Un itinerario che tocca il recupero della cucina povera nella Val Maira e i famosi caffè storici e le tradizioni golose dei Savoia a Torino
Chi immaginerebbe che nella isolata Val Maira nel Cuneese, si possano trovare eccellenze gastronomiche? Eppure è così.
In questa valle stretta come un canyon e chiusa in fondo, dove sono le sorgenti del Maira, senza accesso alla Francia, dove per strada si possono incontrare cervi, caprioli e marmotte, si va anche per assaporare ottimi piatti.
Ovviamente i turisti in Val Maira cercano prima di tutto i suoi plus, aria pura, vegetazione rigogliosa, acque cristalline, una infinita rete di sentieri, che ne fanno un paradiso per escursionisti attenti all’ambiente e alla sostenibilità. E tante valli laterali ancora più strette portano alle borgate più alte a 1600/1800 metri. Ancora più in alto si vedono le cime coperte di neve dei giganti delle Alpi Cozie a 3000 metri.
Poi, dopo le passeggiate a piedi o in bicicletta, ci si rilassa davanti a un bel piatto della tradizione.
Infatti in queste piccole borgate di case in pietra dai classici tetti in “lose” e comignoli che fumano, proprio grazie all’isolamento della valle, è rimasta l’autenticità di una cucina povera, oggi rivisitata e apprezzata.
Merito soprattutto di alcuni giovani che hanno la tenacia e la passione di rimanere attaccati alla loro terra, e valorizzare i prodotti locali: come Daniele Mattalia di Lou Labrier che produce nel suo laboratorio a Elva composte, marmellate e zuppe di frutta e verdure a chilometro zero, oppure Stefano e Gabriele, fondatori di Alquimio D’Oc a San Michele di Prazzo, un liquorificio che nasce direttamente nei luoghi di origine delle erbe aromatiche, materia prima dei loro liquori, genepy, serpoul, genzianella, arquebuse, tipici delle valli occitane.
Tutti prodotti che si possono acquistare presso i produttori oppure presso il Bar Bistrot Ape Maira a Stroppo, il simpatico centro collocato in un punto strategico della valle dove si passa comunque, ideale anche per i picnic all’aperto.
E sono prodotti valorizzati nei piccoli ristoranti o “ristori” sparsi ovunque, come la Locanda Maraman di Celle di Macra o La Tano di Grich di San Michele di Prazzo: pochi tavoli, anche all’aperto e recupero di vecchie ricette, capunet o involtini di verze, patate e aioli, cinghiale al civet, doba, uno stracotto a base di vino, i ravioles che sono gnocchi e non ravioli e l’immancabile bagnacauda.
Senza dimenticare, per concludere in dolcezza, i famosi droneresi al rum, forse progenitori dei cuneesi. Prendono il nome da Dronero, dove furono inventati alle fine dell’800 e oggi sono prodotti dalla pasticceria Brignone con la stessa ricetta già premiata nel 1905 all’Esposizione Campionaria di Torino. Due soffici e croccanti meringhe bianche si uniscono per custodire una ganache di gianduja delicato oppure una ganache al rum: quindi il dronerese è incartato a mano pronto al piacere della gola.
Se la gastronomia in Val Maira è una vera scoperta, Torino rappresenta una grande conferma.
Il buon gusto è una qualità di Torino e dei torinesi. Buon gusto che è eleganza, raffinatezza nei modi, discrezione. Ed è anche buon gusto a tavola.
Sarà per merito di una corte reale, sarà per merito di una ricca nobiltà, sarà per merito di chef blasonati che hanno importato e creato ricette eccellenti.
Accompagnate, non c’è bisogno di dirlo, da vini superbi. La Torino del gusto e della gola è sempre una esperienza che appaga tutti i sensi, dal palato agli occhi. Perché anche il contesto vuole la sua parte e sedersi a tavola tra specchi dorati, stucchi e passamanerie d’epoca è un’esperienza che vale doppio.
Torino infatti è la città d’Italia che conserva il numero più alto di caffè storici.
Prima tappa il Caffè Reale all’interno del complesso dei Musei Reali, ospitato in quelle che erano le fruttiere e le dispense di Palazzo: alle pareti armadiature e vetrine con i servizi reali rimasti a Torino (gli altri sono al Quirinale), vassoi, teiere, posate in argento, servizi da caffè e tè in porcellana profilata d’oro. Qui, anche per un pranzo leggero, si comincia ad assaporare la cucina tradizionale piemontese: peperoni in bagnacauda, tartare di fassona, vitel tonné, il dolce bunet al cioccolato.
Il Porto di Savona, invece, risale addirittura al 1863, quando da piazza Vittorio Veneto, sullo sfondo del Po e della Gran Madre, i viaggiatori partivano in carrozza a cavallo per la Liguria e per Savona. Per la sua storia ultracentenaria, il ristorante Porto di Savona fa parte dei Locali Storici d’Italia che valorizzano i più antichi ristoranti e caffetterie italiani.
In un altro locale storico, il Caffè Elena, qualche volta frequentato da personaggi in costume, si vive ancora il rito della Merenda Reale, golosa abitudine pomeridiana di Casa Savoia, riportata in auge da Turismo Torino e Provincia: cioccolata calda, caffè, zabaione e pasticceria secca, pasta di meliga, baci di dama.
E come dimenticare tra i caffè storici, il famoso Al Bicerin, nato addirittura nel 1763 come bottega del confettiere Giuseppe Dentis? Ha ancora tavolini e banco in marmo, boiseries, pavimento in legno e serramenti in ghisa originali! Così una sosta al Bicerin, frequentato da Cavour, immerge nell’atmosfera delle cioccolaterie torinesi dell’800. E fa scoprire il gusto prelibato del “bicerin”, cioè la bevanda storica fatta di caffè, cioccolato e crema di latte a strati, che aveva già deliziato Alexandre Dumas, Puccini e Nietzsche. La lunga fila davanti alla porta per entrare dimostra come il “bicerin” sia ancora un rito amatissimo dai torinesi di oggi e da tanti turisti di passaggio.
Il rito del “bicerin” intreccia la tradizione del caffé con quella del cioccolato.
Non dimentichiamo infatti che Torino è la patria dei gianduiotti.
Se la produzione di cioccolato risale al Regio Decreto del 1678, e la creazione di tavolette solide risale al 1802, i primi gianduiotti nascono nel 1865, quando la carenza di materia prima spinse gli artigiani del cioccolato a mescolare il cacao alle nocciole delle Langhe tritate.
E i cioccolatieri moderni proseguono questa illustre tradizione, da Guido Gobino a Guido Castagna, che tentano i passanti con vetrine colme di praline, tavolette, creme da spalmare, uova decorate, cioccolatini di ogni forma, gusto e dimensione.
Nella Torino del gusto, la tappa più recente infine è il nuovo Museo Lavazza, all’interno della Nuvola, disegnata e progettata da Cino Zucchi. Un Museo multisensoriale e interattivo, che racconta la storia di un pezzo d’Italia nell’arco di 120 anni, dalla visionarietà del fondatore Luigi, che inizia una delle più grandi avventure imprenditoriali del nostro Paese, ai libri contabili e i menù della prima drogheria, dalle macchine di torrefazione alle varietà di caffè provenienti da tutto il mondo, dall’ironia dei Caroselli anni ’60 con i mitici Caballero e Carmencita, alle immagini sexi dei più celebri fotografi mondiali per i calendari, fino alla experience finale del gusto Lavazza.
Si scopre, si ricorda, ci si diverte e si assapora, in compagnia della Lavazza Cup, la tazzina di caffè interattiva che guida in un percorso personalizzato.
Un suggerimento in più.
Per una cena tipica Le Vitel Etonné in pieno centro è un divertente locale che, in nome del vitello Gioele, propone le più classiche ricette della tradizione: fritto misto, acciughe in salsa verde, uovo in crosta e fonduta, tajarin con asparagi, agnolotti alla finanziera.
Informazioni:
- www.turismotorino.org
- www.leviteletonne.com
- www.localistorici.it
- www.lavazza.it
- www.vallemaira.org
- www.visitcuneese.it
- www.alquimiodoc.com
- www.loulabrier.it
- www.pasticceriabrignone.com
Franca Dell’Arciprete Scotti