Cosa si può scrivere dello chef Nicola Batavia che non sia ancora stato scritto? Probabilmente nulla, ma proviamo lo stesso a raccontare di questo poliedrico e raffinato cuoco e di alcuni suoi percorsi di cucina anche perché, come recita una famosa frase, forse non tutti sanno che…

Chef Batavia, patron da 31 anni – il 4 marzo ne festeggia il meritato compleanno – di un emblematico locale dalla doppia anima in Torino, che racchiude da una parte il raffinato ristorante gourmet “‘L Birichin” e dall’altra, da nove anni, il curioso e fresco bistrot “The Egg”, due locali comunicanti tra loro ma non interscambiabili, è uno chef, un professionista di alto livello conosciuto e apprezzato in tutto il mondo.
Questo grande successo è dovuto al fatto che Nicola ha vissuto in gran parte del globo e dove non ha abitato ci ha lavorato comunque, dispensando la sua idea di cucina, sia in più Olimpiadi, nel 2006 in quelle invernali di Torino e, nel 2008 e nel 2012, per la “Vip House” del prestigioso brand Nike, sia in alcune tra le più importanti città europee in Italia, Francia, Olanda, Inghilterra, Spagna, Danimarca, Russia e Ucraina, in Sudamerica, tra Cile e Perù, in Africa, in Marocco, così come in Asia, tra Giappone, Thailandia, Corea del Sud e Cina ma anche negli Emirati Arabi e in Qatar dove ha insegnato cucina italiana e cultura alimentare all’Università di Doha.
E, giusto per non rimanere inoperoso, racconta le sue storie di vita addirittura in un podcast a più puntate su Spotify, i “Racconti di uno Chef Viaggiatore”.
La bravura di Batavia, dopo qualche anno dall’apertura del suo ristorante ‘L Birichin avvenuta nel 1993 a soli 27 anni, viene messa sotto osservazione dagli ispettori della guida rossa più famosa al mondo, man mano che passano gli anni viene sempre più apprezzata e nel 2006 gli viene assegnata la prestigiosa Stella Michelin, ma due anni dopo lui la rifiuta perché ritiene che questo tipo di premio sia troppo incentrato sul formalismo della struttura del cibo e dell’ospitalità del ristorante piuttosto che sulla qualità del cibo stesso con regole di valutazione, a suo dire, troppo rigide e antiquate.
Questo gesto solleva più di una discussione nell’ambiente ma il suo lavoro non subisce contraccolpi, anzi…la chiamata della Nike per la gestione della Vip House alle Olimpiadi di Pechino 2008 ne è la prova concreta.

Sempre nel 2008 esce il suo libro “Chef & Gourmet – Diario semiserio di un grande cuoco e di un discreto buongustaio”, elaborato a quattro mani con l’amico Massimo Roscia, scrittore, reporter di viaggio, critico enogastronomico, storico collaboratore del Gambero Rosso. Un libro che descrive il punto di vista autentico di chi crea un piatto messo in relazione con quello, altrettanto genuino, di chi lo assapora.
Nel frattempo il nostro eroe è “always on the move”, per carità…nessun riferimento al film ma ad una persona che gira più di una trottola, un moto perpetuo che alterna presenze nei suoi ristoranti a viaggi in ogni dove, chiamato come apprezzatissimo consulente culinario.
Alcuni suoi colleghi (…invidiosi?) si chiedono perché abbia così successo e, secondo noi, la risposta è che Nicola Batavia è cercato perché è un cuoco con le antenne dritte e gli occhietti vispi dietro quegli occhiali colorati e quel sorriso vagamente ironico, è geniale perché cambia, perché si rinnova, è curioso perché è affamato di cose da testare e imparare, è itinerante perché solo viaggiando anticipa tendenze e vede cose che in Italia devono ancora arrivare.
Semplice no? Beh, forse no, forse devi avere anche l’istinto e lo spirito di sacrificio per fare una vita così faticosa e orari così massacranti, ma la soddisfazione è davvero tanta.

Certamente non è l’unico, ma non c’è neanche quella gran folla. Molti preferiscono la sicurezza di quattro mura e una sola cucina, inteso come attrezzatura, ma è sicuramente un orizzonte limitato e, per lui, questo non è sufficiente.
La cucina di Batavia al Birichin è tutto e il suo contrario ma, principalmente, è il racconto della sua vita, delle sue esperienze “around the world” da gustare “al buio”, dal titolo dei uno dei suoi apprezzati menù degustazione, ideato nel 2013 per trasportare chi lo sceglie nei paesi che hanno accompagnato la sua crescita come cuoco. Ve lo vogliamo descrivere con il piacere che abbiamo provato in questo giro del mondo da “viaggiatori virtuali”, stando seduti al tavolo del suo ottimo ristorante.

L’esperienza multietnica la si ritrova già fin dal primo “cicchetto”: tartara di gambero crudo adagiato su sesamo nero, omaggio alla Cina, con una copertura di tzatziki greco, olio di argan del Marocco – paese in cui Nicola ha aperto un ristorante, a Casablanca – e popcorn di quinoa a ricordo di Lima e Santiago del Cile; ma ci sono anche il trancio di Leccia, con olio di oliva siriano e un brodo con astice e pomodoro fatto nella moka, reminiscenza di Dubai, il baccalà islandese fritto e il “Ricordo del brunch”, siamo in America, con zucca, waffle, riso soffiato, e un po’ di casa nostra con il Barolo chinato e fiore di zucchina ripieno di seirass, la ricotta piemontese.
Una sequela di memorabili piacevolezze.
Si ritorna in Cina con gli spaghetti di riso saltati all’aglio nero e olio, con un ragù di ricciola e fiocchi di katsuobushi, il tonno essiccato. Bello per il colorato impiattamento e di grande soddisfazione nel gusto.
Il risotto? È alla barbabietola e nasconde un uovo di quaglia marinato a crudo, latte di gorgonzola e polvere di carne che ricorda un viaggio dello chef da Città del Capo a Johannesburg, in Sudafrica. Cottura perfetta e ricetta che altri cuochi, nel corso di questi ultimi anni, hanno fatto propria a conferma della sua ottima idea di base.
La cena al buio prosegue con piatti insoliti come il “Manzo marinato” nella Coca-Cola con aceto di mele e succo d’arancia, con ore e ore di cottura, mutuato da un’esperienza fatta a Copenaghen, con l’aggiunta di bacche selvatiche utilizzate nella cucina dell’est (lo chef ha aperto anche a Kiev, in Ukraina), a dare grande acidità, salsa tahini – un passaggio nella cucina mediorientale – un accenno di polline di fiori per ricordare la Romania, una italianissima giardiniera di verdure e, come omaggio alla Francia, una spruzzatina di cassis direttamente sul palato del commensale. Inconsueto e squisito!
Tra le proposte che si avvicendano, quasi senza soluzione di continuità, c’è anche una foglia croccante di riso, con pasta di arachidi (USA) abbinato a un formaggio fermentato, confettura di pompelmo e polvere di Maca, una radice sudamericana energizzante, da accompagnare con un’acquavite di fichi di origine turca, dato che lo chef ha fatto tappa anche a Istambul.

Anche i dessert incrociano i viaggi di Batavia: pera ripiena di cachi e cioccolato bianco; cupola di zucca con mele e salsa mou servita come un uovo al paletto; pacchero fritto da intingere nello zabaglione e “storia” del pistacchio.
Ma, come tutti i viaggi, “il ritornar m’è dolce” – Leopardi ci perdoni per lo spunto – e l’uovo, altro leitmotiv della sua vita, ritorna protagonista: dotati di un martelletto di legno rompiamo l’uovo di cioccolata per gustare il suo ricco ripieno di alga spirulina, barbabietola, tartufo di cioccolato, chantilly, croccante e cioccolata calda…che si può dire se non applaudire?
Il finale è un trionfo di ulteriori coccole per quantità e qualità e, come se non bastasse, lo chef ti travolge aprendo una grossa scatola a più scomparti facendoti virtualmente immergere in un negozio di dolciumi, zuccherini, liquirizie, pastigliette alla menta, orsetti gommosi… Meglio non fare gli esami del sangue il giorno successivo!

Vogliamo terminare il nostro racconto come in un film, preannunciando un sequel: Batavia ha tre amori dichiarati, la mamma Maria, impegnata quotidianamente a sfornare pane e grissini e a preparare la pasta fresca, il figlio Vittorio, che Nicola spera di instradare come suo seguace in cucina e…l’uovo, inteso sia come alimento sia come “The Egg” – il bistrot in cui tutto è basato sull’uovo – come abbiamo detto all’inizio, la seconda anima del locale di Via Vincenzo Monti a Torino, aperto il 19 marzo del 2014 e dedicato al figlio, nato l’11 giugno 2014.
Ed è proprio questo delizioso locale e la sua cucina quasi esclusivamente dedicata all’uovo che vi descriveremo la prossima volta…
Paolo Alciati & Enza D’Amato