Un esotico miscuglio di etnie, di costumi, di usi, vario come i panorami che incontri viaggiandovi
Leggendo questo reportage, che nell’avvincente varietà delle sue pagine si offre come cronaca di costume e racconto d’avventura, ci si trova a rivivere gli eventi che hanno segnato la storia asiatica degli ultimi cinquant’anni, a ripensare ai grandi ideali che l’hanno formata e ai protagonisti delle sue svolte, a dare uno sguardo al suo futuro.
E al tempo stesso ci invita a prestare ascolto all’altra voce, quella dell’Oriente vero, vissuto nella sua quotidianità, in mezzo alle donne e agli uomini, alle difficoltà, ai contrasti, ai riti, alle curiosità e ai mille volti del continente che più degli altri sembra destinato a influenzare il nuovo secolo con il più misterioso e contraddittorio dei continenti. Myanmar, solo il nome evoca la voglia di partire verso una meta esotica e affascinante, ricca di storia e allo stesso tempo quasi sconosciuta, spiagge da sogno, templi antichi, pagode millenarie, gente semplice e solare, luoghi facili ed economici: lontano (ancora) dal turismo di massa della vicina Thailandia. Questo non vuole essere un diario di viaggio, è solo il racconto di un viaggiatore. In quanti modi si può chiamare un luogo? La terra dorata, il paese dei sorrisi, il posto delle mille pagode? Per noi viaggiatori l’antica Birmania … per il popolo che lo abita, è il Myanmar. Un esotico miscuglio di etnie, di costumi, di usi, vario come i panorami che incontri viaggiandovi. Acqua e pagode, ori e lacche. È facile rimanere abbagliati dalle sue bellezze, dalla gentilezza della sua gente, dal lusso dei suoi hotel.
Questa non sarà la mia Birmania, non vi descriverò quello che tanti viaggiatori hanno già detto prima di me, meglio di come saprei fare io, vi porterò nelle strade, tra la gente, nei mercati, alla scoperta di un paese genuino, vero, tormentato. Yangon l’ex capitale, che rimane la principale città, è anche il punto di partenza per iniziare un viaggio in quest’affascinante Paese. Larghi viali alberati, freschi e quieti laghi, il luccichio dell’imponente pagoda Shwedagon Paya, interamente ricoperta d’oro con la cima tempestata da rare pietre preziose, non solo un simbolo, ma anche uno dei luoghi di culto più venerati del Paese, e anche un festoso ritrovo per i cittadini. Hotel lussuosi, locali alla moda, e a sorpresa, un centro città che è un intreccio di strade e vicoli brulicanti di vita, con colorati e decadenti palazzi di epoca coloniale, a ricordo di un passato glorioso, tutto è in forte degrado e nei marciapiedi sconnessi scorrono le fogne a cielo aperto. Nel camminare, mescolato alla popolazione la sensazione che provi, è unica e difficile da ritrovare in altre città. C’è il venditore di acqua fresca, ottenuta facendo passare la bevanda in un imbuto fatto con un cellophane contenente un pezzo di ghiaccio. Chi vende grossi spicchi di durian, il bizzarro frutto dall’aspetto bitorzoluto e dalla terribile puzza, tanto amato in oriente.
La ragazza che vende gelatine dai vivaci colori verdi, giallo, rosso. Il gelataio che ha agganciato al sellino di una vecchia bicicletta un frigo portatile e una fila di coloratissimi coni rosa. Una bancarella mi stupisce più di tutte, insieme al solito pesce secco vende anche della melma con dentro dei pesci, chiedo cosa sia, ma parla solo birmano e penso di capire dai gesti che è un modo per conservarlo, insomma pesce sotto melma, che bontà! Nessuno ti chiede niente, non ci sono mendicanti, sono tutti indaffarati ma in modo calmo e tranquillo. Molti siedono ai bassi tavolinetti di plastica delle tante case da tè, in un caleidoscopio di colorati e visi sorridenti. Lascio Yangon il mattino presto, con un volo Air Bagan, l’aereo è abbastanza nuovo, comodo, con un buon servizio a bordo, dopo circa un’ora atterro puntuale a Nyan Oo, dove mi fermo due giorni. Fuori dall’aeroporto (qui come in tutti gli altri) mi attende l’autista, prenotato con un’agenzia locale la: Advanced Zealous. Tiziano Terzani scriveva così di Bagan: “Questo è uno di quei posti che ti rende fiero di appartenere alla razza umana “. È veramente un luogo unico e meraviglioso! Imperdibile per un viaggiatore.
Un’ampia distesa secca e polverosa, punteggiata da migliaia di stupe e pagode, di ogni forma e dimensione. Inutile descrivere la bellezza dei suoi templi più antichi, ricchi di pitture, terrazze decorate con mattonelle raffiguranti la storia del Buddha, o la vista dall’alto al tramonto, quando tutto diventa magico, dorato e i pastori con le mandrie tornano ai villaggi, sollevando una polvere rossa. Passo il primo giorno spostandomi da un tempio all’altro, aiutato dal nostro autista che senza chiedergli nulla si è improvvisato un’ottima guida. Il secondo giorno prendo una pausa dal sito archeologico, visitando l’animato mercato di Nyan Oo. Le merci, in gran parte frutta verdura, pesce di fiume, sono esposte per terra ma in modo ordinato, i colori e l’allegria del mercato ci contagia, passo un bel po’ di tempo tra le bancarelle, in mezzo alla gente. Molte donne e i bambini hanno i volti colorati dal giallo della tanaka una crema ottenuta da una radice, una vera e propria cura di bellezza per la pelle che serve anche a proteggerla dal sole. Gli uomini masticano incessantemente un mix fatto con noce di betel, (una specie di palma) tabacco, calce, avvolto in una foglia e chiuso come una caramella, è un leggero eccitante, aiuta a rimanere svegli e attivi, provoca un’abbondante saliva, che sputano macchiando la terra e le strade di rosso.
Con l’autista-guida, ci fermiamo a mangiare in un piccolo ristorante vegetariano, gestito da una famiglia birmana con ben sette figli, la proprietaria ci fa vedere che tiene un book con le recensioni dei clienti che si sono fermati lì, sono tutti rimasti soddisfatti. il cibo è buono e spediamo veramente poco, decidiamo di ritornarci anche per la cena. Riprendiamo la visita, con uno dei templi più importanti e meglio conservati: L’Ananda in stile hindu, con la cupola a forma di pannocchia, interamente ricoperta d’oro, ricco di bassorilievi, pitture, piastrelle con la scena della Jataka, ed enormi statue del Buddha a ogni entrata. Molti fedeli sono raccolti in preghiera, mi inginocchio anche io, vicino a loro per una breve preghiera. Mi guardano un po’ stupiti e sorridono, rispondo al sorriso e mi sento in pace! La cena di nuovo all’Yar Pyr, cibo e servizio ottimo, e un’atmosfera casalinga e serena. Lascio la magica Bagan, al mattino presto mi imbarco su un traghetto sul fiume Irrawaddy che dopo 10 ore di navigazione arrivo a Mandalay. Mi dirigo subito verso Sagaing Hill, la vista dalla collina è veramente bella, anche qui visione di stupe e pagode bianche, collegate tra loro tramite lunghe scalinate. Un anziano monaco si offre di farmi da guida, inizia a trascinarmi da un posto all’altro, facendomi vedere un numero esagerato di statue del Buddha, è tutto colorato da tinte forti e vivaci, verde acceso, giallo, rosso e oro, tantissimi specchietti tagliati a mosaico, il risultato è abbastanza kitsch. Vuole che scatto fotografie, spesso si mette in posa, ridendo soddisfatto. Continuiamo a seguirlo fino all’ultima statua, dove mi invita a fare un’offerta, mettendo alcuni Kyat dentro un’urna e finalmente contento se ne va. Termino la giornata, attraversando da una riva all’altra l’U Bein Bridge, il ponte in teak più lungo del mondo, un’esperienza bellissima, sembra che l’intera Birmania passi di qua, con me lo percorrono gruppi di monaci dalle tuniche zafferano, vecchietti sulle loro biciclette e a sorpresa giovani ragazzi, molti dei quali in jeans e Ray Ban, alla ricerca di un po’ di occidentalizzazione, sotto il ponte in gran parte all’asciutto, contadini coltivano il riso , pascolano gruppi di bufali.
Nell’acqua, chi pesca, chi fa semplicemente il bagno, dei bambini si rincorrono ridendo. Sulle due rive opposte, villaggi nella polvere, fatti di semplici capanne in foglie di palme e bambù, e come forte contrasto l’immancabile pagoda dorata e splendente. Bellissimo il monastero Shwemandaw interamente scolpito nel teak, il Kuthodaw Paya dove ogni piccolo stupa bianco (729) contiene una lastra di marmo con le iscrizioni dell’intero testo sacro buddista e va a formare il libro più grande del mondo. Partenza per Minguin, arrivato al fiume, mi fanno salire, tramite una strettissima tavola di legno, prima su una barca, su un’altra, su un’altra e finalmente ecco la nostra, beh! Non è proprio nuovissima ma galleggia, ed è tutta solo per noi occidentali! Ci offrono il loro tipico the leggero, le immancabili arachidi tostate banane e arance. La navigazione è piacevole, osservare la vita sul fiume interessante, molte donne fanno il bucato e ne approfittano per lavarsi, le rive sono tutte un colore di panni stesi al sole. L’Ayeyarwady è veramente imponente, lo immagino nella stagione delle piogge, quando diventa impetuoso e ricopre tutto, anche dove adesso ci sono orti e piccoli villaggi nomadi. Minguin ha una bella atmosfera, le pagode sono bianchissime, la rocca gigantesca tanto che a vederla dal fiume sembra una collina, saliamo fin sopra il tetto, notiamo che i mattoni che la formano, sono nella parte crollata sorretti da piccoli ramoscelli!!! Anche questo villaggio è animato, ci sono molte bancarelle, che vendono bei dipinti e oggetti di legno intagliato. Prima di ripartire, mi sedio un poco in riva al fiume, per riempirmi la mente e il cuore di queste immagini di vita cosi antiche e genuine. Mi guardo intorno, vedo solo il pacato dolce sorriso della gente, in lontananza la luce abbagliante e dorata della pagoda. Un consiglio per visitare il Myanmar, sarebbe quello di acquistare il volo via internet, che dall’Italia, con uno scalo negli Emirati, vi porta direttamente a Yangon, risparmiando oltre che in soldi, circa 10 ore di volo tra andata e ritorno. Per visitare il Paese sarebbe meglio scegliere un Tour Operator locale, eviterete spiacevoli sorprese e poi il “fai da te” diventa un divertimento.
Testo e foto di Jimmy Pessina