bella è la moschea Djumala. A Khiva il tempo sembra essersi fermato. Imponenti mura racchiudono 50 monumenti e moschee con cupole e minareti dai raffinati ricami, altri 250 tra abitazioni e palazzi nobiliari rivaleggiano con esse per grazia e leggiadria. L’azzurro delle ceramiche si alterna al bruno dei mattoni cotti, è veramente uno spettacolo unico! Bukara è come una favola scritta su di una pergamena che si srotola riga dopo riga sotto i nostri occhi. Inizia dalla Lyabi-Hauz, romantica piazzetta delimitata da scuole coraniche e formata da un piccolo lago. Nella luce del tramonto le forme nere e contorte dei gelsi millenari gettano ombre misteriose sull’acqua dorata. Prosegue in una vera caverna di Alì Babà, colma di autentiche meraviglie: per una volta in un bazar orientale le cianfrusaglie sono soffocate dalla bellezza. La seta fresca e variopinta dei ricami delle “suzanne” butta raggi di luce tra le ombre dei vicoli.
È ricca di pregevoli monumenti di grande interesse storico/artistico: la possente Fortezza Ark, vera città nella città, le varie moschee e, persa in un labirinto di viuzze, la madrasa Chor-minor, unica parte sopravvissuta di un complesso più grande, e dall’architettura molto originale. La pergamena si srotola ancora e percorrendo una strada soleggiata e polverosa si intravvede la sagoma di una straordinaria cupola blu che si confonde con il cielo. Ammutoliamo perché ad ogni passo sfolgora una nuova cupola o l’arco di un portico con tutti i colori del mondo, finché la piazza del Minareto Kalon si rivela tutta la sua bellezza. Kalon in lingua tagika significa grande e grandi e splendidi sono piazza e minareto, tanto che nemmeno Gengis Khan ebbe il coraggio di toccarli.
Dall’alto del minareto coni di luce rosata illuminano le 288 cupolette grigie e le tante luminosissime cupole blu della moschea. All’orizzonte, oltre la città, le antiche mura, si intravvede un pezzo di deserto. Nel cortile troneggia un gigantesco gelso e intorno riverberano le decorazioni ricchissime del portico. La città uzbeka è da noi conosciuta principalmente per i suoi famosissimi tappeti. Ora Bukara è una città tranquilla ma vivace, dove è possibile gustarsi il passeggio comodamente seduti nei bar all’aperto o dedicarsi allo shopping nei tanti negozietti presenti lungo le bellissime vie, tutte pedonali e pulitissime. Una vera e propria città-museo, che si raggiunge in autobus dopo aver attraversato il deserto di Kisil-Kum.
Testo e foto di Jimmy Pessina