In realtà il locale già esisteva, si chiamava Capriccioli, come la famosa spiaggia della Sardegna, e proponeva pesce con influenza sarda, ma da qualche tempo era chiuso

C’è voluto l’ingresso in pista di Christian Mandura, ex enfant prodige dell’alta cucina torinese con il suo ristorante stellato Unforgettable che, tra l’altro, ha appena deciso di lasciare (e, visto il nome, la sua figura sarà davvero indimenticabile) per dedicarsi a sperimentare nuove tecnologie di cucina in simbiosi con l’Intelligenza Artificiale (…ma questo suo nuovo ruolo lo racconteremo in un’altra occasione).
Mandura, da bravo imprenditore qual è, ha colto l’occasione per offrire al capoluogo sabaudo un ristorante di alta cucina di pesce; per dare un segnale di continuità l’ha chiamato Maison Capriccioli e per guidarlo ha portato il bravissimo Andrea Turchi, torinese, classe 1994, con importanti e formative esperienze allo storico e prestigioso Del Cambio di Torino da Matteo Baronetto (altro cuoco che lascerà a breve il suo ristorante), alla Madonnina del Pescatore dal bistellato Moreno Cedroni e poi al seguito di Alessandro Mecca, prima da Spazio 7 e successivamente al Castello di Grinzane Cavour.

Appena entrati insieme ad un paio di colleghi, l’impressione immediata è di essere arrivati in un ristorante che offre qualità: venticinque posti, tavoli rotondi ben distanziati, tovaglie (…meno male che qualcuno le usa ancora!) e tovaglioli belli grandi, una mise en place minimal ma dallo stile elegante.

Ci sediamo e ci viene portato un benvenuto corroborante, un caldo “Brodo di sedano rapa e olio all’astice”, da bere direttamente dalla tazza in porcellana…e il ghiaccio è rotto!
Inusuale apertura ma molto gradita e che fa immediatamente comprendere l’idea di cucina di Andrea Turchi. Un cucina concreta e senza fronzoli, confermata anche dalla sua presentazione al nostro tavolo: “Sono sempre stato legato alla materia ittica – spiega Andrea – e alla cucina di mare, anche per questo ho scelto di andare a fare esperienza nella cucina di un maestro come Moreno Cedroni. A lui devo l’insegnamento per l’importanza di un’organizzazione millimetrica e la conoscenza del lavoro sul prodotto di mare a 360 gradi. Con Matteo Baronetto ho imparato la dedizione, la passione e il sacrificio che ci sono dietro a questo lavoro, mentre con Alessandro Mecca quella cucina di cuore che cerca quel sapore in grado di emozionare il cliente, toccando l’anima”.
La sua idea è quella di presentare una grande cucina di mare, che sia diretta al gusto, con una interessante scelta tra due menù degustazione – da 4 o 6 piatti – e una proposta À la carte con tre scelte per portata, dall’entrée al dolce, oltre alla “Selezione Christian Mandura”: tre grammature di Caviale Asetra da 10, 30 e 50 grammi per chi vuole abbondare nella lussuria.
La presenza, anche se solo di passaggio, di chef Mandura è importante per farci comprendere questo suo nuovo percorso, intrapreso con l’idea di offrire alla città un luogo classico, un grande ristorante di pesce, una cucina mediterranea con influssi francesi per tecnica, estetica e gusto e per creare piatti che siano la sintesi delle idee e delle esperienze di entrambi gli chef.
Piccola ma importante nota, il pesce lo fornisce la Porto Santo Spirito di Bari, una delle migliori aziende ittiche d’Italia.
Per immergersi subito nel gusto del mare, è interessante la golosa proposta di un pane con alga Nori prodotto in collaborazione con il panificio Grano di Santena e particolari sono anche i grissini “maison” con mais e alga kombu, deliziosi e con una eccellente sapidità iodata. Ho dovuto impormi un freno…li avrei divorati più e più volte.

Cucina concreta, si è detto, e l’inizio è promettente: una fresca versione di un piatto identitario siculo, una “Alice a Beccafico”, al posto della sarda, poggiata sopra a un piccolo composto di pinoli, uvetta, arancia e polvere di pane. La Sicilia più semplice, ma dal sapore più vero e immediato.

Si punta in alto, invece, con la gustosa “Ostrica, spinaci, beurre blanc”, un’ostrica alla brace, con lo spinacino crudo e cotto, il beurre blanc, una cialda di grano saraceno e l’opulenta grassezza del caviale a completare un momento di puro godimento.

Bello come un quadro d’autore è “Assoluto di seppia”, un piatto esteticamente affascinante, essenziale: un sottile velo di seppia bianchissima spruzzata col suo nero, come in un dripping, che copre una squisita tartare di seppia cruda. Ma quanto piacevole è masticare la seppia, così croccante nella sua freschezza!

Segue un’insolita versione del “Cocktail di gamberi” con lattuga, gamberi rossi, gamberi rosa, radicchio di Castelfranco CBT e riduzione di teste di gamberi. Con il tocco della salicornia il sapore del mare è elevato all’eccellenza!

Arriva un piatto che a pochi mesi dalla sua introduzione è già signature: lo “Spaghettone, burro affumicato, ricci e uva di mare”, cottura perfetta, sapore intenso e sapido e di grande soddisfazione per un amante del mare in tutte le sue espressioni come sono io! Certi piatti non solo si guardano prima di gustarli, ma si annusano ad occhi chiusi per cogliere ogni piccola sfumatura e qui l’intenso profumo dei ricci mi ha riportato alle mareggiate settembrine, con l’aria piena di spruzzi e intrisa di iodio…la mia felicità!

Per il “Rossini di rombo” in salsa dei suoi fegatini, lamelle di tartufo nero e insalatina di rinforzo, ottima è l’idea di utilizzare i fegatini dello stesso pesce per mescolare abilmente il tocco amarotico, tipico del foie, la terrosità del tartufo e la delicata morbidezza del rombo.

Il pre-dessert è un “Sorbetto al mandarino” su crumble al cacao, cappero e foglie di cappero, con la fresca acidità a sgrassare il palato combinata con la sapidità marina del cappero e l’amaricante del cacao.

E come per gli spettacoli pirotecnici, nei quali il gran finale è la parte più ricca e intensa e con i fuochi d’artificio più belli e potenti, la cena si chiude col botto: “Cioccolato e caviale”, un dessert entusiasmante, con diverse consistenze di cioccolato e caviale Baikal, in cui le suadenti cremosità e sapidità delle uova di storione si fondono deliziosamente col “cibo degli dei”. Un coup de théâtre davvero memorabile. Una rivisitazione più delicata e per nulla stucchevole dell’iconico piatto del tristellato Heston Blumenthal al The Fat Duck che al caviale aveva abbinato il cioccolato bianco aggiungendo, a volte, anche le capesante.
Chiacchierando con lo chef proprio su quest’ultimo raffinato dolce, Andrea Turchi spiega: “La nostra idea, il nostro focus è di ridurrre il sale e avere un elemento marino su tutti i piatti, anche sul pre-dessert e, come avete appena gustato, persino sul dolce finale, un filo conduttore dall’inizio alla fine”. Come dargli torto? La passione per il mare traspare dalla sue parole, gli occhi si illuminano quando descrive i piatti mentre da sotto la manica un po’ arrotolata si nota un particolare: uno sgombro tatuato sul braccio sinistro. E ho detto tutto!
Interessanti e davvero particolari i vini proposti dalla brava sommelier. Uno tra tutti, un bianco che arriva da oltralpe, dal comune di Chignin in Savoia. È un Jacquère da vigneti di 100 anni della Tenuta Quénard, storici viticoltori dal 1644 che producono vini naturali lavorando i vigneti coi cavalli; un vino agrumato, citrino e di grande acidità, un contrasto un po’ forte con i piatti presentati, ma che lascia il palato asciutto e pulito.
Bravi, e molto, i ragazzi di sala, un team giovane ed affiatato che si muove elegante e garbato tra i tavoli.
Maison Capriccioli
- Via San Domenico, 40 Torino
- Tel. 011 4368233
- www.maisoncapriccioli.it
Paolo Alciati
Immagini di Paolo Alciati e @AnnaDonatiello_NicoloNastasia