Dal paese dei “rubatà”, i più antichi e famosi grissini del Piemonte, arriva una bella storia da raccontare. È quella di due giovani che, dopo alcuni anni passati a “fare esperienza” nelle cucine e nelle sale di ottimi ristoranti, in giro per l’Italia prima e in Piemonte poi, hanno deciso di unire le proprie forze e le proprie competenze per realizzare il sogno di un ristorante proprio – il De Gustibus – e l’hanno aperto quattro anni fa in quel di Chieri, a mezz’ora di auto da Torino.
Il 2020, in realtà, non è stato proprio un bell’anno per iniziare un’attività, con la pandemia la loro avventura poteva finire prima di cominciare, ma l’entusiasmo di Giulia Mandara e Davide Cristaldi li ha portati a superare quei momenti in cui si vedeva solo nero, hanno stretto i denti e sono riusciti a resistere. E ora stanno raccogliendo i frutti della loro importante tenacia.
Pur essendo ancora giovane, Davide, classe 1989, ha già più di tre lustri di attività alle spalle, diplomato all’alberghiero di Mineo (CT) il suo percorso in cucina parte dalla Sicilia, continua per quattro anni nella riviera romagnola, poi altri quattro da sous-chef in Veneto, a Jesolo, e arriva in Piemonte sotto quell’ottimo maestro che è Christian Balzo, l’executive chef di Cascina Lautier, sulla collina chierese. Quando Balzo passa a dirigere il ristorante Piano 35 – che porterà alla stella Michelin neanche un anno dopo l’apertura – Davide viene promosso a executive ma, si sa, i cavalli di razza sono irrequieti e, dopo una breve parentesi in un ristorante torinese, apre finalmente il De Gustibus in società con Giulia, conosciuta proprio da Cascina Lautier, che si dedica con molto garbo ed empatia al servizio di sala.
Il loro futuro è sicuramente proiettato verso grandi soddisfazioni; la guida gastronomica più famosa del mondo, la Michelin, li ha già messi sotto osservazione, segnalandoli già nel 2023, dopo soli tre anni dall’apertura, e in effetti, basta vedere e gustare le creazioni che escono dalla cucina, appaganti anche nella cura artistica dell’impiattamento, e affidarsi all’esperienza di Giulia, sommelier preparata e competente, che si può ben intendere dove potranno arrivare.
Il loro è un bel locale, alto e arioso, con pareti chiare, belle appliques e lampadari, tende raccolte per dar luce alla sala, tavoli ben distanziati e, soprattutto, con le tovaglie (cosa c’è di più bello che vedere le posate appoggiate sulla tovaglia invece che sul nudo tavolo o su un pezzetto di metallo, come tristemente sta andando di moda in questi ultimi anni?).
E la loro filosofia di ristorazione è altrettanto accattivante: sostenibilità nel vero senso della parola, bando agli sprechi, materie prime freschissime, il più possibile di territorio, acquistate in base all’offerta giornaliera del mercato e, di conseguenza, non esiste un menù, si può dire che i piatti sono studiati a seconda della reperibilità degli ingredienti.
Ci spiega lo chef: “È un concetto che vorremmo venisse fuori perché ci rispecchia. Quando sento parlare di sostenibilità, che di questi tempi è all’ordine del giorno, mi viene un po’ da sorridere. Vedo colleghi con l’orto, con i pannelli fotovoltaici che poi non riescono a gestire le scorte, la spesa, il foodcost. E gettano via tantissimo cibo. Come può essere sostenibile un ristorante del genere?” – continua Davide – “Un locale per essere sostenibile deve innanzitutto essere ‘sostenibile economicamente’. E anche per questo motivo, preferisco stare da solo in cucina come è da sola Giulia in sala. Abbiamo strutturato il ristorante e la proposta sulla base di questa filosofia. Il menu viene raccontato ogni sera, una cosa forse inusuale per gli standard ai quali siamo abituati”.
A questo punto la curiosità di provare la loro cucina è tanta e si comincia molto bene perché, in questo nostro percorso d’assaggio, i loro piatti vengono abbinati ai vini piemontesi della cantina “I Parcellari”, la cui proprietà è di una giovane coppia di produttori emergenti che fanno una accuratissima selezione delle parcelle dei migliori vigneti del Monferrato e del Roero per proporre vini di grande soddisfazione.
In tavola gli invitanti amuse-buche ci porgono un goloso benvenuto. Nell’ordine: raviolo di barbabietola, mousse di mascarpone e gel di limone; paninetto a vapore con maionese vegana e polvere di tè nero affumicato Lapsang Souchong; piadina romagnola alla mandorla ripiena di mousse alla mortadella e perle di aceto balsamico; frollino salato al parmigiano con panna cotta, topinambur, acciuga del Cantabrico e perla di aceto; salvia croccante laccata con olio al tartufo nero, cioccolato bianco e polvere di cappero; cavolfiore bianco cotto a bassa temperatura e polvere di liquirizia. In accompagnamento, croccanti chips di riso e paprica dolce.
L’ottimo abbinamento è con un Moscato Canelli annata 2018; il grado alcolico ridotto e le note di fiori bianchi e fruttate di pesca, i sentori agrumati e di erbe aromatiche creano una sensazione di delizioso contrasto tra la dolcezza del vino e il sapido delle piccole delicatezze.
Si passa al Fassone marinato, un piccolo scrigno che contiene un cremoso tuorlo d’uovo marinato e un petalo di tartufo nero. L’abbinamento è con i freschi profumi aromatici e il gusto balsamico del Sauvignon “Parcella 602” del 2022.
La cottura perfetta del risotto Sant’Andrea, mantecato con burro all’arancia di Sicilia, con un piccolo carpaccio di delicato branzino e tè nero Lapsang Souchong fa apprezzare ancor di più le note speziate di pepe e floreali di rosa canina del Ruchè di Castagnole Monferrato DOCG “Tre parcelle” anch’esso del 2022.
La degustazione prosegue con un altro primo, i Bottoni ai 40 tuorli ripieni di brasato, cime di rapa, scalogno e gel di limone sono un altro esercizio di stile che ci colpisce. Ottimi alla vista, in bocca sono una piccola esplosione di gusto con il leggero amaricante delle cime di rapa e una sferzata di energia data dal limone. Nei bicchieri lo Chardonnay “Tre Parcelle” 2019, intenso e dal lungo finale appagante e elegantemente ammandorlato.
La Tiepida di petto di faraona, bieta disidratata e salsa di senape e miele è un altro di quei piatti che ti fa ricredere su questo volatile da cortile; spesso accostato all’idea di cucina molto contadina e rustica, qui viene elevato a piatto nobile come meritano le sue carni pregiate. Cottura a regola d’arte, morbidezza e sapori in equilibrio integrato dal contrasto agrodolce della salsina. L’abbinamento è con un piacevole vino dal bel colore rubino intenso, il Piemonte Albarossa “Parcella 269” annata 2020, dai sentori balsamici e speziati che completano in modo ottimale il boccone.
Ci avviamo alla conclusione di questo interessantissimo percorso “a mano libera” e ci viene presentato un dolce che, nei pochi anni di storia del locale, ha già raggiunto il livello “celebrazione”: il “Tiramisù in viaggio (secondo De Gustibus)”, un cannolo di cialda al cacao ripieno di crema mascarpone al cioccolato bianco, crumble al cacao salato e caffè a riprodurre un sigaro cubano. E, vedendolo, il pensiero porta a sognare spiagge e mari meravigliosi in cui perdersi al ritmo della Timba, del Mambo, della Salsa, di quel “Son Cubano” che ti trascina e non ti fa star fermo.
Ci vorrebbe un buon Rum per completare il sogno, ma siamo in Piemonte e il fresco e aromatico Moscato Canelli nei nostri bicchieri è ottimo per accompagnare questo piacevolissimo dolce e la piccola pasticceria che chiude questa gran bella esperienza gastronomica espressa da un locale davvero accogliente, dal garbo rassicurante di Giulia, da una cucina curata, con maniacale attenzione ad ogni ingrediente del piatto, sia nella presentazione sia nell’equilibrio dei sapori, mai aggressivi o coprenti, e altrettanto meritevole di plauso è l’attenzione alle corrette cotture, tanto delle carni quanto del vegetale, per rispettarne le consistenze ed esaltare i rispettivi gusti.
Buona cucina, sostenibilità e valorizzazione del territorio riassunti nell’estro e nella passione di due giovani per un racconto attuale, attraente e vincente.
De Gustibus
- Via Martiri della Libertà, 9 – Chieri (TO)
- Tel. 011 9400713
- degustibuschieri.it
Paolo Alciati & Enza D’Amato