Le antiche tradizioni nel risotto all’isolana di Gabriele Ferron.
Il riso è uno di quegli alimenti che raccontano la storia contadina del nostro bel Paese e della nostra identità.
Arrivato dalla Spagna nelle stive delle navi degli Aragonesi, approdò per la prima volta in Italia a Napoli alla fine del XIV secolo, ma il suo gusto delicato non conquistò i napoletani, tant’è che a corte il riso veniva definito sciacquapanza, cioè cibo povero, poco gustoso e trovò miglior impiego come medicamento: si narra, infatti, che i medici della famosa Scuola Salernitana lo prescrivevano in bianco in caso di malattie intestinali o gastriche (in quel periodo c’erano epidemie, tra cui il colera).
Sarà, poi, la raffinata cucina creativa francese del 700 dei Monsù (dal francese “Monsieur”), a riabilitare il riso ad alimento degno delle tavole dei nobili, ricorrendo a piccoli statagemmi culinari, di cui il Sartù, da “sor tout” (letteralmente “copri tutto”), è la sublimazione.
Non stupisce, allora, che la coltura del riso abbia trovato miglior fortuna nella zona compresa tra l’alto Mantovano ed il basso Veronese, territorio di Isola della Scala (VR), dove ha attecchito formidabilmente, divenendo parte integrante delle antiche proprietà, dei terreni, dei corsi d’acqua e della pila, ovvero la “Fabbrica, cioè l’aja per battere, seccadora, Granajo, Pila, Magazzeno per il riso, che resta pilato e casa pel Risaro”.
Da Isola della Scala (VR), patria del Vialone Nano IGP, oggi si snoda anche la Strada del Riso Vialone Nano Veronese, associazione riconosciuta dalla Regione Veneto che ha come scopo la valorizzazione turistica di un vasto territorio di 20 Comuni a vocazione risicola.
La presenza sul territorio di ancora 9 “Pile” testimonia la speciale qualità di riso superiore del Vialone nano igp non solo per le qualità organolettiche ma anche per la straordinaria tenuta di cottura perfetta che assicura risotti impeccabili. Nel 1850, a seguito dell’utilizzo di un nuovo sistema di pilatura, la pila fu abbandonata ma oggi è visitabile e rende benissimo l’idea di come funzionava perché è pressoché intatta in tutta la sua struttura: la grande ruota a pale, i mortai ricavati da un monoblocco di marmo rosso di Verona ed i pestelli che con il loro movimento ritmico azionato dalla ruota, liberavano il “rison”, riso grezzo, dalla “pula”.
Tra queste, particolarmente interessante è La Pila Vecia, nella cittadina di Passolongo della Riseria Ferron, considerata la più antica pila funzionante in Italia dal 1650 ed ancor oggi utilizzata per lavorare una limitata quantità di riso destinato all’alta ristorazione e alle gastronomie specializzate di tutto il mondo.
Il ristorante interno offre tante versioni tipiche di risotti, ma quella più famosa è di sicuro la ricetta del Risotto all’Isolana, opera del cuoco Pietro Secchiati, che nel 1985 la creò in occasione della Fiera del Riso di Isola della Scala. Si tratta di un piatto iconico – mi spiega il vulcanico Gabriele Ferron, cuoco per passione e patron della Pila Vecia – che, oltre alla qualità superiore del chicco del Vialone Nano, associa il differente metodo di cottura, che prevede la cottura del riso (in rapporto 1:2) nel brodo, versato al centro della pentola, a piramide, lasciando fuori la punta, cui, poi, è aggiunto un ragù da 3 triti di carne diversi (coppa o guanciale, vitellone e maiale).
Ecco la ricetta originale del Risotto all’Isolana
Ingredienti per 4 persone:
- 320 g riso Vialone Nano
- 7 dl brodo di carne
- 150 g lombata di maiale
- 150 g vitello magro
- 150 g di coppa
- 40 g burro
- 50 g formaggio grana grattugiato
- cannella in polvere
- 1 rametto di rosmarino
- vino bianco
- sale e pepe q.b.
Preparazione:
- Mettere a fuoco lento 30 g di burro con un piccolo rametto di rosmarino.
- Quando il burro sarà dorato, togliere il rosmarino, mettere la carne tagliata a pezzetti ed alzare il fuoco.
- Rosolare la carne e insaporire con pepe, sale e una spruzzatina vino bianco, quindi abbassare il fuoco e completare la cottura.
- Mettere la pentola con il brodo a fuoco sostenuto sul fornello e portare ad ebollizione; versare il riso formando un cono, quindi coprire la pentola.
- Quando l’ebollizione riprende, rimuovere delicatamente il riso, abbassare il fuoco al minimo, ricoprire la pentola per 15 minuti;
- unire a questo punto circa metà ragù e coprire fino a cottura ultimata.
- Levare la pentola dal fuoco, unire il rimanente ragù, il formaggio grana (spolverato di cannella).
- Mescolare il tutto con estrema delicatezza.
- Servire in pirofila o piatto singolo con qualche rametto di rosmarino.
Ma il riso offre anche farine leggere perfette per dolci friabili e fritture croccanti e asciutte, come svelato al Ristorante Pila Vecia, nel corso del simpatico show cooking per volenterosi giornalisti.
Fondamentale è la farina di Riso Riseria Ferron, miscelata ad acqua fredda frizzante, bianco d‘uovo, montato a neve con un pizzico di sale e qualche goccia di limone! (ma, mi raccomando, io non ho detto nulla…!)
Carmen Guerriero
Credit Photo Carmen Guerriero