Una trentina di giornalisti provenienti da tutta Italia sono stati coinvolti lo scorso ottobre al Castello di Ponzano, sede dell’Associazione Monferace costituita nel 2016, dai dodici produttori e soci fondatori in una degustazione di presentazione della nuova annata in commercio di questo grande Grignolino di struttura ed eleganza.
In una Masterclass condotta da una grande professionista americana del settore – la Master of Wine Robin Kick – il folto gruppo giornalisti ha degustato l’annata 2018 valutandone, insieme ai produttori, le caratteristiche e le varie sfaccettature gusto-olfattive dovute ai differenti territori e suoli dei vari vigneti illustrati con grande competenza dal geologo Alfredo Frixa.
“Si è trattata di una giornata di lavori molto importante per noi ma soprattutto per la promozione del territorio, che deve passare dal racconto della storia di questo nobile vitigno piemontese. È stata un’importante occasione per mettere in luce gli elementi che hanno contribuito nel 2014 a fare rientrare il Monferrato nel Patrimonio dell’Umanità” – ha affermato Guido Carlo Alleva, Presidente dell’Associazione Monferace.
Al Convegno “Il Monferace di oggi e di ieri” sono inoltre intervenuti Mario Ronco, Vicepresidente dell’Associazione Monferace ed enologo, Roberto Cerrato, Direttore del Sito UNESCO e Marco DeVecchi, Professore dell’Università degli Studi di Torino (DISAFA).
I relatori hanno affrontato diversi temi, dagli aspetti geologici che caratterizzano le colline in cui crescono le viti di Grignolino al valore del paesaggio nel basso Monferrato come opportunità di sviluppo economico, al fondamentale ruolo degli agricoltori stessi nella creazione di “buon paesaggio” per mantenere e rafforzare i caratteri di qualità formale e di identità storica.
Spirito ribelle, selvatico, libero.
Il Grignolino è un vitigno autoctono da sempre coltivato sulle colline del Monferrato. Dallo spirito nobile e ribelle, da giovane ha tannini spiccati che evolvono negli anni; di un bel colore rosso rubino brillante, al naso ha profumi di frutta rossa e geranio. Il nome deriverebbe proprio dai suoi tannini marcati anche se l’origine è discussa: secondo alcuni deriverebbe da “grignole”, termine dialettale astigiano che indicava anticamente i vinaccioli, più numerosi rispetto a altri vitigni e responsabili della sua decisa tannicità, per altri sarebbe legato all’espressione “grigné”, in piemontese sorridere, perché a un sorriso assomiglierebbe l’espressione che, causa tannini, si disegna sul volto di chi lo beve. Il primo documento scritto in cui si cita il Grignolino, come Berbexinius, è un atto d’affitto datato 1249, trascritto dai monaci del Capitolo di Sant’Evasio di Casale Monferrato. E ancora nel 1337, nell’inventario dei vini dell’Abbazia di San Giusto di Susa, si citava la presenza di vino “Grignolerii”. La prima citazione in un libro ampelografico è del 1798, nell’”Istruzione” del conte Nuvolone che lo chiamò “Nebieul rosé”.
Il Monferrato, Patrimonio dell’Unesco
Da giugno 2014, il Monferrato è entrato nel Patrimonio dell’Umanità Unesco. È la sesta componente del sito dei Paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato. Un riconoscimento ottenuto per la bellezza dei suoi «infernot», antiche cantine sotterranee scavate nell’arenaria o Pietra da Cantoni – eredità del fondale marino che caratterizzava il Monferrato tra 5,5 e 3 milioni di anni – materiali che hanno la peculiarità di garantire una temperatura costante di 15-16 gradi, perfetta per la conservazione del vino e degli alimenti.
Questi cunicoli, a volte profondi molti metri sottoterra, sono opere d’arte straordinarie e funzionali.
Monferace, un sogno, un progetto, un vino
Il Monferace è un sogno che nasce tra colline e castelli del Monferrato. Un Grignolino d’eccellenza, che nasce custodito dagli “infernot” riconosciuti Patrimonio dell’Unesco. La prima vendemmia è il 2015. Riposa in botte per molto tempo: il Monferace ha un suo disciplinare di produzione ancora più restrittivo di quello del Grignolino Riserva. Prodotto solo in purezza, questo Grignolino al 100% potrà essere immesso sul mercato soltanto dopo un periodo minimo di affinamento di 40 mesi invece dei 30 stabiliti, di cui almeno 24 mesi in botte di legno invece dei canonici 18.
È il progetto di un gruppo di vignaioli coraggiosi che da anni amano, credono e investono in quel saliscendi di vigneti tra Casale Monferrato, Alessandria e Asti, che vogliono ridare dignità a un vino per secoli amato e ricercato in tutte le corti italiane ed europee, da re e personaggi illustri.
Così la filosofia di vinificazione s’ispira al passato: occorre aspettare con pazienza lunghi anni e un passaggio in botte prima che questo vitigno esprima al meglio la sua nobiltà ed eleganza.
È stato scelto il nome Monferace perché è l’antico nome del Monferrato aleramico, ma Monferace non è solo un vino: è un progetto ambizioso.
L’Associazione Monferace
Per sostenere, promuovere e diffondere il Progetto Monferace si è costituita nel febbraio 2016 l’Associazione Monferace. I soci fondatori sono dodici e gli obiettivi principali sono la comunicazione e divulgazione del Monferace e la creazione di una rete imprenditoriale nel Monferrato, territorio di produzione, che consenta un rilancio di queste colline. L’Associazione si occupa dell’organizzazione di eventi, seminari, convegni e di partecipare a iniziative per la promozione delle attività legate al Monferace anche attraverso la partecipazione a fiere, mostre, workshop e ogni altra manifestazione a carattere scientifico, culturale, enogastronomico.
È prevista la possibilità di associarsi per imprenditori vinicoli che producono Grignolino (Doc d’Asti, del Monferrato Casalese, Piemonte) nell’area del Monferrato aleramico, associazioni di produttori agricoli, enologi e altri soggetti individuati dall’Assemblea, che abbiano le caratteristiche consone al raggiungimento degli scopi sociali. Inoltre è stata istituita la categoria «Amici del Monferace», alla quale possono aderire anche aziende e/o associazioni fuori dal Monferrato aleramico.
La terra per creare il Monferace
I terreni del Monferrato si sono formati per sedimentazione di detriti nel fondale marino, quando tra 5,5 e 3 milioni di anni fa queste terre erano ricoperte dal mare. L’eredità del Pliocene Inferiore è ancora oggi una grande ricchezza geologica e minerale, oltre che di conchiglie e resti fossili di balenottere, animali marini e coralli. I terreni di produzione del Monferace sono calcarei-argillosi, compatti, ricchi di limo caratteristiche che conferiscono al vino un maggiore potenziale di struttura e di invecchiamento. Ogni collina ha il suo terreno e il suo equilibrio di suolo; ogni collina dà il suo vino unico e irripetibile. È il concetto di cru, di una diversità che si ritrova dentro ogni bottiglia e che per i produttori del Monferace è un valore da difendere e comunicare. Il Monferace verrà prodotto esclusivamente nelle annate migliori.
La degustazione
Dei dodici produttori presenti solamente di sei di questi – Liedholm, Accornero, Sulin, Tenuta Santa Caterina, Angelini Paolo e Vicara – si è potuta degustare l’annata 2018; Fratelli Natta ha presentato la 2016, Alemat e Tenuta Tenaglia la 2017, Cascina Faletta l’annata 2020, così come Hic et Nunc, ma con campione da vasca, e sempre un campione da vasca per l’annata 2021 di Cinque Quinti. Se da un lato ciò ha portato ad una valutazione solo parziale, dall’altro ha permesso di valutare l’evoluzione di annate precedenti.
La produzione 2018 – quella per cui siamo stati chiamati a degustare – si è ulteriormente suddivisa in due filosofie di vinificazione: macerazioni brevi (15-30 giorni) e affinamento in tonneaux da 500 litri col risultato di avere vini più scarichi di colore, granato chiaro e brillante con una leggera unghia aranciata, immediati al palato e con sentori più floreali e di frutti rossi di sottobosco e solo una leggera speziatura, buona acidità e tannini non perfettamente maturi; macerazioni più lunghe (60-90 giorni sulle bucce), affinamento in barriques da 225 litri e successivo tonneaux per un produttore (Liedholm), solo tonneaux per tutti gli altri e con Tenuta Santa Caterina che ha utilizzato in aggiunta botti grandi in rovere di Slavonia da 10 ettolitri.
In questo caso il vino assume un color granato più intenso con bordi aranciati, un naso di frutti rossi maturi, speziatura evidente e discreta balsamicità, al palato c’è ottima acidità e il sorso è ampio, vellutato e elegante, spiccano la frutta rossa matura, ciliegia e prugna su tutte, mentre i tannini, vero ostacolo da domare in questo splendido vino rosso, risultano più morbidi, fini, pur se ancora evidenti, e la chiusura è per quasi tutti persistente, aromatica, intensa e lunghissima.
Non volendo fare classifiche, la stessa valutazione la si può ribaltare con i vini delle annate precedenti, il tonneaux e la botte grande sono vincenti nei confronti dei passaggi in barriques, donando maggior equilibrio, meno sentori vanigliati e più eleganza. Infine, le annate 2020 e 2021 sono ancora troppo giovani per valutare quali potranno essere le evoluzioni…il potenziale c’è tutto, ma bisognerà attendere.
Associazione Monferace
- Castello di Ponzano Monferrato
- Piazza Vittorio Veneto, 1
- Ponzano Monferrato (AL)
- www.monferace.it
Paolo Alciati